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Tutto quello che un Imprenditore dovrebbe sapere sulla pianificazione e sull’organizzazione aziendale

La guida completa per impostare lo sviluppo di un business, pianificare la creazione di un sistema aziendale e ottimizzare la propria organizzazione.

In questo maxi-articolo ho inserito tutto quello che un imprenditore deve sapere riguardo la strategia aziendale, la pianificazione e l’ottimizzazione delle sue risorse (tempo e denaro).

Questa è senza dubbio la guida che ogni imprenditori (o aspirante tale) dovrebbe leggere prima di andare in Camera di Commercio ad aprire la sua azienda.

In questo articolo ho inserito tutte le nozioni cardine che ho imparato sul campo e sui miei errori, per definire una strategia efficace per far crescere e sviluppare un business.

Questo articolo è adatto a:

Liberi professionisti e artigiani che vogliono evolvere in imprenditori Start-upper in procinto di avviare una nuova azienda.

Piccoli e medi imprenditori che desiderano trasformare la loro azienda in un SISTEMA, e hanno intuito che tutto parte dalla strategia e dalla loro capacità di pianificare.

Quando avrai finito questo articolo non ragionerai più nello stesso modo, cambierà il tuo modo di vedere la tua azienda, il tuo modo di organizzarti e gestire il personale.

In ordine, vedremo:

  • Cosa si intende pre ‘Strategia Aziendale’
  • Come è fatto e come si costruisce un Sistema Aziendale
  • Pianificare per priorità (Prioteck™)
  • I diversi tipi Business model
  • Come si definisce un Business Plan
  • Il Modello Procedurale dell’azienda
  • Metodi e principi di organizzazione personale
  • Metodi e principi di organizzazione in team

Grazie a questo articolo capirai come alcune convinzioni radiate nella maggior parte degli imprenditori riguardo i termini ‘business’, ‘pianificazione’ e ‘organizzazione’ siano completamente sbagliati e altamente limitanti, come ad esempio:

  • Più si lavora e più si guadagna
  • La delega è la prima cosa a cui deve pensare un imprenditore
  • La pianificazione interessa sol alle grandi aziende
  • E tanti altri ancora …

Insomma, quello che sto per rivelarti è talmente personalizzato e poco conosciuto, che sono pronto a scommettere che alla fine di questo articolo rimarrai piacevolmente sorpreso, sia che tu sia alle prime armi che sia un imprenditore navigato.

Il Sistema aziendale.

Cerchiamo di capire bene cos’è un sistema.

In Fisica, un sistema è un insieme di elementi che collaborano tra loro in modo funzionale al raggiungimento di un obiettivo comune. Esistono sistemi chiusi e sistemi aperti, a seconda se interagiscono o meno con l’esterno.


Per ‘valore’ intendo la somma di due cose:

1) Il valore dell’azienda, commisurato dall’utile prodotto a fine anno e dal patrimonio netto.
2) Il valore che l’azienda genera per la comunità.

Com’è fatto il sistema aziendale ideale.

Il Sistema Aziendale è molto complesso, e come puoi immaginare le decisioni migliori si prendono solo in uno stato di chiarezza e lucidità … uno stato difficile da ottenere se hai a che fare con sistemi troppo complessi.

Ecco perché ho cercato di semplificarlo il più possibile. Partendo dal presupposto che ogni azienda dovrebbe avere in vertice il marketing e la vendita (perché ogni area aziendale dovrebbe essere coordinata dal mercato e dai clienti, NON dalla produzione), io suddivido il Sistema Aziendale in 2 sottosistemi:

  1. Il Sistema di Vendita (che include: Marketing, Vendita e Customer Care).
  2. Il resto dell’azienda (che include tutto quello che influenza indirettamente la vendita).

Immagina un sistema aziendale come una lavatrice in cui ci mettiamo 3 cose:

  • persone
  • strumenti
  • denaro

e alla fine del ciclo di produzione ci aspettiamo di ottenere un RISULTATO STANDARD. Avere un risultato standard vuol dire ottenere sempre lo stesso risultato, indipendentemente da chi è coinvolto, dal suo stato emotivo e dai suoi talenti.

La conclusione di questo discorso amico mio, è che possiamo dire senza indugio che il sistema aziendale (la lavatrice) è l’unico OSTACOLO che si trova tra te e la tua libertà.

Da cosa è composto un sistema.

Vediamo da cosa è composto un sistema. Gli ingredienti principali sono 4: procedure, automazioni, regole e strumenti.
4 ingredienti che uniti alle 3 risorse principali dell’azienda, producono sempre lo stesso risultato.

Si capisce che l’artigiano, il consulente e il professionista che ‘come lo fa lui, nessuno lo fa’, anche se appare come azienda in realtà è ben lontano dal concetto di ‘sistema’, proprio perché non cerca un risultato standard ma un risultato che cambia da cliente a cliente.

E la formula è sempre la stessa: Impossibile da standardizzare = Impossibile da scalare.


In sintesi un sistema serve per:

  • Accorciare i tempi e i costi necessari a produrre un qualsiasi risultato (efficienza).
  • Standardizzare i risultati, quindi poterli scalare e duplicare con più facilità e velocità.
  • Staccarti dalle attività operative della tua azienda.
  • Alzare le barriere di ingresso ai nuovi concorrenti. Più rendi complesso il sistema della tua azienda e più sarà difficile per gli altri copiarlo o eguagliarlo.

Questo è quello che creo in ogni azienda che apro e in quelle degli imprenditori che mi scelgono come loro consulente strategico: sistemi aziendali che producono valore.

Non avere sistemi all’interno di un’azienda, porta inevitabilmente a queste conseguenze:

  • L’imprenditore deve sempre essere presente in azienda per mantenere alto il livello di qualità standard.
  • I problemi continuano a tornare, e sembra sempre di essere allo stesso punto di partenza.
  • Perdita di efficienza e profitti.
  • Grandi perdite di tempo e denaro quando si deve sostituire o rimpiazzare un dipendente/collaboratore.
  • Impossibilità di crescere e pianificare uno sviluppo dell’azienda sul medio-lungo periodo.


Facciamo un ultimo esempio a scopo didattico, così sono sicuro che hai capito l’argomento ‘sistema’. Abbiamo detto che il sistema aziendale è quello che si trova tra le tue risorse ed il risultato che ti aspetti da loro, in ogni mansione.

Ora, immagina di avere una forneria. Anche una semplice forneria è dotata di sistemi, uno di questi potrebbe essere quello della ‘Vendita alla Cassa’.

La commessa al bancone (RISORSA) deve raggiungere un certo livello di scontrino medio con ogni cliente (RISULTATO). Questo sistema può essere fatto da procedure, script delle domande da porre al cliente e materiale formativo per la commessa.

Nella stragrande maggioranza delle aziende, quando c’è il titolare dietro il bancone magicamente lo scontrino medio si alza, mentre se ci sono dei dipendenti si abbassa.

Al McDonald’s questo non succede: INDIPENDENTEMENTE da chi c’è dietro la cassa lo scontrino medio è sempre lo stesso, e sai come ci riescono? Grazie ai sistemi, naturalmente.

A sto punto, spero davvero di averti convinto che il successo di un imprenditore passa dai sistemi e dai sistemi soltanto.

I Blocchi del sistema azieNdale.

Tornando al nostro Sistema Aziendale, ti dicevo che l’ho semplificato dividendolo tra Sistema di Vendita e ‘tutto il resto’. Il Sistema di Vendita che ho teorizzato è formato da 4 Blocchi:

BLOCCO #1: Brand e Posizionamento (Include tutti i tuoi ‘brand’ e la loro strategia di posizionamento nel mercato).

BLOCCO #2: Acquisizione Clienti (Include il sistema per trovare nuovi clienti e prequalificarli all’acquisto).

BLOCCO #3: Modello di Vendita (Include la strategia di vendita).

BLOCCO #4: Sequenze di Follow-Up (Include tutte le attività post-vendita).

Oltre a questi quattro, ho definito un quinto blocco che ho battezzato:

BLOCCO #0: Organizzazione, Risorse e Protezione (Include le risorse umane, l’organizzazione, la struttura e le altre Aree dell’azienda che influenzano indirettamente il suo valore).

Riepilogando: il Sistema Aziendale è formato da 5 Blocchi. Ogni azienda ha un valore e questo valore è influenzato dalle singole Aree di questi Blocchi.

La completezza, l’articolazione e l’efficacia di un Sistema di Vendita, costituiscono il grosso del valore di mercato di un’azienda.

Nei prossimi paragrafi scoprirai quello che avresti dovuto sapere PRIMA di aprire la tua attività, ovvero: come dovrebbe essere fatta un’azienda IDEALE e quali sono le parti che costituiscono un sistema che genera denaro (anzi, valore) in modo costante e continuo.

Ti accorgerai che alcune delle Aree che citerò sono già di tua conoscenza, ma capirai di doverle POTENZIARE.

Incontrerai però anche Aree che hai completamente ignorato e bypassato, e ti renderai conto di come queste dimenticanze hanno compromesso il rendimento dell’intero sistema (proprio come aver dimenticato un pistone e una candela nel sistema della tua automobile).

Le parole chiave sono:

 ‘omogeneo’, cioè devi far crescere alla pari i Blocchi del tuo Sistema di Vendita, senza creare troppo squilibrio tra uno e l’altro.

 ‘costante’, cioè non devi mai fermarlo.
Capisci perché è così importante per te avere la visione d’insieme di un sistema aziendale? Altrimenti costruirne uno è praticamente impossibile.

Nelle tabelle seguente troverai un riepilogo delle Aree divise per Blocco di appartenenza, così da iniziare a conoscere per nome le parti del Sistema Aziendale.

Il Sistema Aziendale Ideale.

Non riuscirai mai a trasformare la tua azienda in un sistema aziendale altamente profittevole e automatizzato se:

  1. Non hai un modello di riferimento, ovvero un ‘sistema aziendale ideale’ a cui ambire
  2. Non vedi i problemi del tuo attuale sistema aziendale

Alza l’aspettativa della tua azienda.

Il mio modo di considerare la parola ‘problema’ non è usuale … diciamo che lo intendo come sinonimo di ‘linfa dello sviluppo’. Non ci sono altri modi per dirlo: più problemi rilevi nella tua azienda e più fai bene il tuo lavoro, qualunque esso sia. Segnati questa frase:

E così funziona anche per tutte le aree della tua vita, pure nelle relazioni.

Conosci la ‘Formula della Felicità’? F= R-A, dove: R = Realtà, A = Aspettativa.

Non sei mai stato in paesi del mondo dove la povertà dilaga e hai avuto la sensazione che lì le persone fossero più ‘felici’? Hai mai sentito qualcuno di ritorno da un viaggio in Africa o in India dire: ‘Là le persone sono felici nonostante non abbiano nulla’.

Non è che sono felici nonostante non abbiano nulla … sono felici PERCHE’ non hanno nulla! Il loro livello di aspettativa è basso, quindi anche la più piccola sorpresa li rallegra. Nella nostra società consumista ci abituiamo ad avere tutto … e così la felicità ci sfugge dalle mani perché è sempre più difficile soddisfare le nostre alte aspettative!

Bella fregatura.

Se nella vita questo meccanismo non porta a nulla di buono e a volte dobbiamo perfino privarci di qualcosa per riuscire ad apprezzare quello che abbiamo, come imprenditore devi invece sfruttarlo a tuo vantaggio.

I problemi sono rilevati dal nostro cervello come ‘incongruenze tra quello che ci aspettiamo di vedere e quello che vediamo. Se quello che ci aspettiamo di vedere è della serie ‘basta che respiri’, rileveremo incongruenze solo in caso di problemi GROSSOLANI e drastici.

Se la nostra aspettativa di azienda invece è ALTA (cioè immaginiamo un’azienda molto più efficiente, pulita, etica ed efficace di quella che è oggi), allora ogni giorno vedremo tanti problemi e il nostro sviluppo sarà agevolato.



Sono due le aspettative che bisogna alzare per velocizzare lo sviluppo: quella nei confronti della tua azienda
che si può riassumere con: ottenere il massimo guadagno con il minimo sforzo/investimento) e quella dei tuoi clienti (che si può riassumere con: ottenere il massimo risultato e l’esperienza migliore per l’investimento fatto).

NB: Il modo migliore che ho trovato per allineare le tue aspettative e quelle del tuo staff, è quello di SCRIVERLE. Niente di più difficile.

Te lo dico perché l’ho già fatto, e ti garantisco che è un esercizio molto utile: scrivi qual è l’aspettativa ideale della tua azienda (sì, proprio come se fosse una persona in carne ed ossa) nei confronti di ogni lavoratore in ogni fase lavorativa, e poi qual è l’aspettativa ideale di un cliente.

Fallo adesso, prendi carta e penna e scrivi:

   Qual è la tua aspettativa IDEALE del tuo negozio/ufficio/magazzino tra 3/5 anni? E qual è l’aspettativa IDEALE dei tuoi clienti a riguardo?

   Qual è la tua aspettativa IDEALE riguardo il processo di vendita tra 3/5 anni? E qual è l’aspettativa IDEALE dei tuoi clienti a riguardo?

   Qual è la tua aspettativa IDEALE riguardo il tuo prodotto/servizio tra 3/5 anni? E qual è l’aspettativa IDEALE dei tuoi clienti a riguardo?

Ricorda che con l’aspettativa devi ESAGERARE. Non trattenere cartucce, spara in alto e usa modelli di riferimento molto più avanti di te. Memorizza questa frase:

Fai fare questo esercizio anche ai tuoi collaboratori e assicurati che siate tutti allineati a riguardo, altrimenti sarai sempre tu l’unico a vedere problemi!

Il sistema aziendale ideale.

Negli ultimi anni ho lavorato con più di 150 imprenditori sui loro sistemi aziendali. Mi sono creato un documento che ho chiamato ‘Sistema Aziendale Ideale’.

Immagina che esista una class di valore per i sistemi aziendali (come quella energetica) che va dalla Classe A alla Classe F.
In questo documento trovi il sistema aziendale in Classe A++. Il top di ogni Area aziendale, che ti sarà molto utile per tarare le tue aspettative e trovare tutte le lacune nel tuo attuale sistema aziendale.

Scarica il PDF dell’Azienda Ideale => SCARICA PDF SISTEMA AZIENDA IDEALE

La Strategia d’impresa.

Iniziamo con l’errore più comune e diffuso tra gli imprenditori e libero professionisti che ho conosciuto: quello di fare confusione tra ciò che è strategia d’impresa, ciò che è tattica e ciò che è operatività.

Prendiamo l’esempio di un cantiere edile.

Statisticamente il 94% delle aziende italiane chiude nei primi 5 anni. Immagina ora questa statistica calata nell’edilizia: pensa se il 94% dei cantieri che iniziano a costruire una casa non riescano a portare a termine il progetto.

Sarebbe sconcertante, non trovi? Perché in un cantiere si è efficaci nel 99 % dei casi, mentre nell’azienda media lo si è solo nel 6 % dei casi? Qual è la ‘differenza che fa la differenza’ tra edilizia e business? La differenza sta nel rispetto della gerarchia. In un cantiere si rispettano due tipi di gerarchia:

GERARCHIA DI ATTIVITÀ: Prima si fa il progetto, poi si delegano le mansioni, poi si iniziano i lavori e infine si chiudono i lavori. Quest’ordine non viene MAI scombussolato.

GERARCHIA DI PERSONE: Ci sono un architetto e un ingegnere che danno ordini ad un capo cantiere, che a sua volta da ordini agli operai. Nei cantieri più piccoli alcune di queste figure possono convivere nella stessa persona, ma questa gerarchia non viene MAI disordinata.

In un cantiere possono esserci inefficienze o perdite di tempo ma, comunque sia, si arriva sempre alla fine. Questo grazie al rispetto delle gerarchie di attività e di persone.

La gerarchia nella strategia d’impresa.

La maggior parte degli imprenditori e degli operatori del marketing in Italia IGNORA completamente il concetto di ‘gerarchie’ e la differenza tra strategia e operatività.


Ecco qui come è composto il ‘cantiere’ del marketing, della vendita e in generale dell’azienda:

C’è una persona che si occupa della strategia (l’architetto).
Ci sono dei tattici (i capi cantiere specializzati).
Ci sono gli operativi (gli operai).

La sola differenza tra il settore edile e l’azienda è che, per quanto riguarda l’azienda, la strategia non può essere definita da una sola persona, ma ne servono almeno DUE:

  • 50% da un imprenditore esperto del settore;
  • 50% da un consulente strategico (in gergo: CSO).

L’esperto del settore è tanto più esperto in quanto più conosce bene:

  1. I suoi clienti;
  2. il suo prodotto;
  3. i trend del suo mercato.

Il consulente strategico invece, è tanto più esperto quanto:

  • Ha esperienze concrete in più settori diversi.
  • È scollegato dalle logiche del settore in questione.
  • Ha esperienza diretta personale (cioè ha aperto e fatto crescere aziende SUE).

Riguardo l’ultimo punto credimi, dare in mano i tuoi soldi a qualcuno che non è abituato ad investire i propri, non è mai una grande idea.

Per la strategia è necessaria la collaborazione tra queste due persone, altrimenti il rischio di perdere qualcosa o prendere strade sbagliate è alto.

Se credi ancora ai guru della formazione, che dicono che devi diventare un esperto di marketing in uno o due anni e fare tutto da solo, lascia che ti apra gli occhi.

Non è affatto così che va il mondo. E non lo dico solo io: studia le biografie dei più grandi imprenditori del passato e del presente (Tony Robbins, Elon Musk, Steve Jobs, Jeff Bezos, Bill Gates, etc.) e verifica quanti di loro hanno studiato marketing o finanza o organizzazione PRIMA di diventare ricchi. Ne troverai molto pochi.

“Tu cosa vuoi essere? Lo studente di un ricco formatore o un imprenditore ricco?”

Per tanto che un imprenditore esperto in un settore si metta a studiare strategia di impresa, non potrà mai essere esperto come me che lavoro ogni anno su 30 nuovi settori e nuovi casi di studio. Viceversa, io per tanto che studi un settore, non potrò mai avere la presunzione di conoscerlo meglio da chi ci lavora da 10, 20 o 30 anni tutti i giorni.

Non è solo una questione di ‘informazioni’ ma di esperienze, logiche di pensiero e costrutti mentali che si creano con il tempo … impossibili da trasferire con la formazione. Le due visioni devono contaminarsi a vicenda per arrivare ad una strategia ben pensata.

Passiamo a quelli che ho chiamato ‘tattici’: sono più di uno e sono quelli che comandano la strategia dei singoli strumenti (ovviamente sempre in linea con la direzione stabilita dallo stratega).

Mettila così: lo stratega è il generale che affianca l’imperatore e gli consiglia quali territori è prioritario conquistare e imposta con lui la strategia generale della battaglia. I tattici sono i capitani esperti nei vari tipi di artiglieria: terra, acqua, aria.

Infine, ci sono gli operativi (i soldati), coloro che mettono a terra i progetti. Adesso attento perché arriva il bello. Secondo te, se in un cantiere edile chiedi all’idraulico di che diametro dovrebbero essere i tondini delle fondamenta, lui cosa ti risponde?

Quasi sicuramente che non lo sa, e se proprio ti consiglia di chiedere all’ingegnere, giusto?

Perfetto, nel mondo aziendale purtroppo le cose non funzionano così. Se chiedi a quelli della tua web agency un consiglio su come posizionare il brand, fare il calendario editoriale e impostare la prossima fiera …. LORO TI RISPONDONO! Cribbio, gliel’ho visto fare un sacco di volte … invece che mandarti da uno stratega, LORO TI DANNO LA LORO OPINIONE!

Se tu non sai che stai chiedendo un’informazione strategica ad un tattico, o peggio ad un operativo, come fai a distinguere un’opinione priva di fondamenta da un’indicazione sostenuta dall’esperienza? Semplice: non puoi.

E non aspettarti che te lo dicano, perché nessuno lo farà! La triste realtà è:


A dimostrarlo è la dimensione e la struttura delle loro aziende.
A tal proposito, casca a fagiolo una delle mie frasi più famose:

Gli operativi possono avere guadagni ‘normali’, esistono anche tattici bravi con stipendi sotto i 3 o 4.000 €/mese.

Ma NON possono esistere strateghi che guadagnano poco e si fanno pagare poco. Uno stratega deve essere in grado di fabbricare soldi, per sé stesso prima che per altri!

Questo lo devi sapere tu, perché gli operativi non sanno di esserlo, o non vogliono limitarsi ad esserlo, perché significherebbe limitare le cose che possono venderti.

Il primo consiglio che ti do quindi, è di FILTRARE sempre le informazioni che ricevi in funzione del ruolo che ricopre il professionista con cui stai parlando.

Il secondo è scegliere bene la tua equipe, perché da quella dipenderà il tuo successo.

Per quanto riguarda lo stratega, oltre a diffidare di quelli senza esperienza e risultati personali, ti consiglio di diffidare anche di quello specializzato in un solo settore.

La caratteristica principale che deve avere un consulente strategico è un’esperienza multisettoriale e non mono-settoriale. Questo perché l’efficacia di una strategia è data da quanto si ALLONTANA dalle regole del proprio mercato.

Parliamoci chiaro:


Al contrario, per quanto riguarda i tattici e gli operativi, è meglio che siano specializzati nel tuo settore, perché l’esperienza verticale accelera l’ottenimento di risultati.

Tutto chiaro fin qui? Voglio aiutarti a capire ancora meglio la differenza tra operatività e strategia con l’elenco qui sotto, che racchiude le attività che spettano allo stratega e quelle che spettano agli operativi.

I vantaggi di avere una sola strategia.

Senza questa distinzione gerarchica, i rischi sono di:

  • Prendere decisioni strategiche senza avere le competenze.
  • Prendere decisioni strategiche senza avere la visione d’insieme.
  • Delegare decisioni strategiche a operativi mascherati da strateghi.

Tutto questo porta a disperdere capitali e opportunità mentre il tempo passa inesorabile, regalando terreno ai concorrenti. Viceversa, se da oggi in poi vedrai la tua azienda come un cantiere edile e dividerai chi si occupa della strategia da chi si occupa dell’operatività, otterrai diversi benefici:

1 ] Riuscirai a controllare con molta più facilità il ‘cantiere’ azienda.
2 ] Avrai maggior velocità ed efficienza nel produrre risultati.
3 ] Ridurrai dell’80 % i costi operativi del marketing (o potrai fare 5 volte in più di quello che fai oggi, con lo stesso budget).

Forse l’ultimo punto non è così intuitivo e merita una piccola spiegazione in più.

Vedi, se non procedi con questa chiarezza di ruoli, è molto probabile che oggi tu stia pagando TANTE persone per pensare e POCHE per fare. Tante menti creano tante strade diverse che, anche nel caso fossero tutte corrette, vanno comunque in direzioni DIVERSE!

Ricordi quello che ti dicevo prima? La strategia è una e solo se ne hai una (e una soltanto) puoi produrre risultati.

Ma non è solo questo il problema … la cosa più grave è che questa suddivisione del budget risulta deleteria per una piccola-media impresa.

Dovresti fare l’opposto: pagare una persona per pensare alla strategia e tutte le altre per fare (naturalmente con cognizione di causa, ma comunque FARE). Questo è perfettamente in linea con la filosofia 1.0.

Voglio darti una dimostrazione pratica del concetto: prendiamo delle cose semplici, come un sito web, un logo e un libro. Immaginiamo che chiami tre specialisti e loro ti fanno questi preventivi:

  • 3.000 € per il sito
  • 5.000 € per scriverti il libro
  • 1.500 € per crearti il logo

Questi preventivi sono da leggere così:

  • 3.000 € per il sito => 2.700 € per pensarlo e 300 € per realizzarlo;
  • 5.000 € per scriverti il libro => 4.200 € per pensarlo e 800 € per realizzarlo;
  • 1.500 € per crearti il logo => 1.400 € per pensarlo e 100 € per realizzarlo.

Avere una strategia significa che paghi gli operativi solo per FARE, perché a progettare ci abbiamo già pensato io e te (o comunque tu e uno stratega qualificato).


È come la cupa barzelletta del medico in ospedale che dice ai familiari del paziente: ‘Operazione perfettamente riuscita, c’è stato solo un problema: il paziente è morto’.

Quando definisci una strategia, ogni progetto del tuo piano d’azione ti costa in media l’80 % in meno o, se preferisci, puoi quintuplicare i tuoi progetti con lo stesso budget. Quando avvio un progetto di marketing e vendita nella mia azienda che implica l’utilizzo di operativi, non chiedo preventivi, chiedo quante ore ci mettono per farlo.

Esattamente come farei se chiamassi un pittore per imbiancare casa mia: si va ad ore o a prezzo al metro quadro. Un bravo operativo quanto può costare? Da 25 € a 35 € all’ora? Facciamo 30 di media.

Allora i preventivi sono facili da fare:

Logo => 1 ora => 35 €
Sito => 10 ore => 300 €
Funnel => 12 ore => 360 €
Servizio fotografico => 30 minuti => 15 €

Sono in Versione 1.0? Bene, meglio ancora. Capisci come ho fatto a fare 10 volte le cose che un imprenditore normale riuscirebbe a fare con lo stesso budget?

Ti ho appena svelato il segreto di come fanno piccole aziende ad ingrandirsi in pochi anni, nonostante non abbiamo risorse molto diverse da quelle di tante altre aziende nello stesso settore: non pagano tutti per pensare, ma solo una persona per pensare e tutte le altre per fare.

Tienilo stretto, è un segreto che vale oro. Per come la vedo io, a meno che non hai un budget senza fondo, non puoi andare avanti a ‘preventivi classici’ altrimenti, molto semplicemente, impiegherai 2 anni a fare quello che avresti potuto (o dovuto) fare in 2 mesi.

Quante persone servono per definire la strategia di un’aziendale?

Per definire la strategia di un’azienda servono almeno due persone: un esperto del settore e un esperto di strategia d’impresa.

Per mia esperienza, solo il primo sarebbe troppo collegato alle regole ed alle consuetudini del mercato. Solo il secondo sarebbe troppo scollegato dalle regole e dalle consuetudini del mercato.

La contaminazione tra i due invece, offre una visione completa e sufficientemente trasversale. Dico ‘almeno 2’, perché se fossero di più sarebbe meglio.

All’inizio, nella ‘Versione 1.0′ della tua equipe, meglio essere almeno in 2. Poi man mano che la struttura cresce e il tuo budget aumenta, le priorità dovrebbero essere discusse, oltre che con lo stratega, anche con altri professionisti settoriali (che chiamo ‘tattici’).

Ecco un elenco dei più comuni:

  • Un tattico copy (specializzato nella parte scritta della tua comunicazione)
  • Un tattico digitale (specializzato nella parte digitale)
  • Un tattico fiscale (specializzato nella parte amministrativo/fiscale)
  • Un tattico visual (specializzato nella parte visiva della tua comunicazione)
  • Un tattico organizzativo (specializzato nella parte organizzativa e procedurale)
  • Un tattico di PR (specializzato nel contatto con i media)
  • Un tattico social media (specializzato nell’utilizzo dei social ai fine della promozione e della vendita)
  • Etc.


Nella versione più evoluta, oltre allo stratega dovresti avere un tattico per ognuna delle 20 aree del Sistema Aziendale. 

Il problema è che questa equipe (comunque quasi impossibile da trovare in un unico team) sarebbe fuori dalla portata della maggior parte dei piccoli e medi imprenditori. Chi è davvero capace a produrre risultati e sa come creare aziende di successo, non si svende e ha un’alta soglia di accesso.

5 modi sbagliati per concepire un’azienda.

I 5 modi più diffusi per concepire un’azienda e i motivi per cui sono PROFONDAMENTE sbagliati.

Immaginiamo di essere uno davanti all’altro, seduti alla mia scrivania con davanti una tazza di caffè fumante.

Tu vuoi parlare di come acquisire clienti, di come posizionare il tuo brand e di come potenziare i tuoi venditori, e invece io ti chiedo a bruciapelo: ‘Inizia a raccontarmi di come hai concepito la tua azienda …’.

Non ci crederai ma ad una buona parte degli imprenditori che incontro (e ogni anno ne vedo qualche centinaio in eventi dal vivo e una quarantina in consulenze private) riconduco tutti i loro problemi di marketing e vendita ad una sola scelta sbagliata, che riguarda proprio COME hanno concepito la loro azienda.

Creare l’azienda su un terreno paludoso è il problema ‘originale’ che compromette poi in modo definitivo le possibilità di successo di un’azienda.

C’è sempre una storia d’origine interessante dietro un’azienda ma quello che vorrei sapere adesso nello specifico non è la storia, ma lo STIMOLO IMPRENDITORIALE che ti ha portato a decidere di aprire una partita iva in quello specifico settore, con quella specifica attività/prodotto/servizio e con quello specifico nome.

Non sai che dirmi?

Ok, niente panico, tanto fortunatamente ci sono solo 6 modi per aprire un’azienda e quindi facciamo così: io te li descrivo uno ad uno e tu poi, in tutta sincerità, mi dici in quale ti riconosci.

Affare fatto?

Allora inizio rassicurandoti sul fatto che, anche se hai più dell’80 % di probabilità di aver creato la tua azienda in un modo sbagliato (infatti dei 6 modi che vedremo, solo 1 lo definirei corretto), a tutto c’è rimedio.

1) Il primo modo sbagliato di avviare un’azienda è forse anche il più scontato: individuare un prodotto/servizio che già si vende.

Il ragionamento che sta dietro a questa scelta imprenditoriale è logico: ‘Se funziona per gli altri, perché non dovrebbe funzionare anche per me?!’

Questo è un bell’esempio per dimostrare che nel marketing il più delle volte ‘logico’ e ‘intelligente’ sono termini che vanno in 2 direzioni opposte.

Quel bar funziona … ne apro uno anch’io!
Quel negozio vende tisane e funziona alla grande … ne apro uno anch’io!
Quell’azienda vende bulloni in Siria … ne apro una anch’io!

Il problema di questa logica è che non tiene conto di un paio di ‘dettagli’ tutt’altro che trascurabili:

PRIMO: La psicologia dei consumatori.

Devi capire che le persone non cambiano idea facilmente quando hanno impostato nella testa il loro ‘primo in classifica’.

Se quelli che stai copiando non sono i ‘primi in classifica’ nella mente dei potenziali acquirenti allora sei in un mercato indifferenziato, e copiare un’azienda indifferenziata è come copiare in un compito in classe il peggiore della classe
: otterrai il suo stesso risultato.


Se invece quelli che stai copiando sono ben posizionati, allora il motivo per cui vanno bene non è il prodotto ma è il brand ben posizionato: qualcosa che NESSUNO può copiare.

SECONDO: IL resto dell’Iceberg.

Il problema è che questo ragionamento non tiene conto dei ‘retroscena’, come ad esempio:

– grandi capitali,
– conoscenze importanti,
– un pubblico già fidelizzato …

tutti ingredienti che hanno fortemente contribuito a generare il successo e che un neo-imprenditore non può copiare.

2) Il secondo modo sbagliato di creare un’azienda è quello di seguire le proprie passioni.

Qui i motivatori mi daranno dell’ammazza sogni della gente, lo so già … loro ti insegnano che un business deve sempre seguire le tue passioni!

Preciso che non ho nulla in contrario nell’avere passione PER quel che si fa.

Ma io credo che un conto sia aver passione per il proprio lavoro e un altro sia trasformare le proprie passioni in un lavoro.
È diverso perché le passioni raramente (anche se non è impossibile) vanno a combaciare con un vero business.

Questo per un motivo: il business ragiona per logiche economico/finanziarie, competitive e scalabili e le scelte sono dettate dall’ambizione di crescere.

Le Passioni no.

Io ho la passione dei cani e degli animali in generale, ma se la trasformassi in un business la mia ambizione mi direbbe: Come scalo? Come guadagno di più? Come creo sequenze di vendita? Etc.

In poco tempo dovrei uccidere i miei cavalli, le mie mucche e sfruttare di più i miei cani.

In breve arriverei ad odiare le mie passioni oppure a penalizzare il mio business.


Sono queste le 2 cose che può farti avere un business ben costruito.

Quelli che aprono il bar perché ‘amano stare a contatto con la gente’, dopo 2 anni di ‘stare a contatto forzato con la gente’ chiudono e odiano stare con la gente.

Oppure bellissimi quelli che decidono di lavorare ‘dalla spiaggia’: li vedi che postano la foto vaneggiando alla libertà finanziaria.

A me questi qui fanno tanta tristezza … penso: ‘Poveri cristi: in spiaggia a lavorare mentre tutti si divertono’.

Io lavoro in ufficio e in spiaggia gioco a beach volley o nuoto o gioco con il cane, tutto tranne lavorare diamine!

Comunque, per tagliar corto: business e passioni non coincidono, a meno che tu non ti ‘accontenti’, ma allora non parliamo più della stessa cosa quando diciamo ‘Business’.

Torno a sottolineare che non sto dicendo che sia sbagliato essere appassionati del proprio lavoro (anzi, quello è fondamentale), ma costruire il proprio business sulle proprie passioni è sbagliato perché seguono due processi di sviluppo completamente diversi.

La soluzione è questa: non costringerti a guadagnare attraverso le tue passioni, ma crea un business che ti permetta di seguire le tue passioni GRATIS, in quanto tempo vuoi e con chi vuoi.

3) Terzo modo: Faccio quello che sono bravo a fare.

Come per le passioni, anche in questo caso le competenze operative di un imprenditore non è per nulla detto che si dimostrino un business, anzi.

In generale è sbagliato collegare il fatto che essere capaci a fare qualcosa significhi che quella cosa produca soldi in modo scalabile e automatico.

Anche qui: può essere ma se succede è per casualità, non per un ragionamento strategico.

In più l’imprenditore non deve essere bravo per forza a costruire il prodotto, erogare il servizio o vendere, basta che sappia trovare le persone giuste e costruirci un sistema di vendita dietro.

4) Il quarto modo è molto frequente in Italia: vendere qualcosa che esiste già, apportando furbamente alcune differenze.

Di solito si tratta di ex-dipendenti che dopo aver imparato a fare un lavoro si staccano dal loro titolare per aprire una loro azienda copia-incolla alla sua.

Dove fa acqua questo modo di aprire un’azienda?

Qui il vero problema sta nelle ‘differenze’, infatti questi neo-imprenditori scelgono quasi sempre delle ‘differenze insostenibili’.
Quello che promettono ai loro clienti è sempre più o meno questo: ‘Faccio la stessa cosa, ma costo di meno, sono più veloce, sono più disponibile, etc.’

Questi attributi differenzianti li definisco appunto ‘insostenibili’ perché in sostanza portano tutti alla stessa conclusione: ‘Compra da me perché lavoro di più e guadagno di meno’.

Certo che è più facile vendere e trovare nuovi clienti, ma a discapito del tuo tempo, della tua libertà, del flusso di cassa e del rischio di impresa.

Insomma: se esiste qualcosa di peggiore di non avere un posizionamento è proprio usare un attributo differenziante insostenibile poiché affossa l’azienda e imprigiona l’imprenditore in un vortice di massimi sforzi e pochi risultati.

5) L’ultimo modo sbagliato per aprire un’azienda è decidere di vendere qualcosa che non esiste.

Qui ci si dovrebbe fermare a pensare al fatto che:

– Se un determinato prodotto/servizio ancora non esiste, un motivo c’è.
– Creare una nuova categoria di mercato costa molto di più che creare un nuovo prodotto.

9 volte su 10 il motivo per cui un prodotto ancora non esiste si chiama: ‘assenza di domanda di mercato’: cioè non c’è richiesta per quello specifico prodotto/servizio (se non nella testa dell’imprenditore).

I creativi che vogliono lanciare sul mercato il loro ‘sottobicchiere rinfrescante’ o il ‘porta ombrelli asciugante’, dovrebbero solo per un attimo smettere di essere innamorati ciecamente della loro idea, e chiedersi: ‘Perché questo prodotto non esiste ancora? Perché nessun altro ci aveva mai pensato?’

Sei il nuovo Steve Jobs o il nuovo Alessandro Volta? Buon per te.

Hai anche solo un minimo dubbio di non esserlo? Allora ferma i tuoi deliri creativi e inizia a mettere a terra la tua idea e capire quanto può costarti creare una nuova categoria di prodotti.

Infatti, anche se ti rivelassi il nuovo Jobs, quello che renderebbe arduo lanciare un nuovo prodotto sul mercato sono i soldi necessari per farlo.

Creare un mercato nuovo è costoso, e gli imprenditori creativi guarda caso sembrano essere accomunati da una stessa caratteristica: sono tutti al verde (chissà poi come mai con tutte le idee geniali che hanno).

Ergo: quando crei qualcosa di nuovo hai enormi probabilità di fallire e se hai 4, 6 o 10 milioni di euro da investire per creare una Categoria di Mercato nuova bene, altrimenti rischi di restare a secco di carburante ancor prima di essere arrivato alla prima delle cento tappe del tuo viaggio.

Allora, sei riuscito a fare mente locale?

Hai aperto la tua azienda in uno di questi modi? Sappi che è molto probabile e non preoccuparti perché lo immaginavo già. Possiamo rimediare e andare a tamponare le scelte sbagliate fatte nel passato grazie ad azioni precise che puoi intraprendere da oggi.

Iniziamo dalle decisioni più importanti: come portare più denaro nella tua azienda e come differenziarti dai concorrenti.

Il Business Model.

Senza business Model è impossibile pianificare lo crescita.

Semplificando, il Business Model rappresenta i modi in cui porti soldi all’interno della tua azienda. Il Business Model più semplice in assoluto è scambiare prodotti o servizi (quindi tempo) in cambio di denaro. Dalla rivoluzione industriale in poi questo Business Model è quello del 99 % delle aziende. Il problema è affidare tutti i profitti aziendali solo a questo Business Model ‘elementare’ è rischioso, perché ti mette a livello strategico sullo stesso livello dei concorrenti.

Ricordi quando ho distinto Crescita e Sviluppo? Se il tuo obiettivo è crescere, significa che il tuo Business Model è bi-dimensionale: potrai crescere orizzontalmente o verticalmente, a resterai sempre nello stesso livello. Se il tuo obiettivo è sviluppare, allora il tuo Business Model può evolvere a livelli diversi.

Facciamo l’esempio di una semplice piadineria.

Il primo livelli di Business Model è quello connesso al singolo punta vendita: aumentare lo scontrino medio, i clienti e la produzione fino al massimo potenziale del mercato locale. Oltre questo punto si va nello sviluppo, e quindi il Business Model si deve evolvere di livello. La domanda a cui risponde il Business Model di primo livello è: ‘Come portiamo soldi nell’azienda?’.

Dal Business Model di secondo livello in poi, la domanda diventa: ‘Quando si raggiunge il massimo potenziale del livello precedente, come scaliamo ed evolviamo il business?’.

Nell’esempio della piadineria avremo le seguenti opzioni:

  • Aprire altri punti vendita in proprio
  • Aprire altri punti vendita in franchising
  • Vendere delle licenze (Licesing)
  • Trasferire il know how in un settore simile
  • Vendere l’azienda al massimo prezzo possibile

Vedi il Business Model come un percorso fatto di obiettivi intermedi da raggiungere.


Le priorità sono attività che puntano a qualcosa … se non conosci la meta, come fai a sapere cosa ti avvicina o ti allontana da essa?

Seneca ha detto: ‘Non esiste vento a favore per il marinaio senza meta’.

Senza questa chiarezza è inutile parlare di priorità. Il succo è questo: se non hai definito il tuo Business Model, la tua priorità è definirlo.

Senza, non potrai mai sapere se i passi che hai scelto ti porteranno nella direzione giusta o no, perché la direzione giusta ci è data dal Business Model.

Cos’è il business model.

Vediamo c0s’è il Business Model, quali sono i più comuni modelli di riferimento, e come si può sfruttare per rendere la tua azienda altamente profittevole.

Per la serie: se lavori come un pazzo e guadagni giusto il necessario per pagare le tasse, parti dal ristrutturare il tuo Business Model.

Quando ho deciso di aprire la mia prima azienda avevo 22 anni.

Ero poco più di uno sbarbato con alcune buone capacità, tra cui quella di semplificare i concetti e saperli far capire anche alle menti più ottuse.

Da quel giorno ho avviato 5 diverse aziende e guardandomi indietro mi sono reso conto che oggi quando devo aprire una nuova azienda do particolare importanza ad una cosa che fino a qualche anno fa non consideravo neanche.

Penso, senza esagerare, che questa cosa sia nella ‘TOP 3’ dei concetti più importanti che si portano a casa gli imprenditori che fanno il mio programma.

Questa cosa prende il nome di: Piano di Sviluppo.

In parole povere quello che oggi faccio in automatico quando apro una nuova azienda è pensare a come si svilupperà quell’azienda nei prossimi 3, 5, 10 anni.


Attenzione che quando dico Piano di Sviluppo, non intendo ‘Piano per rendere più grande la tua azienda’, sono due cose diverse.

Prendiamo ad esempio la metafora di una stanza in affitto: il piano di sviluppo di una stanza che affitto non significa solo ‘abbellire’ quella stanza per aumentare il canone d’affitto.

Avere un piano di sviluppo non significa cercare di riempire la stanza tutti i giorni per il resto dell’anno.

Questo NON è un piano di sviluppo, questa è acquisizione clienti.

Il piano di sviluppo è decidere cosa succede a quella stanza quando raggiungo il canone d’affitto più alto possibile e la riempio per tutti i giorni dell’anno. È decidere cosa succede alla tua azienda quando raggiungi i ‘colli di bottiglia sani’, ovvero quando ti ritrovi intasato di clienti, di ordini, di richieste.

Problemi positivi, ma pur sempre problemi che è meglio PREVENIRE che curare.
Ecco alcuni esempi di colli di ‘bottiglia positivi’:

  • troppi clienti e non riesci a gestirli,
  • troppi clienti e rischi di non soddisfare quelli che hai già,
  • le risorse di produzione sono intasate,
  • i tuoi spazi sono troppo piccoli per sopperire alle richieste
  • le persone che hai non riescono a gestire tutto il carico di lavoro
  • il tuo tempo è arrivato al limite, lavori 12 o 15 ore al giorno e non puoi andare oltre

Cosa succede a quel punto? Compri un’altra casa? Fai una palazzina? Tiri giù tutto e fai un palazzo? Che cosa succede OLTRE il collo di bottiglia?

Ecco, quello è il piano di sviluppo.

Perché è così importante avere un piano di sviluppo?

Capisci già da solo l’importanza di pianificare lo sviluppo della tua azienda PRIMA di trovarti in un collo di bottiglia, quello a cui forse non hai mai pensato sono le conseguenze se non lo fai.

Le conseguenze se non vai bene non sono pericolose.

Ma se vai bene, allora puoi trovarti davanti a due scenari:

  • Sprechi il 90 % del tuo potenziale guadagno.
  • Fallisci per intasamento di lavoro.

Infatti c’è una cosa che dobbiamo chiarire, e cioè che un business strutturato in modo corretto non può restare piccolo, se non per scelta dell’imprenditore.

Le possibili evoluzioni di un Business.


Un business mal strutturato invece non può diventare grande. È una questione di fondamenta. Ora, la domanda adesso è: la tua azienda è progettata per diventare grande o per accartocciarsi su sé stessa e restare piccola? Qual è il ‘livello’ della tua azienda adesso? E quanto può svilupparsi?

Usando la metafora della casa di prima: sei un monolocale, una villetta, una bifamiliare o un condominio? E cosa potresti diventare tra 5 o 10 anni? Un grattacielo? Uno Skyline da 100 piani?

Probabilmente, tra gli imprenditori che stanno leggendo questo articolo, ci sono alcuni che hanno una ‘casetta’ (cioè un negozio, un’attività da consulente, una piccola azienda di servizi locale), qualcuno ha un paio di casette o una bifamiliare (azienda con un paio di sedi o comunque un’azienda con un minimo di struttura), qualcuno ha un bel condominio o addirittura un palazzo (più sedi, o comunque un’azienda ben strutturata).

La cosa che hanno in comune è evolversi: da casetta a condominio, da bifamiliare a grattacielo, etc.

Ma attenzione perché come ho già detto svilupparsi non vuol dire per forza ingrandirsi, ma può voler dire cambiare completamente logica del business.

Per sapere come fare il Piano di Sviluppo della tua azienda ti serve capire quali possono essere le ‘evoluzioni’ possibili di un’azienda.

Esistono evoluzioni orizzontali ed evoluzioni verticali.

Quelle verticali sono quelle che vengono fatte nei confronti dello stesso target di clienti o di target simili.

Quelle orizzontali invece sono quelle che vengono fatte nei confronti di target differenti.

Facciamo un esempio con un’attività semplice, prendiamo una gelateria.

Il Piano di Sviluppo verticale risponde alla domanda: ‘Quando la gelateria sarà full di clienti, come la sviluppi con gli STESSI target o target simili?’ Potresti rispondere:

  • Aumento i prezzi migliorando e focalizzando il prodotto (Stesso Target)
  • Apro una seconda gelateria (Target simile perché cambia solo la zona)
  • Creo un angolo bar (Stesso Target)
  • Aggiungo le granite e i frappè (Stesso Target)
  • Creo una linea di prodotti da asporto (Stesso Target)

Il Piano di Sviluppo orizzontale risponde alla domanda: ‘Quando la gelateria sarà full di clienti, come la sviluppi con target DIVERSI?’ Potresti rispondere:

  • Creo un libro per gelatai (Target dei gelatai)
  • Faccio un corso per fare il gelato (Target dei gelatai)
  • Creo una linea di prodotti da asporto per bar/locali (Target dei titolari di Bar/Locali)
  • Creo un Franchising (Target di investitori/neo-imprenditori)

Ti è più chiaro come creare un Piano di Sviluppo?

Bene, ultime due precisazioni:

Prima: anche se parti dallo stesso punto, se vuoi diventare un grattacielo piuttosto che una bifamiliare, la tua strategia sarà COMPLETAMENTE diversa.

Secondo: non è necessario fare un Piano di Sviluppo.

Potresti anche non avere grandi ambizioni e voler restare nella stessa struttura che hai, abbellendola solo un po’.

Le strade che puoi prendere in pratica sono sostanzialmente 2:

Mantenere l’attività che hai oggi (allora basta dargli una tinteggiata, sostituire gli infissi e ritoccare l’impianto elettrico … ) cioè acquisire qualche cliente in più, sistemare un po’ i venditori, migliorare gli annunci di Facebook.

In questo caso ti possono essere più utili web agency o agenzie di comunicazione … ovvero gli ‘operai’ del marketing, quelli che svolgono l’attività operativa e non strategica.

Vuoi fare il salto di qualità e sei ambizioso come pochi?

Allora hai bisogno di un Piano di Sviluppo strutturato e naturalmente di un Sistema di Vendita per realizzarlo.
Ora passiamo al Modello di Business.

Definiamo il business model.

Se il Piano di Sviluppo definisce la meta della tua azienda a medio-lungo termine, il modello di business (quello a cui ho dedicato il prossimo capitolo) è il MODO che usi per fare soldi e avere carburante a sufficienza per non rimanere a secco durante il viaggio. 

Quindi, se vogliamo usare una metafora automobilistica:

  • Il Sistema di Vendita è l’automobile.
  • Il Piano di Sviluppo è la meta.
  • Il Business Model indica i metodi per raccogliere carburante.

Abbastanza facile da capire adesso?

Il business model è il modello che tu scegli per fare soldi.

La maggior parte dei titolari d’azienda mi dicono a questo punto:

‘Io per far soldi vendo il mio prodotto! Perdincibacco, che altro dovrei fare?!?’


Trovo un prodotto o un servizio che funziona e lo vendo in cambio di soldi, punto. Questo è il limite del 99 % degli imprenditori che puoi conoscere fuori da Sistemi per Vendere.

Siamo neanche alle elementari del fare impresa, all’asilo del marketing … e tu stai facendo direttamente l’Università.
Un bel salto, non trovi?

I 4 tipi principali di business model.

Partiamo dal fare ordine e dividiamo in quattro ‘tipi di business’ le aziende esistenti nel mondo e tu mentre leggi cerca di capire a quale appartieni.

Il 1° è il negozio fisico: può vendere prodotti o servizi e può essere ad esempio un ristorante, un negozio di abbigliamento, un’agenzia viaggi, o una palestra.

Il 2° è il business on-line e qui si aprono diverse sotto-categorie:

  Il negozio online, tipo Zalando o Ibs, che di fatto funzionano come dei negozi fisici solo che sono virtuali.

L’aggregatore virtuale, è un portale che aggrega tutte le alternative di un mercato e le mette a confronto per il cliente. Tra i più famosi ci sono Booking, Prontopro e TripAdvisor.

Il Market Place: un sito che ti permette di aprire un negozio all’interno della sua piattaforma, come ad esempio Amazon, eBay e il gruppo Alì Babà.

Blog o E-Magazine: si tratta di riviste on-line che solitamente vendono pubblicità o creano PR per altri Brand. Conosci Chiara Ferragni? È la più famosa fashion blogger del pianeta ed è partita da un blog.

Il 3° racchiude le aziende di produzione (cioè che producono e vendono un prodotto).

Il 4° racchiude le aziende di servizi, come ad esempio Sistemi per Vendere srl.

Anche il professionista che sta nel suo ufficio svolge un’attività di lavoro legata ad un servizio, quindi rientra in questa categoria.

Quattro tipologie di business … sei riuscito a collocarti? Non dovrebbe essere molto difficile.

Ora ti darò un’informazione dal valore eccezionale: per ognuno di questi business ti darò i relativi modelli per produrre denaro.
In pratica hai direttamente il compito fatto, tu devi limitarti solo a leggere e assimilare.

Iniziamo dal rispondere a due domande essenziali che sono:

Come porto soldi nella mia azienda OLTRE a vendere il mio prodotto?

Partiamo dalla prima domanda, esistono diversi modi per portare soldi in un’azienda e per comodità li ho classificati in 3 categorie:

Il primo modo per far soldi è il guadagno base, e cioè vendi quello che fai e cioè il servizio, il prodotto o un mix dei due.



Il secondo è aumentare i profitti ‘in orizzontale’.

Lo abbiamo già visto prima: aumentare i profitti in orizzontale vuol dire guadagnare su target di clienti diversi dal tuo.
Tecnicamente può portare ad un errore strategico, noto come ‘estensione di linea’, ma non sempre. Prendi ad esempio il caso di Decathlon, il negozio degli sportivi.

Decathlon vende una trentina di categorie sportive diverse (rugby, sport da combattimento, calcio, sci, tennis, etc.).

Ogni categoria sportiva è un target diverso per decathlon, quindi se vuole aggiungere una categoria di sport che prima non aveva (ad esempio l’ippica), non sta facendo estensione di linea perché questi prodotti sono coerenti con il posizionamento del Family Brand (Decathlon: il negozio di riferimento degli sportivi) e sta aumentando i profitti in orizzontale, cioè su un target diverso (quello di chi pratica sport ippici).

Un esempio sbagliato di aumento orizzontale dei profitti ci è dato dalla Coca-Cola, quando ha deciso di lanciare sul mercato la Coca-Cola Light.

La Coca-Cola Light vende ad un pubblico diverso rispetto alla Coca-Cola: la Light viene venduta ad un pubblico attento alla dieta e al dimagrimento, la Coca-Cola a chi ama il gusto originale della Coca-Cola, senza compromessi.

Certo, un aumento di profitti iniziale si può registrare anche in questi casi, ma il posizionamento della Coca-Cola viene compromesso e sul lungo periodo questo porta sempre a problemi che superano di gran lunga i profitti avuti all’inizio.

Coca-Cola è ‘l’originale’, se mi piazzi sugli scaffali la Coca-Cola Light fai due cazzate in una: primo rovini il concetto di ‘originale’ perché adesso ce ne sono due versioni diverse, secondo mi stai comunicando che la Coca-Cola originale fa ingrassare perché non è light.

Certo che se ti chiami Coca-Cola hai anche le spalle abbastanza larghe per attutire il colpo e forse non sentirlo nemmeno … ma se parliamo di aziende più piccole, minuscole a confronto di questi colossi, questi errori possono costare molto più caro e portare senza esagerare anche al fallimento.

Quindi la morale sull’aumento dei profitti in orizzontale è: vanno bene ma devi stare attento che non vadano in contrasto con il posizionamento del Brand, altrimenti fai estensione di linea che è una cosa brutta e cattiva.

Ora vediamo il terzo modo per aumentare i profitti: quello verticale, ovvero guadagnare sugli stessi clienti.

Un esempio perfetto di come si aumentano i profitti in verticale ce lo offre Apple.

Apple ha creato una serie di Brand tutti sullo stesso target di clienti (infatti chi ha un prodotto Apple, probabilmente ne ha anche degli altri).

Apple fa in modo di spremere come un limone il suo cliente, il loro ragionamento è impeccabile: ogni cliente ha potenzialmente 3,4, 5.000 € che possono entrare nelle nostre tasche, quindi creiamo prodotti e servizi in sequenza per fare in modo che accada.

In questo modo va ad aumentare quello che si chiama ‘Valore Totale del Cliente’, un numero fondamentale per ogni azienda, che va a misurare quanto VALE economicamente ogni singolo cliente, cioè quanti soldi AL MASSIMO può dare un cliente alla tua azienda.

A parità di tutto è meglio secondo te un aumento di profitto in orizzontale o in verticale?

Ovviamente quello in verticale, per 2 motivi:

  1. Perché NON rischi di rovinarti con le tue mani facendo estensione di linea.
  2. Perché aumentando la produzione dei profitti in verticale non devi fare nuova acquisizione clienti perché vendi SEMPRE agli stessi clienti!

Niente acquisizione clienti = meno soldi da spendere = più profitti.

Questi sono i 3 modi principali per portare soldi nella tua azienda e accetta questo consiglio: OGGI, senza rimandare, devi stendere il tuo Piano di Sviluppo e il relativo Modello di Business perché quello che stai facendo oggi potrebbe portarti ancora più distante da dove vuoi realmente arrivare!

Per aiutarti ancora di più, vediamo uno ad uno i 4 tipi di business e quale piano di sviluppo si potrebbe creare:

Piano di sviluppo di un’attività locale.

Partiamo dall’attività locale (ad esempio un negozio, un locale, etc.).

Come metodo di guadagno base è facile: vendo prodotti o servizi al pubblico.

Il ristorante vende cibo, la discoteca vende drink, il negozio di abbigliamento vende vestiti, l’agenzia viaggi vende viaggi.

Il modo più facile per aumentare i metodi di guadagno orizzontale è quello di aumentare i prodotti a catalogo per target diversi.

Il negozio di abbigliamento inizia ad esporre gli occhiali, la piadineria inizia a vendere gli hamburger e l’agenzia viaggi i biglietti dei concerti.

Ovvio che chi fa queste scelte spera che la stessa persona che entra per acquistare il prodotto principale compri anche il resto, ma sono comunque target diversi.

Capita che quello che gioca a rugby può aver bisogno anche delle scarpette da running per correre, ma il rugbista e il runner sono due target diversi, con due bisogni diversi, che vanno cercati in maniera diversa. Mi sono spiegato?

Altri metodi per ampliare i guadagni in orizzontale possono essere:

  • Aprire una seconda sede
  • Creare un secondo Brand per un target diverso
  • Avviare un’attività di formazione nel tuo settore
  • Avviare un’attività di Franchising
  • Creare una linea di prodotti specializzata per un target sensibile (vegani, vegetariani, etc.)
  • Avviare un e-commerce

I metodi di guadagno verticale in questo caso sono due: ampliare i prodotti del catalogo per gli stessi clienti oppure aumentare i prezzi di vendita.

Sembrano cose banali ma ti garantisco che servono moltissimo a chiarire le idee.

Un negozio di vestiti può acquisire una collezione nuova coerente con il suo posizionamento oppure aggiungere al catalogo dei prodotti che aumentino lo scontrino medio, come i fazzoletti da giacca, le cinture e tutti gli accessori che potrebbero comprare i clienti che hai già.

La domanda è sempre la stessa: ‘Quanti soldi hanno in tasca i tuoi clienti che potrebbero dare a te?’.

Aumentare i prezzi è un altro metodo per aumentare i profitti in verticale.

Aumentare i prezzi spesso non è una cosa facile e veloce e richiede le stesse tattiche di marketing impiegate per lanciare un nuovo Brand.

Occorre lavorare sull’Autoriting del Brand (vedremo dopo come), sulle P.R. e sul valore percepito dei tuoi prodotti.

Passiamo al Piano di Sviluppo: devi pensare a come svilupperai il tuo business nel tempo, come lo ‘sposterai’ da una categoria all’altra e come scalerai i vari livelli di guadagno.


Scollegarsi dall’azienda e creare un business ‘in-a-box’ (tradotto: ‘attività che sta in una scatola’), che significa avere un’azienda completamente autonoma che si può spostare e vendere a piacimento.

Se non si raggiunge questo primo step, fare un piano di sviluppo è praticamente impossibile.

È per questo che uno dei paragrafi di questo articolo è dedicato a come si crea un’azienda ‘in-a-box’, dove l’imprenditore (cioè tu) ambisce a diventare la persona più inutile dell’organigramma.

Ti anticipo alcune azioni chiave (che il più delle volte vengono trascurate o sbagliate) per rendere un’azienda autonoma e scalabile:

  • Lavorare sull’Autoriting del Personal Brand
  • Non associare al Personal Brand nessuna attività operativa
  • Responsabilizzare in modo chiaro i collaboratori e condividere con loro il valore dell’azienda
  • Creare procedure interne per ogni cosa (rifiutare l’idea di fare due volte la stessa cosa senza una procedura)
  • Creare una Scala di Vendita (ne parleremo nel quinto volume)
  • Definire il listino prezzi già ipotizzando che l’azienda deve sostenersi in autonomia

Dopo aver fatto questo, è possibile fare un sacco di belle cose, come fare ‘cash out’ (detto anche ‘exit’), cioè vendere l’azienda ad un concorrente che vuole ingrandirsi o ad un fornitore che vuole inglobare la tua attività per creare una filiera interna.

Per fare un buon ‘cash out’ bisogna aumentare gradualmente il valore del negozio, del locale o del ristorante e poi venderlo per acquistarne un altro.

Sarò ripetitivo come un disco techno ma permettimi di evidenziarti come, in funzione di quale piano di sviluppo si sceglie, si da vita ad un business completamente diverso.

Fare business per vendere la propria azienda è completamente diverso rispetto a farlo per aumentare le sedi o aprire un proprio franchising.

Piano di sviluppo di un’attività on-line.

Nel Business on-line il metodo di guadagno più immediato è la vendita di prodotti (o info-prodotti) o servizi attraverso un sito.

I metodi per aumentare i profitti in orizzontale sono pressoché uguali a quelli citati per il negozio, e in più c’è anche la vendita di pubblicità qualora il sito abbia numeri di visite interessanti e targettizzate.

Anche i metodi per aumentare i profitti in verticale si rifanno molto a quelli di un negozio fisico.

Stessa cosa per il Piano di sviluppo: prima rendo scalabile il business, poi è possibile fare programmi di affiliazione, ovvero si apre la possibilità di vendere il prodotto/servizio a qualcun altro in cambio di provvigioni sul venduto.

È possibile ampliare il territorio di diffusione, internazionalizzare, fare ‘cash out’ del sito, oppure creare un brand di prodotto proprio.

Piano di sviluppo di un’azienda di servizi.

Per l’azienda di servizi i metodi di guadagno base sono abbastanza scontati: vendere i propri servizi principali al pubblico.

L’aumento di profitti in orizzontale passa per l’aumento dei servizi (o prodotti) a catalogo che possono essere propri o di terzi (aumento del guadagno tramite provvigione).

L’aumento di profitti in verticale implica l’ampliamento di servizi (o prodotti) a catalogo per gli stessi clienti o l’aumento dei prezzi.

Questa strada è più percorribile per aziende che vendono servizi rispetto a prodotti, poiché generalmente sono meno confrontabili.

Il piano di sviluppo in questo caso è leggermente diverso perché le aziende di servizi devono puntare sullo sviluppo delle risorse umane e sulla ‘duplicazione di un metodo’.

Insomma: per aumentare le vendite di un servizio bisogna ‘brevettarlo’ e avere più persone possibile che sappiano farlo.
Per ‘brevettarlo’ intendo ideare un METODO, un proprio modello unico e differenziato dai concorrenti per erogare il servizio.

Creare un ‘Metodo’ può portare a sviluppi interessanti: ad esempio spostarsi da un’azienda che ‘eroga’ il servizio al cliente finale ad un’azienda che forma i professionisti ad usare quel metodo.

Dei buoni esempi di questo piano di sviluppo sono stati la PNL, il Counseling, il Coaching, il Pilates, il CrossFit e diverse tipologie di terapia, come la TBS (Terapia Breve Strategica) di Giorgio Nardone.

Tutti i fondatori di questi brand di servizi sono partiti operando direttamente sui clienti o pazienti, e poi sono passati alla creazione di un loro modello.

Hanno scalato in modo importante il loro business quando si sono spostati di target, passando dal lavorare con il pubblico finale ad insegnare a quelli che prima erano i loro concorrenti, dando loro in LICENZA il loro processo.

Questo è un ottimo esempio per spiegarti cosa intendo quando dico ‘scalare la categoria di mercato’, e cioè: trasformare i tuoi concorrenti in CLIENTI.

Piano di sviluppo di un’azienda di produzione.

L’azienda di produzione è simile all’azienda di servizi, solo che è focalizzata sul prodotto.

Questo rende più complessa, lunga e articolata la strategia di marketing per aumentare i prezzi e generalmente più costosa e impegnativa la duplicazione delle risorse produttive.

I metodi per ampliare i profitti dovresti averli capiti.

Il Piano di Sviluppo di un’azienda di produzione che produce conto terzi passa indubbiamente per la creazione di un nuovo brand proprio (chiamato Private-Label) che la metta in contatto con il cliente finale e aumenti la marginalità.

Ok, sono in conclusione di questo capitolo, come hai scoperto un’azienda con un business model ben progettato non ha colli di bottiglia ‘imprevisti’ nel suo percorso, ha delle fondamenta solide e quindi può crescere a piacimento.

È qui che si fa la differenza tra essere parte del 99,8 % degli imprenditori che chiude entro i 5 anni o non riesce comunque ad uscire mai dallo stato di micro-impresa a conduzione propria e far parte dello 0,2% di imprenditori che prosperano anche in condizioni di crisi nera.

In questo capitolo hai imparato una cosa molto preziosa, che spesso fa la differenza tra vivere e morire per un’azienda.

E non importa quanto sei grande e strutturato adesso, puoi avere un palazzo tutto tuo o essere da solo e lavorare da casa, non importa … quello che importa è che inizi a progettare la tua azienda con un Piano di Sviluppo.

Come si crea un’azienda ‘in-a-box’.

I 2 passaggi chiave che rendono un imprenditore l’essere umano più inutile nella sua azienda.

Abbiamo capito che:

Ma dobbiamo chiarire un punto importante: non è possibile creare un’azienda’ in-a-box’ senza un Sistema di Vendita (cioè senza brand, un sistema di acquisizione clienti e un modello di vendita), non puoi farlo.

Il Sistema di Vendita è l’ingrediente base per creare solide fondamenta e sviluppare un’azienda, è come la farina per una torta.
Una volta chiaro questo, la tua priorità dovrebbe essere rispondere a questa domanda: ‘Da dove parto per costruire in meno tempo possibile un Sistema di Vendita per la mia azienda?’

Ti rispondo subito: si parte dalla creazione di un brand, il primo passo è questo.

Che cosa è un brand? Il brand è un prodotto o un servizio, un’azienda o una persona che ha una SUA identità (quindi un Nome, un Logo, uno Slogan, un Posizionamento, etc.).

La parola ‘brandizzare’ deriva dalla parola ‘marchiare a fuoco’, quella che si utilizzava per il bestiame e ahimè in passato anche per gli schiavi.

La marchiatura a fuoco serviva fondamentalmente ad una cosa: a riconoscere la proprietà delle bestie o degli schiavi. Essendo tutti simili agli occhi del padrone, ci volevo un numero sulla schiena o sul collo per DISTINGUERLI dagli altri.

Da qui nasce la parola ‘Brand’: un’azienda che senza quel NOME sarebbe uguale a tutte le altre.

Le persone comprano quel nome, non quello che c’è dietro.

Esistono Brand di Aziende, Brand di Prodotti o Servizi e Personal Brand.


(Se è UNICO e diverso dagli altri in qualcosa ovviamente).

È lampante che non tutti i Brand hanno successo: alcuni sono posizionati bene, sono riconosciuti dalla massa e ricordati, altri invece vengono completamente ignorati o dimenticati nel giro di poco tempo.

Perché questo accade? Il primo motivo è perché questi Brand non sono percepiti OGGETTIVAMENTE diversi dagli altri dai consumatori!

La seconda azienda che ho aperto si chiama ‘HRA Italia srl’: si occupa di formazione e sviluppo risorse umane e nel 2012 ne ho venduto le quote ad una S.p.a. italiana.

Quando l’ho avviata, tra il 2006 e il 2007, avevo già bene in mente l’importanza di fare pubblicità e anche l’importanza di vendere nel modo corretto … eppure con questa società non sono mai riuscito ad aumentare il fatturato oltre i 250 K/anno.

Avevo provato tutte le strategie possibili immaginabili per cercare clienti, avevo dal mio punto di vista un buon prodotto da vendere e parlavo con tanti clienti, ma pochi mi sceglievano e quelli che lo facevano stai sicuro che trattavano sul prezzo.

Io odiavo trattare sul prezzo.

Mi sembrava di sminuire il mio lavoro e di insultare la fiducia del cliente stesso concedendogli uno sconto … ma dovevo cedere se volevo portare a casa il contratto.

La mia situazione nel 2007 non era diversa da quella di molti miei clienti: non guadagnano male, ma lavorano come dei pazzi e devono trattare sul prezzo.

Ho capito qualche anno dopo come uscire da questa situazione.

Il problema non era il marketing operativo e nemmeno le tecniche di vendita, ma era il POSIZIONAMENTO che avevo e che aveva l’azienda, o per meglio dire ‘che non avevo/a’!

Ero percepito come ‘una delle centinaia alternative a disposizione su internet o sulle pagine gialle, uno dei tantissimi coach, formatori, consulenti che dicono di insegnare agli altri a vendere’.

Il mio errore è stato pensare che agire sul prodotto, sul marketing e sulla vendita avrebbe cambiato le cose. Poi ho capito che le cose non cambiano finché non diventi ‘OGGETTIVAMENTE diverso dagli altri’.

Ed ora voglio condividere con te quello che ho capito in questi anni su come riuscirci.

La PRIORITA’ di ogni azienda è essere percepiti OGGETTIVAMENTE diversi dai concorrenti: i 4 step per riuscire ad esserlo.

Il principale problema dietro l’insuccesso di un’azienda è essere percepito come commodities, cioè ‘aziende uguali a tante altre che vendono prodotti (o servizi) uguali a tanti altri’.

Credimi, se mi chiedessero qual è la causa di mortalità più frequente nelle aziende, risponderei senza dubbio questo: Il fatto che i clienti non le percepiscano in qualche modo diverse dai concorrenti.


Non c’è strategia di marketing che possa funzionare quando non c’è un posizionamento, una differenza che ti renda OGGETTIVAMENTE diverso dai concorrenti agli occhi dei clienti.

Quando chiedo ad un imprenditore a bruciapelo: ‘Cosa ti differenzia dai tuoi concorrenti?’ difficilmente non ricevo una risposta … tutti rispondono.

Il problema è che quello che esce dalle loro bocche il più delle volte non può essere usato al fine del posizionamento di brand:

‘Siamo i più affidabili’

‘Abbiamo i prodotti migliori’
‘Abbiamo i dipendenti migliori’

Queste frasi non hanno il minimo appeal sul consumatore, sostanzialmente per due ragioni:

Primo perché sono le stesse cose che potrebbe dire qualsiasi altro concorrente.

Se tu dici: ‘Io sono disponibile’, è difficile che qualcuno dica il contrario, cioè: ‘Io non sono disponibile e al diavolo il cliente che rompe troppo!’.

Se tu dici: ‘Io ho un prodotto di qualità’, voglio vedere quale concorrente dice il contrario …

Ecco qui la prima lezione concreta di Brand Positioning:

Quando fai un’affermazione che TUTTI i tuoi concorrenti potrebbero fare,
hai appena detto una cosa inutile al tuo posizionamento.

Secondo perché NON sono motivi ‘OGGETTIVI’.

Quando dichiari un ‘attributo differenziante’ devi sempre chiederti: ‘Come lo dimostro OGGETTIVAMENTE?’

Se non hai una risposta a questa domanda, hai tra le mani un’altra cosa inutile ai fini del posizionamento.

Giusto per non lasciare spazio a nessuna incomprensione, quando dico ‘oggettivo’ intendo dimostrabile, ovvero con delle prove che dimostrino la veridicità di quello che stai dicendo.

Non sei più solo tu che parli di te stesso, ma ci sono NUMERI, DATI e PROVE che dimostrano il tuo posizionamento.

4 domande per  posizionare il tuo prodotto e la tua azienda.

Per capire come posizionare te, il tuo prodotto o la tua azienda in modo oggettivo, ti ho preparato 4 domande chiave a cui devi rispondere:

DOMANDA #1: Qual è il motivo per cui i clienti comprano da te e non da altri?

Disponibilità, onestà e competenza … queste sono tutte cose ”soggettive’ che tutti i tuoi concorrenti potrebbero dire.

Dire: ‘Io ti porto a creare un Sistema di Vendita completo in 60 giorni’ non è soggettivo, è oggettivo.

Il fatto che non ci sia nessun altro che lo faccia in Italia e che io sia il primo in assoluto che ha ideato un programma del genere non è soggettivo, è oggettivo.

Il fatto che ti porti la pizza a casa e se la pizza è fredda te la riconsegno gratis, non è soggettivo è oggettivo.

Il fatto che se compri le scarpe sul mio sito io ti pago sia le spedizioni di consegna che di reso, non è soggettivo è oggettivo.

DOMANDA #2: Questo motivo (attributo differenziante) è sostenibile nel tempo?

Esistono Attributi differenzianti insostenibili, che funzionano come pesanti massi di ferro su una piccola nave: la portano a fondo.

Il primo esempio è “il prezzo basso”, cioè vendere la stessa cosa che vendono gli altri ma ad un prezzo più basso.

Non è sempre deleterio usare questo attributo differenziante, ma è STRETTAMENTE necessario avere un business model molto ben progettato per evitare di fallire.

Solitamente si fa marketing per vendere a prezzi più alti, non più bassi, perché prezzi bassi implicano riduzione costante delle risorse e quindi impossibilità di sviluppo, a meno che non si lavori sulla quantità.

Secondo esempio di A.D. insostenibile è la disponibilità: ‘Io sono più disponibile degli altri e se mi chiami a mezzanotte, quegli scansafatiche dei miei concorrenti non ti rispondono, mentre io mi sveglio e corro da te! Sabato e domenica inclusi, 365 giorni l’anno!’

Oppure, peggio ancora: ‘Io sono disponibile per i clienti più piccoli/con più problemi/con meno soldi/etc.’

Se il primo esempio portava alla carestia economica, questo attributo differenziante porta alla carestia di tempo: in pratica ti mette in una prigione.

I primi colli di bottiglia riguardano l‘intasamento della tua giornata lavorativa o anche qui la diminuzione drastica della redditività e non c’è modo di uscirne: tu e i tuoi dipendenti sarete sempre più alla mercé dei capricci di clienti che non hai tolto ai tuoi concorrenti, ma che probabilmente loro stessi hanno cacciato!

Ti ritrovi a lavorare con il peggio del peggio del mercato e per questo di clienti sono sicuro che ne avrai sempre.

Terzo esempio di attributo differenziante insostenibile sono le ‘condizioni extra’ che concedi ai clienti pur di acquisirli (azzeramento delle Regole di Ingaggio).

Altro modo tanto comodo e facile di trovare nuovi clienti quanto deleterio per il business: dare di più equivale ad aumentare i costi e diminuire i ricavi.

Gli effetti deleteri sono gli stessi del primo esempio di Attributo Differenziante Insostenibile (quello del prezzo basso).

Insomma, la morale è questa: quando hai un Attributo Differenziante Insostenibile le tragedie sono dietro l’angolo.

Ho provato in prima persona cosa vuol dire quando durante i primi anni di università ho fatto il gelataio.

Lavoravo in una gelateria di paese, una gelateria piccolissima ma che fatturava discretamente.

I motivi per cui le persone affollavano quel buco quadrato sia in inverno che in estate erano principalmente 2: il primo era Franco, il titolare onnipresente che tutti cercavano per la sua simpatia, il secondo era il pistacchio, fuori ogni dubbio il miglior gelato al pistacchio nell’arco di 50 Km.

Oggi tante gelaterie fanno un buon pistacchio, ma 15 anni fa non era così: arrivava gente da 40 o anche 50 km per comprare una vaschetta da 1 Kg tutta di pistacchio.

Quale può essere il problema quando hai clienti che sono disposti a farsi 1 ora di strada per venire nella tua gelateria?
Il primo problema era che la gelateria era sempre intasata.

Occhio che quando ti ho detto che era un buco non esagero: lo spazio davanti al vetro dei gelati per i clienti era di MENO di 2 metri quadrati e non era inusuale che la coda arrivasse direttamente in strada.

E Franco cosa ha deciso di fare? Di aprire la seconda sede, a 10 Km di distanza: stesso pistacchio, front man diverso.
Ma stavolta Franco vuole sbragare e apre in un Centro Commerciale.

I presupposti sono ottimi, i risultati catastrofici: dopo poco più di un anno la seconda gelateria chiude, gli altri due dipendenti licenziati e il sottoscritto è richiamato a lavorare nel buco quadrato.

Stavolta però Franco ha un paio di anni difficili davanti a sé perché le ferite della seconda attività faranno fatica a guarire.
Cosa è andato storto?

Un ADI: Se Franco non c’è i clienti non ballano. Il pistacchio da solo sembra che non bastasse.

La mia esperienza di gelataio durò un anno e mezzo e mi ha insegno diverse cose, la più importante è questa: quando hai un ADI e l’ADI sei tu, allora NON aprire un’altra sede. O cambi AD o ti rassegni a lavorare sodo per tutta la vita nello stesso posto.

Prigioniero della tua stessa azienda.

Oggi Franco è ancora un grande gelataio e ancora chiuso nella sua gelateria.

DOMANDA #3: Se dovessi aumentare i prezzi e diminuire le condizioni a vantaggio del cliente, quanti clienti perderesti? (o quanti ne perderesti in più rispetto a quelli che perdi normalmente oggi?)

Se aumentassi del 10, 15 o del 20% i prezzi, quanti clienti ti mollerebbero?

Quando penso a questa domanda non posso che non pensare al caso ‘MASTERmind con Marco Belzani’.

Le MASTERmind sono degli eventi dal vivo che ho tenuto tra il 2017 e il 2019 in cui invece che ‘spiegare i concetti’ ai presenti, li facevo assistere a delle consulenze dal vivo in diretta.

La prima MASTERmind l’ho fatta a Verona nel giugno del 2017. L’ultima edizione si è svolta a Ottobre del 2019 a Milano e in 9 edizioni ho generato un incremento di oltre il 1.000 % sul prezzo di partecipazione.

In pratica ho aumentato il prezzo del biglietto in 2 anni di 12 VOLTE (da 200 € a 2.500 €).

Ma sarà diminuito il numero di partecipanti dirai tu. E invece no, anzi: il numero di partecipanti ad ogni data è aumentato del 600 %: dagli 11 imprenditori presenti alla prima MASTERmind ai 60 dell’ultima edizione.

Com’è possibile questa cosa?

È possibile perché l’attributo differenziante della MASTERmind è stato pensato in modo intelligente: non ho creato il solito evento di formazione sul marketing. Ho creato qualcosa che mancava e di cui gli imprenditori avevano bisogno come il pane: vedere all’opera un esperto di marketing invece che sentir parlare un esperto di marketing.

Vederlo all’opera su AZIENDE VERE con problemi REALI e quotidiani.

Quando hai un AD che ha un senso, in linea di massima puoi permetterti di aumentare (più o meno velocemente) i prezzi e le tue regole di ingaggio, senza che questo vada a farti diminuire i clienti.

Ma se ti basta aumentare di 1 € il prezzo del tuo prodotto/servizio per convincere una buona fetta di clienti a comprare da un tuo concorrente, allora non è un buon segno.

Sei percepito come una commodity: un’azienda priva di potere e senza controllo, l’equivalente di una barca senza timone che dipende esclusivamente dall’andamento del mare.

Certo non basta pensare a diminuire i prezzi, devi anche AUMENTARE LE REGOLE DI INGAGGIO, ad esempio prova a dire ai clienti: ‘Da domani non potrai più parlare con me per le trattative …’.

Argh! Che tragedia!

Le persone se possono scegliere vogliono sempre parlare con chi comanda (il titolare).

Anche qui, concedi una condizione che piace al cliente, ma che NON è sostenibile … e se perdi tanti clienti una volta tolta questa condizione significa che sei lontano dall’avere un Brand posizionato in modo oggettivo.

DOMANDA #4: Il tuo prodotto servizio si vende da solo, è facile da vendere?

Un paio di settimane fa parlavo con un’imprenditrice che sta lanciando un nuovo brand di abbigliamento, pantaloni nello specifico.

Aveva grosse difficoltà a far prendere quota alle vendite di questi pantaloni, eppure a sentir lei gli unici due problemi che non aveva erano nel prodotto e nella vendita.

“Tutte le volte che mi trovo davanti un nuovo cliente e GLI PARLO del prodotto, lui non mi resiste e compra!”

Questo lascia effettivamente intendere che il prodotto vada bene … c’è solo un problema che la vendita non è delegabile.

Il business inizia quando non sono più i venditori a vendere, ma è il Brand che si vende da solo.

Il problema maggiore di questo prodotto era che aveva BISOGNO di essere SPIEGATO da qualcuno di bravo ed efficace per essere acquistato.

Un Brand ben posizionato viene comprato da solo, non servono venditori eccezionali per venderlo.

Se tu hai bisogno di chiacchierare, di spiegare per vendere il tuo prodotto il problema è nel brand che non è posizionato nella mente del cliente e non significa nulla per lui.


E avere un brand ben posizionato vuol dire:

  • Avere un motivo oggettivo per essere scelto tra tutte le alternative sul mercato.
  • Poter aumentare i prezzi e diminuire le condizioni di vendita.
  • Poter aumentare le regole di ingaggio (cioè le regole che imponi al cliente per poter parlare con te o un tuo venditore).

Che si vende da solo, e quindi non necessiti di venditori ‘super dotati’ difficilissimi da trovare e da sostituire, ma di semplici persone con un minimo di abilità comunicativa, facili da trovare e sostituire.

Ma il vero VANTAGGIO di avere un brand ben posizionato è che tu puoi creagli intorno un sistema di vendita completo, cosa che altrimenti NON ti è possibile fare.

Servi tu per venderlo. Servono venditori eccezionali che attraverso la loro parlantina convincano il cliente a dire si.
Ma questo non è fare business … è fare semplicemente vendita spinta, che non è il motivo per cui siamo in questo gruppo, giusto?

Arrivati a questo punto non dovresti più avere dubbi su cosa voglia dire avere un brand posizionato, ma questo non significa che tu sia pronto ad averne uno … prima devi sapere le difficoltà nascoste che comporta questa scelta.

“Ogni azienda dovrebbe avere 2 piani a lungo termine: uno che spiega cosa fare se le cose si mettono male e uno che spiega cosa fare se le cose si mettono troppo bene. Questo è il Piano di Sviluppo.”

Crescita e sviluppo di un’azienda.

Ci siamo, come ti avevo promesso c’è una cosa molto importante che devi decidere nei prossimi 20 minuti. Se non prenderai questa decisione, tutte le prossime scelte che farai saranno compromesse o estremamente difficili da prendere.

Tieni presente che ti darò due alternative, proprio come quel simpaticone di Morpheus con Neo in Matrix. A seconda di quella che sceglierai, come Neo, il tuo destino cambierà per sempre.

Sei pronto? Molto bene, let’s go. Il marketing e la vendita, se usati in modo strategico, possono portarti in due direzioni diverse:


Crescita e sviluppo non sono sinonimi, tutt’altro: sono due strade molto diverse. Immagina che la tua azienda sia una casa. Farla crescere vuol dire ristrutturare la casa, dargli una sistemata generale e ottimizzare gli spazi che hai.  Sviluppare invece, vuol dire demolire la casa e rifare le fondamenta per creare un condominio.

L’obiettivo della crescita è portare la tua azienda al massimo del suo potenziale, lasciando invariato il modello di business e la struttura generale
(ovvero le fondamenta). Prendi un ristorante per esempio. Portarlo al collo di bottiglia significa avere il 100 % di tasso di occupazione su tutti i giorni di apertura e alzare lo scontrino medio al massimo concesso.

Come avrai intuito la crescita ha un limite, nell’esempio che ti ho appena fatto questo limite è dato dallo scontrino medio moltiplicato per il numero di clienti in un anno. A quel punto puoi mantenere la rotta o vendere l’azienda. L’obiettivo dello sviluppo invece è portare il tuo business al MASSIMO del suo potenziale, riprogettando il modello di business.

Riprendendo l’esempio del ristorante: sviluppare significa progettare l’apertura di una catena, di un franchising, di brand interni, di un personal brand … insomma ripensare le fondamenta per creare il condominio più alto possibile.

Fino a pochi anni fa davo per scontato che tutti gli imprenditori volessero sviluppare la loro azienda, e quindi progettavo la loro strategia di conseguenza. Il problema è che se un imprenditore vuole crescere e io gli imposto una strategia per sviluppare, vado a complicargli la vita per nulla. Tutto è più facile se si vuole solo crescere.

È come pianificare un allenamento da maratoneta quando il cliente vuole solo riuscire a fare il giro dell’isolato senza avere il fiatone.

Per aiutarti a decidere ho sintetizzato nella tabella qui sotto le differenze tra crescita e sviluppo:

Deciso?

Se sei in dubbio, allora decido io per te e optiamo per ‘crescere’. Primo perché in linea di massima è sempre prioritario migliorare quello che si ha piuttosto che creare qualcosa di nuovo.

Secondo, perché la crescita è necessaria per lo sviluppo, quindi se iniziamo a crescere potremo sempre passare ad un piano di sviluppo senza aver perso tempo e soldi, mentre lo sviluppo non è necessario se vuoi solo crescere.

I 4 Modelli di Sviluppo aziendale.

Ci sono 4 modelli principali di sviluppo di un’azienda, e sono:

  1. La crescita autonoma (crescere di struttura con le proprie risorse)
  2. La crescita finanziata (crescere si struttura grazie e risorse di terzi)
  3. Licensing (crescere vendendo la licenza di un brand)
  4. Franchising (crescere tramite affiliati)

Ti elenco qui di seguito i pro e i contro dei vari modelli, secondo la mia esperienza personale e diretta:

La crescita autonoma.

PRO: Detieni il 100 % del capitale, hai massima libertà nelle scelte, Nessun rischio di takeover (persone/aziende che si vogliono impossessare dell’azienda)

CONTRO
: Crescita lenta, dato che richiede soldi personali, Difficile fare salti quantici.

La Crescita Finanziata.

PRO: La crescita può essere veloce, Consente salti quantici, Puoi accedere a esperti di un livello alto e a risorse produttive competitive.

CONTRO
: Perdi libertà decisionale, La crescita deve essere alta per giustificare l’investimento (in alcuni casi non è possibile), Impone una gestione oculata e due livelli di diligence.

Il Licesing.

PRO: Guadagni da singoli pezzi di valore, Guadagno passivo, Totalmente scalabile, Privo di rischi.

CONTRO
: Ha una data di scadenza (poco controllo sulla durata e sull’innovazione), Rischio di staccare l’attenzione e smettere di innovare il prodotto/servizio dato in licenza.


Quando usare il licesing:

  • Elementi progettati e di valore
  • Software
  • Brand (ad esempio con il merchandising)
  • Proprietà intellettuale (ad esempio un libro)
  • Campagne marketing (o testing)
  • Tecnologia

Il Franchising.

PRO: Veloce, Consente il salto quantico, Flussi di cassa buoni (se studiato bene e fatto in grande), Il rischio viene delegato al franchisee.

CONTRO
: Bisogna gestire gli affiliati (o pochi e docili oppure meglio tanti), Aggiunge un secondo livello di lavoro, Si brucia marginalità, A conviene di più mettere un tuo dipendente (se non c’è rischio di business) e crescere in proprio.


Questo è il vero ‘business in a box’, infatti è un azienda dove tanti piccoli imprenditori operano secondo sistemi creati da un imprenditore più grande.


Buona parte dei franchising non sono studiati per imprenditori nel vero senso della parola.

Il target ideale dei franchisor sono persone che vorrebbero mettersi in proprio ma non sono in grado da sole, persone che vogliono portare a casa uno stipendio semi-sicuro, anche se lavorano il doppio, ma essere titolari di loro stesse.

Un’altra parte di franchise sono imprenditori seriali che usano il franchising come investimento.


Infine c’è una piccola parte di imprenditori veri (i franchising studiati per imprenditori sono molto rari, un esempio è Mc Donald’s). 


Quando si evolve un’azienda in un franchising è come se si avviasse un’altra azienda, con diversi livelli do complessità.

L’accesso ai capitali.

I capitali dell’azienda.

I capitali sono i soldi di cui può disporre un’azienda.

Metaforicamente parlando, i soldi stanno all’azienda come il sangue sta all’essere umano. I capitali possono essere usati in moltissimi modi: per fare investimenti, acquisire risorse, know-how, macchinari, licenze ed in generale sfruttare opportunità per svilupparsi e crescere.


Avrai già intuito che nessuna delle 20 Aree del Sistema Aziendale migliorerà da sola e senza costi: ognuna richiede un budget dedicato, che devi attingere dal capitale dell’azienda. Iniziamo col dire che esistono due tipi di capitali:

  1. Capitali INTERNI all’azienda (cioè prodotti dall’azienda stessa)
  2. Capitali ESTERNI all’azienda (cioè richiesti a persone, enti o altre aziende)

In una situazione ideale, un’azienda dovrebbe avere un flusso di cassa positivo che garantisca capitali puliti ad ogni ciclo di lavoro.

Se questo non succede, ovvero per ogni commessa/cliente hai un flusso di cassa NEGATIVO, la priorità relativa della tua azienda è molto probabile che sia questa. E se questo è il caso, ti dico fin da subito che difficilmente sarà una priorità più alta di questa.

Perdere soldi ad ogni cliente che entra, o comunque non guadagnarne abbastanza da sostentare i costi fissi dell’azienda, è un’emorragia che va fermata il prima possibile!

Tuttavia, andare a toccare i capitali interni potrebbe essere comunque una priorità, anche se non ci sono emorragie in corso. Sai quando succede?

Quando i flussi di cassa di una vendita sono nettamente inferiori a quelli che potremmo ottenere apportando piccole modifiche, come:

  • cambiare il prezzo dei prodotti;
  • ridefinire alcune politiche di sconto;
  • modificare le condizioni di consegna ed erogazione.

Se questa è la tua priorità, il mio consiglio è di fare un’analisi dei costi e delle schede prodotto è cercare di individuare rimedi rapidi. Passiamo ora ai capitali esterni.

I capitali esterni sono più conosciuti con il nome: ‘debiti’, e a differenza di quello che si pensa, non sono sempre una cosa negativa, anzi: alcune volte sono necessari e strategici. Non pensare che un’azienda debba ricorrere a capitali esterni solo perché è in difficoltà, perché i capitali servono anche per cogliere opportunità, scalare ed ingrandirsi (ad esempio comprando un concorrente).

Di solito i capitali prodotti da un’azienda non crescono in modo proporzionale alle sue possibilità di crescita e sviluppo, per cui diventa necessario accedere a dei capitali esterni se si vuole mettere il turbo.


Se capita una buona occasione per acquisire un concorrente, lo puoi comprare?
Se capita una buona occasione per raddoppiare la produzione, lo puoi fare?
Se capita una buona occasione per aprire una sede distaccata in Romania, lo puoi fare?
Se c’è un piano marketing convincente, lo puoi applicare?


I parametri di decisione dovrebbero essere solo la bontà dell’investimento e le implicazioni sul business. I capitali non dovrebbero MAI essere un problema per un’azienda solida e che si muove con un piano dettagliato. Se si decide che una cosa va fatta e non si hanno capitali interni, semplicemente si cercheranno all’esterno.

Parto sempre dal presupposto che qualsiasi piccolo imprenditore è stato in grado di trovare soldi per aprire la sua azienda (molto probabilmente anche tu). I soldi non c’erano, ma lui ha ritenuto intelligente l’investimento e l’ha fatto.


Il problema è che la maggior parte delle volte l’investimento non si dimostra così intelligente, o comunque non perfettamente calcolato, e così il piccolo imprenditore inizia a diffidare dei debiti e a ritenerli un qualcosa di pericoloso.


Da questo momento inizia a cambiare il suo metodo decisionale da ‘imprenditoriale’ ad ‘impiegatizio’. È questo uno dei motivi per cui la maggior parte delle aziende blocca la sua crescita.


“L’imprenditore vero sa che non sono i debiti ad essere pericolosi, ma i debiti contratti senza un piano”.


Sinceramente, detto tra me e te, tu sapresti come spendere un milione di €uro nel marketing se te li procurassi?

Se mettessi in mano un milione di euro ad un piccolo-medio imprenditore e gli chiedessi come li spenderebbe, il più delle volte non mi fornirebbe una risposta concreta.

Ecco un’altra grossa differenza tra imprenditori: l’Imprenditore con la ‘I’ maiuscola è sempre a caccia di denaro perché ha più progetti di quelli che riesce a mettere a terra.

L’imprenditore con la ‘i’ minuscola non cerca soldi perché non saprebbe come spenderli. È curioso sapere che tutti gli imprenditori vogliono più soldi, ma alla domanda di come li investirebbero, solo una minima parte sa rispondere.

Questo dovrebbe farti ragionare sul fatto che i capitali sono importanti, ma solo se hai una visione d’insieme della tua strategia e sai come spenderli. Chi dispone di capitali ha 4 vantaggi principali:


VANTAGGIO #1
: Aumentano i livelli di protezione (più capitali hai e più alti sono gli investimenti che fai nel tuo settore e più alte saranno le barriere d’ingresso al tuo business).


VANTAGGIO #2
: Si accelera la crescita e lo sviluppo (alla fine del programma definiamo sempre molti più progetti di quelli che riusciremo a portare a termine con le risorse ed il budget di cui si dispone.


Ovvio però che, se il budget salta fuori, aumentano anche i progetti che si possono realizzare e quindi la crescita e lo sviluppo dell’azienda diventano più veloci. Come mi sembra di averti già accennato: i soldi non ti aiutano con la strategia, ma se hai la strategia giusta ti fanno andare più veloce).


VANTAGGIO #3
: Accesso ad un know-how migliore (grazie ai capitali si può avere accesso a consulenti con più esperienza, a collaboratori più specializzati e a risorse tecnologicamente più avanzate).


VANTAGGIO #4:
Cogliere più opportunità (avendo capitali è possibile accedere ad opportunità che se non cogli tu, possono cogliere i tuoi concorrenti, lasciandoti indietro).

Le 2 fonti di capitale esterno.

Ci sono due modi per ottenere capitali da fonti esterne (investitori, banche, istituti, soci, etc.), e si differenziano per lo più dal metodo di restituzione del capitale:

Il primo metodo per ottenere capitali è l’Equity.

In questo caso il capitale ti viene dato da terzi, e gli viene rimborsato in modo equo attraverso:

  • delle quote societarie;
  • delle fi sulle vendite;
  • dei premi a risultato raggiunto.

In ogni caso non è garantita la restituzione del capitale. L’investitore che offre denaro in modalità ‘Equity’ sa (o dovrebbe sapere) che potrà recuperare il suo denaro e avere dei profitti SOLO se l’azienda raggiungere determinati risultati.

Si capisce che questa forma di finanziamento comporta un rischio connesso alla strategia d’impresa. Una cosa a cui devi prestare molta attenzione (soprattutto quando usi capitali di terzi) sono le promesse che fai.

In Italia non c’è una cultura così evoluta riguardo l’Equity, e la maggior parte di chi investe nelle aziende non è sempre in grado di valutare il rischio che corre
, così si ‘fida’ delle persone.


Il problema è che se non sei chiaro e limpido fin dall’inizio, rischi di tirarti addosso la collera di quelle persone che ti hanno dato dei soldi ma senza avere la consapevolezza che stavano facendo un investimento ad alto rischio.

Il secondo metodo sono i capitali a Debito.

Sono quelli erogati dalla banca o dai cosiddetti ‘finanziatori puri’. In questo caso il loro rischio NON è connesso ai risultati dell’azienda: si stabiliscono degli interessi ed il debito viene estinto in ogni caso, indipendentemente dagli avvenimenti.

Ora non ti resta che fermarti un attimo e valutare il livello di priorità assoluta di quest’ultima Area del Blocco 0. Fai una valutazione sul tuo flusso di cassa e chiediti se è sufficiente o necessita di un intervento.


Poi guardati intorno a 360 gradi e verifica che non ci siano opportunità di crescita e sviluppo che non stai cogliendo solo per un problema di disponibilità di capitali.


Fatti la domanda:
‘Se non avessi problemi di soldi, quali investimenti farei per la mia azienda?’, se le risposte ti convincono e secondo te possono avere un grande impatto sulla tua azienda, allora trovare capitali è una priorità da valutare.

Ricorda che l’importante nel metodo Prioteck™ è valutare tutto SENZA tralasciare nulla: solo così potremmo definire in modo sistematico le tue priorità relative.

Il piano di sviluppo dell’imprenditore.

Ti dirò la verità, e fai attenzione perché forse sarò il primo e l’unico che lo farà in questi termini.

Ogni formatore e consulente di marketing, vendita o di business che incontrerai (me compreso) commette un peccato etico che ha le stesse radici delle più grandi truffe della storia, incluse quelle della nostra connazionale Wanna Marchi. In gergo questo peccato si chiama: Over-Promising, cioè promettere più di quello che si può mantenere.

Certo, Wanna e figlia ci andavano giù pesanti, ma non ha forse la stessa radice dire ad una persona che può vincere 10 Milioni al Super Enalotto comprando un barattolo di sale da 500 € e dire ad un imprenditore che può arrivare al successo comprando un corso da 2.000 €?

Noi consulenti e formatori, spesso non sottolineiamo come dovremmo che non si può ottenere nessun risultato senza un ingrediente FUORI dal nostro controllo: la parte che deve metterci l’imprenditore. Diciamo che questo è un tentativo per lavarmi un po’ la coscienza da questo peccato, visto che sicuramente anch’io talvolta posso averlo commesso.

D’altronde bisogna vendere, e per farlo occorre dare l’idea che l’oggetto della vendita sia l’UNICO ingrediente che ti manca per ottenere ciò che hai sempre desiderato.

La vendita è questo: convincere che la panacea di tutti i mali risiede in un unico, singolo prodotto o servizio … proprio quello che ti stanno proponendo.
Solo che non è MAI così: un risultato è sempre la SOMMA di tanti ingredienti, ma di uno solo.

Se Cristiano Ronaldo vendesse un corso per diventare un grande campione di calcio, la prima cosa che penserebbero migliaia di aspiranti calciatori è: ‘Finalmente quello che mi serve per diventare un campione!’.

La verità è che CR7 può insegnarti a modo suo a giocare a calcio, ma NESSUNO, neanche il più grande di tutti i campioni, può prometterti di farti diventare un campione.

Ogni consulente marketing, formatore, coach e venditore di questa terra fa lo stesso … DEVONO farlo … altrimenti le loro vendite si arenerebbero come una vecchia balena stanca. Non c’è scritto da nessuna parte però, che devono farlo con te.

Il primo passo è conoscere la verità sui risultati: le tue competenze sono FONDAMENTALI per ottenerli, a prescindere dagli strumenti, dalle informazioni e dai professionisti che acquisti.

Le competenze imprenditoriali sono fondamentali per i seguenti motivi:

1) Perché ti danno un maggiore controllo sui progetti
(non puoi controllare qualcosa che non conosci).
2) Perché ti permettono di delegare con più consapevolezza (non puoi delegare qualcosa che non conosci).
3) Perché ti aiutano a dare un maggior contributo alla strategia (servono almeno due teste per fare una strategia, e per metterci la tua devi padroneggiare tutte le materie base).

Per dirla in poche parole: senza competenze non ti sarà possibile fare il salto di qualità.  L’imprenditore moderno per avere successo deve essere competente su tutto e aggiornato su tutto.

La regola che mi sono posto è: MAI iniziare qualcosa senza prima avere almeno una competenza base su quell’argomento. E se è una questione importante, allora la mia competenza deve essere maggiore.

Non sai quante volte ho commesso l’errore di iniziare qualcosa confidando sull’etica, sulla responsabilità e sulle competenze degli altri …. e immancabilmente tutto si arenava o non portava risultati. Senza il contributo dell’imprenditore, i progetti non hanno quel valore aggiunto che serve a fare la differenza.

Vedila così:


Così, quando ho voluto avviare una rivista senza sapere nulla di editoria né di riviste, ho fatto l’elenco delle competenze base che mi servivano per padroneggiare l’argomento, e le ho apprese prima di fare la prima mossa.

Quando ho avviato il progetto della Community su Facebook e ho deciso di pubblicare questo libro, idem.

Nella scala generale delle priorità, lo sviluppo delle competenze Q.B. (Quanto Basta) è il primo gradino di qualsiasi progetto.

Il grande fraintendimento riguardo le competenze dell’imprenditore.

Fin qui ti ho parlato semplicemente di ‘competenze’, ma adesso facciamo un passo avanti e dividiamo questo concetto in 3 diversi significati:

  • Abilità (ciò che sei bravo o portato a fare)
  • Conoscenze (ciò che sai)
  • Capacità (ciò che sai fare).

N.B. Sono definizioni che gli ho dato io, non sono universali.

Le abilità
non hanno fine nell’apprendimento. Sono connesse alle cosiddette ‘soft-skill’ come la comunicazione efficace, il public speaking, la leadership, la capacità di apprendimento, etc. Le conoscenze invece sono le informazioni che hai acquisito.

Le capacità infine, sono le cose che si è in grado di fare: scrivere un articolo, fare un video, leggere un bilancio, etc.
A differenza delle abilità, le capacità hanno una fine ben definita nell’apprendimento (almeno nella loro versione 1.0).

Il grande fraintendimento quando si parla di competenze è quello che bisogna diventare un esperto di tutto per ottenere risultati.

Diventare esperto in tutto è impossibile e anche inutile dal punto di vista imprenditoriale, dato che non devi FARE per forza tutto tu.


Alcuni imprenditori basano la loro azienda sulle loro capacità, ad esempio gli artigiani, i consulenti e più in generale i fac-totum. Altri basano la loro azienda sulle loro conoscenze e altri ancora sulle loro abilità, ad esempio i commerciali.

L’errore è solo basare la propria azienda su una categoria di competenza sola. Un imprenditore deve le sue competenze in modalità 1.0.

La versione 1.0 delle competenze la definisco ‘Q.B.’, come in cucina: ‘Quanto Basta’. Quando parlo di formazione Q.B., ecco cosa intendo:

  • Abilità: essere sufficiente in tutte le soft-skill.
  • Conoscenze: avere la visione d’insieme.
  • Capacità: saper fare la versione 1.0 di ogni cosa.

Ho trovato tanti modi per sviluppare competenze in modalità Q.B., ti riporto i 3 che ritengo più efficaci e rapidi:

Cercando Modelli (prendo spunti e studio chi è più bravo di me in quella materia).

Parlando con esperti o osservandoli (Non faccio spesso corsi di formazione per intero, se devo apprendere una capacità specifica il modo migliore è chiedere ad un esperto con esperienza personale. Meglio ancora se invece di spiegarmi, mi fa vedere come si fa).

Creando regole e nuove abitudini come leggere o ascoltare podcast in macchina o mentre mi alleno (è un metodo un po’ più lento, ma immergersi in un argomento leggendo libri o ascoltando audio/video è molto potente).

L’ELENCO DELLE COMPETENZE dell’imprenditore.

Sai una cosa? Nessuno è mai venuto da me e mi ha detto: ‘Tieni Marco, questo è l’elenco delle competenze che devi sviluppare per diventare un imprenditore completo!’.


Oggi voglio fare con te quello che nessuno ha mai fatto con me, e darti un elenco che vale d’oro. Partiamo con l’elenco delle Abilità base di un imprenditore:

  1. Trovare incongruenze e problemi.
  2. Saper individuare l’origine dei problemi.
  3. Fare scelte e difenderle.
  4. Energia e benessere personale.
  5. Focalizzare l’attenzione.
  6. Mettere a terra un progetto.
  7. Pianificazione.
  8. Sfruttare al meglio i consulenti.
  9. Motivare e ispirare le persone.
  10. Gestire un team.
  11. Persuadere e comunicare.
  12. Delegare e ottenere il massimo dalle persone.
  13. Stringere relazioni e partnership.
  14. Apprendere, schematizzare e ricordare.
  15. Creare Procedure (Asset Organizzativi).
  16. Creare Asset di Contenuti Video e Audio.
  17. Creare Asset di Contenuti Copy.
  18. Sapere misurare e leggere i KPI, le metriche e i segnali dell’azienda.

Riguardo le conoscenze e le capacità è impossibile fare un elenco perché sono davvero tante, ti basti sapere che quelle che hai acquisito in questo libro sono una buona parte.

Sicuramente sufficienti ad aumentare di molto il tuo livello attuale. L’Area delle Competenze diventa una priorità quando non stai producendo risultati in un certo ambito nonostante gli sforzi dello staff, a causa della tua incompetenza sull’argomento, oppure quando devi iniziare un progetto nuovo su cui non sai nulla o poco.

La protezione dell’azienda.

Il livello di protezione dell’azienda.

Il grande presupposto di questo capitolo è che la tua azienda non deve essere progettata soltanto per crescere, ma anche per essere PROTETTA come il tessoro di Gollum.

Giusto per chiarezza, con il termine ‘proteggere’ intendo:

  1. aumentare la difficoltà di ingresso alla nuova concorrenza;
  2. scoraggiare altre aziende a diventare concorrenti;
  3. tutelare i brand e i prodotti e servizi che vendi;
  4. tutelare i tuoi processi e le tue ‘differenze strategiche’;
  5. rendere complesso, lungo e costoso copiarti.

Sappi che se la tua azienda viene copiata, io e te dobbiamo essere contenti!

È un buon segno: sintomo che la tua strategia è efficace e altri concorrenti meno brillanti di te l’hanno presa a modello. Se, al contrario, nessuno ti copia … beh, vuol dire che sei l’ultimo della classe e c’è da preoccuparsi.

Detto questo, il problema non è risolto: se i tuoi concorrenti ti copiano e tu non sei protetto, rischi di trovarti con un pugno di mosche in mano e vanificare il lavoro di mesi o di anni (soprattutto se i concorrenti che ti copiano hanno molto più potere economico di te).

L’Italia è piena di inventori geniali, che però non hanno saputo proteggere le loro idee e sono rimasti a secco, ingrassando grandi aziende internazionali.

Vedi, le grandi aziende come Amazon, Booking.com, TripAdvisor, Google, etc. hanno una specie di occhio di Sauron sempre vigile su quello che fanno le piccole-medie aziende. Lo sanno che gli italiani cagano perle ogni mezza luna e appena succede, stai pur certo che non si fanno complimenti ad appropriarsene.

Il geniale ideatore della nuova app per cercare ristoranti con accesso ai cani ha fatto una sponsorizzata di 500 € su Facebook. TripAdvisor la vede, ci crea un brand e investe 2 milioni di €uro su Canale 5 con la pubblicità in prima serata. L’idea automaticamente diventa sua. Il geniale ideatore adesso deve inventarsi qualcos’altro.

È vero che il mercato premia ‘il primo della categoria’, ma il primo della categoria non è sempre l’ideatore originale ma è il ‘primo che arriva su canale 5’. La protezione è ancora più importante per le start up innovative o comunque per chi ha una nuova idea! E se è il tuo caso non puoi essere così sprovveduto da non capire che:

Se la tua idea non ha senso, non ha senso e basta.
Se la tua idea ha senso, il colosso del tuo settore se ne accorgerà subito e attiverà 1.000 volte il tuo potenziale economico per rubartela e svilupparla.

Come dico sempre: le idee non contano nulla, è il potere economico di realizzarle che conta. Devi capire amico mio che noi, piccoli imprenditori, viviamo in una piccola valle circondata da giganti.

Un passo del gigante equivale per noi a 5 giorni di cammino. Dobbiamo usare astuzia e strategia per battere i giganti e diventare noi stessi giganti, perché la legge nella valle è questa:

I giganti non vogliono altri giganti con cui spartire il territorio.

Detto questo, facciamo un po’ di ordine mentale sul concetto di protezione. Direi di partire da questo presupposto di base: in un mercato libero, tutto è copiabile.

I brevetti e le licenze hanno una scadenza, la tecnologia e le informazioni sono libere e altamente accessibili, le relazioni sono diventate molto più labili. Non puoi impedire in assoluto di copiarti, prendine atto. Quello che puoi fare però è:

  • Rendere molto difficile copiarti ai concorrenti piccoli.
  • Rendere più conveniente COMPRARTI che copiarti ai concorrenti grandi.

Il mercato libero non è molto diverso da una classe scolastica, in cui ci sono quelli intelligenti che producono alti voti e quelli stupidi, insieme ai fancazzisti, che cercano di copiare.


Le informazioni ormai contano fino ad un certo punto, non ha nessun senso tenerle segrete.

Per farti un esempio, prendiamo la Coca-Cola: è un’azienda con livelli di protezione invalicabili non perché tiene sottochiave la fantomatica ricetta, ma per l’affermazione che ha raggiunto il suo brand.

Anche se fosse possibile ricavare la ricetta esatta della Coca-Cola, non sarebbe comunque possibile fare concorrenza al brand perché non puoi mettere sulla bottiglia il nome ‘Coca-Cola’. E dal momento che ci metti ‘Spritz-Cola’, hai già perso.

In un mercato libero tutti copiano, magari anche tu l’hai fatto a volte, così come l’ho fatto io.

Solo che quando siamo noi a farlo ci sembra una cosa buona e giusta, mentre quando sono gli altri a farlo con noi ci puzza di frode intellettuale e ci girano gli zebedei. Copiare è un dato di fatto, non un’incognita:


In pratica aumentare il livello di protezione significa in primis questo: rendere più complesso e costoso copiarti. Alla fine si finisce sempre su un concetto di ‘protezione relativa’, perché se attiri l’attenzione di un colosso che vuole copiarti e dispone dei soldi e del tempo sufficienti, la verità è che non glielo puoi impedire.

Il fatto è che non sempre (anche per chi ha i soldi) copiare può risultare la scelta più vantaggiosa. Un imprenditore con il budget per acquistare un’azienda, fa sempre una valutazione comparativa tra copiare VS comprare.

“Il tuo obiettivo è sempre quello di fare in modo che comprarti sia più vantaggioso di copiarti”.

Per ottenere questo risultato, ti può aiutare molto progettare la tua azienda pensando sempre che dovrai venderla, anche se poi non la venderai mai.

Seguendo questa logica, entri nella mentalità giusta per aumentare il valore dell’azienda ed il suo livello di protezione. I vantaggi di aumentare il livello di protezione dell’azienda sono:

  • Più ti proteggi e più rendi complesso l’accesso al tuo business (alzi le barriere di ingresso, ovvero rendi più difficile a nuovi concorrenti di entrare nel tuo mercato).
  • Aumenta l’affermazione della tua azienda, poiché man mano che i clienti e i media percepiranno che stai attuando delle attività per proteggere i tuoi brand, ti attribuiranno in automatico più valore (da che mondo e mondo si da sempre più valore ad un baule incatenato e protetto rispetto ad un baule lasciato aperto ed incustodito, no?).
  • Aumenti il valore del tuo Sistema di Vendita e, più in generale, della tua azienda (una casa con un sistema d’allarme vale di più o di meno della stessa casa senza antifurto?).
  • Riduci il rischio di essere spazzato via da un concorrente più grande, che potrebbe vanificare tutti i tuoi sforzi ed appropriarsi della tua posizione di mercato.

COME AUMENTARE IL LIVELLO DI PROTEZIONE DELL’AZIENDA.

I modi per proteggere un’azienda sono davvero tanti, di seguito ti elenco gli 8 che ritengo più importanti:

Registrazione dei marchi.

Registrare un marchio oggi è abbastanza semplice, una di quelle cose che puoi fare anche in autonomia andando nella tua Camera di Commercio. Un’altra cosa che puoi proteggere, semplicemente acquistandoli, sono i tuoi domini Internet (sono gli spazi web che acquisti in internet).

Aumenta l’affermazione dei tuoi brand.

Questo l’abbiamo già detto: più un brand è affermato e più è difficile copiarlo.

Ad Armani, Coca-Cola e McDonald’s puoi anche copiare i prodotti, ma quello che non puoi copiare in quattro e quattr’otto è l’affermazione dei loro brand … e quanto vale lo stesso vestito senza l’etichetta di Armani? Quanto vale una Mercedes senza il simbolo sul cofano o un panino senza la scatola con la grande M gialla? Tanto quanto un Picasso falso.

Per aumentare l’affermazione del brand devi avere un Piano di Autoriting, altro punto fondamentale che progettiamo nel mio programma.

Crea un Modello Procedurale completo.

I processi aumentano la protezione perché aumentano la complessità nell’ottenere la massima efficienza.

È matematico: se grazie ai processi ed alla digitalizzazione riesci a creare un servizio che produce un risultato ottimale nel 98 % dei casi ad un costo inferiore del 50% rispetto alla concorrenza, hai tra le mani un grande valore che va assolutamente protetto.
Come per l’Autoriting, anche questo metodo di protezione ha un difetto: richiede tempo e non si può ottenere in fretta.

I macchinari aziendali.

Più i macchinari sono voluminosi e costosi e più creano soglie di ingresso al tuo business.

La tecnologia è sempre copiabile ma non è detto che tutti i concorrenti abbiano i capitali necessari per partire. Come dicevamo, la protezione è sempre relativa: ridurre le possibilità di copiarti e passare da 1.000 potenziali concorrenti a 10, è già un ottimo risultato.

Le Partnership territoriali.

Per spiegarti questo livello di protezione ti porto l’esempio di Rilòc, un’azienda che abbiamo seguito che si occupa di noleggio di mezzi da lavoro in tutta Italia.

Come attività di protezione Rilòc ha creato una rete di contatti con noleggiatori locali in tutta Italia, arrivando ad un totale di oltre 2.000 partner attivi. Anche creare una rete con 2.000 partner è copiabile, ma quanto tempo ci vuole?

I soci e i collaboratori.

Quando si hanno soci e collaboratori che pesano dal punto di vista delle competenze e dell’autorità, si genera un vantaggio competitivo quasi impossibile da copiare. Il know-how di conoscenza naturalmente è dato anche dalla tua formazione e dalla formazione delle risorse umane che compongono l’azienda, quindi può essere incrementato nel tempo.

Le licenze e i contratti con i fornitori.

Accordi particolari e vincolanti con fornitori, esclusive di zone o licenze di vendita: sono tutti elementi di protezione.  Certo, gli accordi possono essere cambiati e le licenze hanno sempre una scadenza, ma come sempre il nostro focus è sulla protezione relativa.

La produzione di contenuti.

La massa di contenuti che pubblichi (nelle diverse forme e su tutti i canali che hai a disposizione) aumenta il livello di protezione in 2 modi: primo aumentano l’affermazione del tuo brand, e secondo costituiscono una prova datata della tua proprietà intellettuale.

Come ti spiegavo all’inizio di questo capitolo, la protezione della tua attività è un processo ed il primo gradino consiste in un’analisi delle attività di valore ad alto rischio nella tua azienda. Devi individuare tutte quelle attività che hanno un grosso valore per te e per il tuo cliente finale e che fanno la differenza rispetto ai concorrenti.

Si chiamano ‘attività ad alto rischio’ perché se vengono copiate comportano un rischio più alto per la tua azienda, ed è per questo che si trovano sul primo gradino della scala.

Sono le prime attività da proteggere, quelle più prioritarie. Anche la protezione, così come qualsiasi altro tipo di attività, richiede un budget dedicato e questo ti fa capire quanto è importante stabilire le priorità.

Se fino a ieri dovevi decidere se spendere il tuo budget in advertising su Facebook, per rifare il sito o ristampare la brochure, alla fine di questo articolo avrai aperto gli occhi su centinaia di attività diverse in cui potresti investirlo! Ricorda un principio cardine di Prioteck™: tutte le attività hanno vantaggi e benefici potenziali, ma non tutte hanno lo stesso livello di priorità a meno che tu non abbia un budget illimitato, è fondamentale scoprire quali sono le priorità relative della tua azienda e focalizzarti SOLO su di esse.

Pianificazione Aziendale.

Una domanda che mi è stata posta più di una volta è stata: “Come fai Marco a gestire più società contemporaneamente?”

La risposta a questa domanda sta in una (apparentemente) semplice regola, che seguo in modo ferreo nella gestione delle mie aziende. Questa regola è: ‘Dare priorità alle priorità’. In altre parole:

Primo: non investo in niente se non sono sicuro che siano le attività ‘più prioritarie’ per la mia azienda,
Secondo: poi focalizzo tutto il mio tempo, i miei soldi e le mie energie in queste ATTIVITÀ.

Se questo fosse facile, questo paragrafo sarebbe finito qui: vai e prioritizzati!

Il problema è che trovare le VERE priorità e mantenere il focus su queste attività senza incorrere in tentazioni è dannatamente difficile: richiede sforzo, routine e soprattutto un METODO.

Alla fine però, ti posso garantire che non c’è soddisfazione migliore di vedere la tua creatura che cresce ad una velocità che non credevi possibile.

Sembra anche logico: meno cose fai e più le fai bene … la difficoltà sta nel capire quali sono le attività GIUSTE a cui dedicarsi. Perché se ti focalizzi su poche attività, ma poi si rivelano quelle sbagliate o comunque non prioritarie, il rischio è di:

  • Non creare ‘ricircolo’ di budget necessario a sostenere lo sviluppo dell’azienda, ovvero bruciare soldi in attività che non ti portano altro denaro e rimanere così a secco,
  • Perdere tempo, quindi regalare un vantaggio ai tuoi concorrenti che potrebbero essere più accorti di te ad usare le loro risorse,
  • Tornare sempre al punto di partenza, con un conseguente aumento della frustrazione e della demotivazione (tua e del tuo team).

“In termini ‘assoluti’ tutto potenzialmente è buono per la tua azienda, ma solo poche azioni sono le vere priorità”.

Ogni attività di marketing e vendita è potenzialmente ‘utile’: dal fare da sponsor ad una squadra di calcio a scrivere un libro, dall’incrementare le recensioni su Facebook al creare un tuo podcast, dal fare advertising con Google a rifare le tue vetrine … TUTTE queste attività sono ‘utili’ in termini assoluti, cioè ti portano potenziali vantaggi e benefici.

Il fatto è che non tutte queste attività hanno gli stessi costi, richiedono gli stessi sforzi e soprattutto ti danno lo stesso valore in termini di benefici.

Se vuoi crescere come imprenditore devi essere ferreo su questa regola: non perdere tempo e soldi con attività (giuste in termini assoluti) non prioritarie per te! E non puoi neanche metterti ad ascoltare i professionisti che vendono queste attività, perché partiranno sempre dal presupposto che la loro soluzione sia migliore rispetto alle altre … ma è sempre vero?

Fatti queste domande:

  • Hanno analizzato abbastanza a fondo la tua azienda per dirlo?
  • Guadagnano comunque se ti consigliano di NON comprare da loro?
  • Tengono conto che se investi soldi e tempo in qualcosa, trascuri automaticamente qualcos’altro che potrebbe essere più importante per lo sviluppo della tua azienda?

Spesso e volentieri, le risposte a queste domande sono tutte: NO.

Ho individuato più di 400 attività e progetti che puoi mettere a terra per aumentare l’affermazione dei tuoi brand, l’acquisizione clienti, le conversioni di vendita e i profitti della tua azienda.

“Il problema non è sapere quali azioni sono quelle più efficaci per te, ma quali sono quelle più prioritarie per te”.

Conosco molto da vicino la sensazione di confusione che prova un imprenditore quando inizia a cercare modi per far crescere il suo business.

Arrivano informazioni da tutte le parti, come i pezzi di un puzzle, e metterli insieme in un’immagine coerente so che non è per niente facile. Sottolineo che non voglio insegnarti nulla, ma solo condividere con te i miei errori e le lezioni più preziose che mi hanno insegnato, nella speranza tu possa evitarli o … farne di migliori!

Come ho ideato il metodo per trovare le priorità.

E’ poco più di 6 mesi che ho finito di lavorare a Prioteck™. Fino all’anno scorso sceglievo come investire il mio tempo e il mio budget di marketing in funzione della mia predisposizione o di cosa mi entusiasmava di più in quel momento.

In pratica definivo le mie priorità in modo ‘soggettivo’, a volte andava bene, altre volte ho scoperto a lavori conclusi che ci sarebbero stati modi decisamente migliori di spendere le mie risorse … se solo le avessi conosciuti prima! Provavo una grande frustrazione, la sensazione di essere sempre allo stesso punto nonostante gli sforzi che ogni giorno mettevo in campo e alla macchina di produzione perfetta che pensavo di avere.

Se non sei mai venuto nel mio quartier generale a Brescia non puoi saperlo, ma la mia sede è una vera e propria macchina da guerra a livello di ‘produzione idee’. Mi sono circondato di grafici, esperti di digital e web, copywriter, videomaker ed esperti di social media … e quando c’è qualcosa di nuovo da creare siamo veramente rapidi ed efficienti a partorirlo.

Fino all’anno scorso pensavo che avere un team operativo che riducesse i tempi di realizzazione delle idee fosse la chiave per un’azienda di successo. Quest’anno ho imparato che non sempre lo è.

E’ positivo se le attività su cui investi sono quelle giuste, ma può diventare DELETERIO (proprio nel senso che ti fa fallire più velocemente) se non ti assicuri al 100 % di quali sono le tue priorità prima di avviare un progetto.

Giusto per farmi male, ho fatto un bilancio dei progetti realizzati negli ultimi 2 anni dal mio team, che col senno di poi ho ritenuto non prioritari. La perdita in termini di risorse umane, advertising e materiale prodotto è stata di quasi 400 mila €uro.


Non so per te, ma per me è ancora una bella botta al cuore. E senza contare il mio tempo. Senza contare il tempo che ho regalato ai miei concorrenti.

Tutto questo è cambiato, come capita spesso, grazie ad un dubbio che ha cominciato a farsi strada nella mia testa all’inizio del 2019:

Così ho iniziato a studiare e applicare tecniche e processi mentali che mi aiutassero a definire in modo SISTEMATICO le mie priorità. Quello che ha reso tutto maledettamente complicato è stata la parolina: ‘sistematico’.

Cercavo un metodo che funzionasse sempre e riducesse al minimo il margine di errore, altrimenti non avrei potuto usarlo con sicurezza e soprattutto non avrei potuto condividerlo.

Se non hai dimestichezza con il termine, un ‘metodo sistematico’ è un processo che porta SEMPRE ad un risultato positivo, perché non tralascia nulla e si basa su leggi scientifiche. Un esempio di ‘metodo sistematico’ è quello che usa un robot per imparare a giocare a scacchi, che infatti si basa su queste tre leggi scientifiche:

  • Ogni attività ha un numero definito di informazioni da imparare (errori, strategie, regole, etc.).
  • Ognuna di queste informazioni può essere appresa tramite esperienza (sbaglio e imparo dall’errore).
  • Se continuo ad apprendere informazioni strategiche divento sempre più efficace a svolgere quell’attività.

La variabile incognita di un metodo sistematico è solo la VELOCITÀ con cui si ottiene il risultato, NON il risultato (quello è SEMPRE garantito).

Fatto sta che dopo mille peripezie, infinite Sprint Sessions (le nostre riunioni isolate a massima produttività), notti insonni a studiare e scrivere appunti (e dico sul serio), ho trovato un metodo, l’ho applicato ad una decina di aziende per collaudarlo e alla fine

Come definire le Priorità.

PERCHÉ SONO IMPORTANTI LE PRIORITÀ.

Non ci crederai, ma c’è stato un tempo in cui ero un appassionato di formazione. Non so neanche contare quanti consulenti e formatori abbia pagato e incontrato nella mia vita … ricordo solo che ognuno di loro mi ha sempre dato una valanga di idee per ampliare e sviluppare il mio business.

Lavora con LinkedIn, proteggi il tuo marchio, attiva un progetto di crowdfunding per raccogliere fondi, informati sulla blockchain, costruisci il tuo personal brand, scrivi un libro, digitalizza i processi, fai più video, crea un tuo podcast, …

E bada bene: molti di quelli che mi davano queste idee erano tutt’altro che sprovveduti e mi parlavano con cognizione di causa. Lo dimostrava il fatto che avevano diverse prove a sostegno delle loro tesi: quello che mi proponevano era l’arma vincente per sbloccarmi e fare il salto di qualità. Casi studio, testimonianze e a volte la loro stessa esperienza personale.

Non ho mai messo in dubbio che avessero ragione. Quello che mi dicevano era davvero importante … il problema è che quando l’ho applicato al mio caso, mi sono scontrato con l’amara realtà: non ha prodotto gli stessi risultati che aveva prodotto per loro e per i 10 imprenditori che avevano presentato come testimonianze.

Siamo alle solite: operazione perfettamente riuscita, unico, piccolo, dettaglio: il paziente è morto. Chi aveva sbagliato? Io ad applicare o loro a dirmi che quel progetto era di vitale importanza per me? Dopo quasi 10 anni di tentativi e una bella scorta di mazzate sulla schiena, sento di aver risolto il caso.

Il problema era naturalmente mio. Il problema era in quello che stavo cercando. Io stavo cercando qualcosa che mi facesse crescere, che aumentasse i miei risultati e diminuisse i miei sforzi … adesso so che stavo cercando la cosa sbagliata.

Oggi ho capito che quando un imprenditore vuole fare un salto di qualità, deve munirsi di 3 particolari informazioni prima di entrare nella bolgia dei corsi, dei libri e dei consulenti vari. 3 informazioni che gli permetteranno di controllare e padroneggiare il suo percorso, invece che SUBIRLO da qualcun altro.

Queste tre informazioni sono:

  1. Qual è il suo OBIETTIVO prossimo (sul breve periodo).
  2. Quali sono le AREE prioritarie su cui deve lavorare per raggiungere quell’obiettivo.
  3. Quali sono le AZIONI prioritarie da mettere a terra in quelle Aree, considerato il suo stato attuale, le sue risorse attuali e il suo livello come imprenditore.

Tu hai una storia diversa, parti da un punto diverso, hai risorse diverse e competenze diverse rispetto a chiunque altro: in altre parole sei unico, e di conseguenza le tue priorità sono UNICHE.

Quello che ho capito è che tutte le ‘call to action’ che mi davano consulenti, agenzie e formatori erano valide in termini ‘assoluti’ … il problema era che, proprio come un seme ha bisogno di un terreno fertile per dare i frutti, anche queste azioni avevano bisogno di ‘condizioni fertili’ per dare risultati.

Caliamoci in un esempio pratico, ti va? Mettiamo che leggi per sbaglio un libro di Al Ries e ti appassioni al Brand Positioning. Avendone capito l’importanza ‘assoluta’, acquisti un corso di un formatore e approfondisci la materia.

Al corso ti fanno capire senza troppi giri di parole, che se non trovi un attributo differenziante per la tua azienda non puoi sperare di muoverti di un millimetro da dove sei ora e anzi, rischi di fallire da un momento all’altro.

Mostrano diversi casi studio entusiasmanti e la storia del formatore lo dimostra: il posizionamento è alla base del suo successo!

Prima della fine dell’evento ti propongono un percorso di coaching e un programma avanzato per studiare la tua ‘differenza’ di mercato’. Lo acquisti e dedichi un altro anno a cercare di trovare il posizionamento della tua azienda. In qualche modo lo trovi ma … a guardarla bene la tua azienda, a parte il nome e un nuovo brand, alla fine è la stessa di prima.

Eppure, ti sembra di aver seguito più o meno alla lettera le indicazioni del brand positioning … una domanda ti rimbomba in mente senza tregua: perché non sei diventato anche tu un caso studio come quelli che ti hanno mostrato al corso?!?

Così inizi a cercare qualcos’altro e ti imbatti in un guru dell’info-marketing che ti dice che scrivere un libro è l’arma vincente di un imprenditore.

Il corso costa solo 297 € in promozione, lo acquisti per vedere di cosa si tratta e guarda un po’, ti fanno capire che senza un libro non puoi sperare di muoverti di un millimetro da dove sei ora e anzi, rischi di fallire da un momento all’altro.

Ecco, quello che ti ho appena descritto è il tipico vortice senza fine in cui si trova bloccato un imprenditore SENZA un obiettivo chiaro in testa e che NON conosce le sue priorità.

Ah, se avessi soldi e tempo infiniti, il problema non sussisterebbe: sarebbe bello fare tutto quello che ti propongono. Il problema è che quando hai le cartucce limitate, non solo non puoi fare tutto ma non puoi neanche permetterti di sparare colpi a vuoto.

E non è solo un problema di soldi o di tempo, ma anche di efficienza:


Perché vedi, ogni ‘piccola’ scelta che fai si trasforma in un progetto … ed ogni progetto comporta sempre dispendio di soldi e di tempo. Soldi e tempo investiti in cose giuste a livello ‘assoluto’, ma sbagliate a livello ‘relativo’ (cioè contestualizzato alla tua situazione).

Soldi e tempo che se investissi nelle tue priorità … beh, sarebbe tutt’altra musica.

Tutti i corsi e i libri che ho fatto nella mia vita mi hanno riempito di ‘pezzi del puzzle’, ed ogni volta che andavo ad un corso quotato o leggevo un libro interessante, non facevo altro che buttare altri pezzi del puzzle sul tavolo.

Per far crescere o sviluppare un’azienda, c’è una ‘sequenza di attività’ da rispettare, unica e diversa per ogni caso.

Per crescere o svilupparsi, ogni azienda è come se dovesse aprire una cassaforte. I numeri che compongono una combinazione sono tutti noti: dallo 0 al 9.

Le combinazioni però sono pressoché infinite e ogni azienda ha la sua. La difficoltà di ogni imprenditore non è conoscere i numeri della combinazione ma sapere qual è la sua combinazione: quali sono i numeri che deve usare prima e quali dopo!

“La questione non è sapere quali attività devi fare per crescere, ma qual è l’ORDINE con cui devi fare queste attività”.

È per questo che mi sono dedicato così tanto a cercare un metodo per definire le priorità. Senza questa informazione un imprenditore è perso e non può far altro che procedere per tentativi alla ricerca della combinazione giusta tra tutte le infinite combinazioni possibili.

E come ho già detto, le priorità sono ancora più importanti se hai un budget limitato di tempo e denaro. In situazione di scarsità di risorse, il margine di errore è ancora più basso.

È come una barca in navigazione: con l’acqua alta si può andare dove si vuole, ma con l’acqua bassa gli scogli emergono, e le manovre che ‘permettono’ le successive sono limitate e da scegliere con cura. Ancora una volta, Schettino e il Titanic insegnano.

Per dirla facile: quello che fai nei prossimi 3 mesi deve permettere il sostentamento di quello che farai nei successivi 3, altrimenti il meccanismo di crescita si blocca o devi mettere sempre tu mano al portafogli. Questo definisce le priorità: le azioni MIGLIORI che puoi fare nel prossimo ciclo di crescita per sostenere le azioni successive e non rompere il processo di crescita.

Poi, quando avrai budget sufficiente per acquistare poltrone in pelle umana, due segretarie in bikini e l’acquario dei dipendenti all’autista del tuo giardiniere privato allora, e solo allora, forse potrai smettere di muoverti per priorità.

Cerchiamo di fare un breve riepilogo sui benefici di muoverti per priorità invece che per ‘proposte’ e tentativi:

Eviti di sperperare tempo e denaro.

Tutti i consulenti che lavorano con me sono abituati a lavorare in stato di ‘scarsità di risorse’. Io AMO lo stato di scarsità di risorse, è da sempre stato il mio ambiente, come il buio per Batman. Per cui, non mi interessa quanti soldi ha il cliente, io lo abituo a pensare che le risorse siamo sempre poche, lì lì per finire.

E’ utile pensare in logica di ‘abbondanza’ quando pianifichi gli obiettivi o quando costruisci relazioni … ma credo che pensare in logica di ‘scarsità’ sia il modo migliore per aumentare le performance quando devi agire.


Quando mi trovo davanti ad un nuovo cliente che mi chiede: ‘Qual è Marco il più grande beneficio che mi darà partecipare a Prioteck™ Work?’ La risposta è: ‘Ti aiuterò a spendere al meglio i soldi che hai a disposizione, per avere più soldi a disposizione’.

Mantieni alto il livello di focalizzazione e di motivazione.

La motivazione e la pazienza tua e dei tuoi collaboratori non è infinita. Sbagli di grosso se lo credi. E se procedi per tentativi le metti a dura prova, rischiando di comprometterle in modo irreparabile. Tutti abbiamo bisogno di vedere risultati prima o poi.

Di avere la dimostrazione che non siamo fermi sempre allo stesso punto e che i nostri sforzi, in qualche modo, vengono premiati. Ci sono persone molto resilienti, ma tutti hanno un tempo finito di sopportazione nello stare in assenza di risultati.

Se i risultati non arrivano entro questo periodo, si perde fiducia in sé stessi e negli strumenti a disposizione … in altre parole: la tua crescita si blocca!

Investi ogni singolo Euro in modo intelligente.


Scegli i progetti su cui investire in base alle priorità e non in base alle proposte che ti arrivano.

Diventa tu il capitano della barca, smetti di essere lo zimbello del porto che si fa influenzare da qualsiasi marinaio con un minimo di capacità dialettica. Sbagliare l’ordine di priorità delle ‘cose da fare’ è l’errore più comune tra tutte le aziende italiane, comprese le mie, non sottovalutarlo MAI per favore.

Acceleri lo sviluppo della tua azienda al massimo livello.


Più sei focalizzato sulle priorità, e più veloce cresce la tua azienda. Immagina la tua azienda come un atleta: centrare le priorità è come centrare il mix di alimentazione, allenamento e abitudini che lo fanno performare di più.

COME SI DEFINISCONO LE PRIORITÀ? IL METODO PRIOTECK™.

Ci sono regole ben precise da seguire per definire nel modo corretto le priorità.

Esistono regole GENERALI adatte a tutti
(come quelle che hai letto negli esempi del capitolo precedente) e regole SPECIFICHE per il tuo caso.

Noi dobbiamo saperle entrambe se vogliamo evitare errori, che come hai visto non è affatto difficile commettere. Iniziamo con qualche semplice regola basata sul buon senso:

  • Prima di creare qualcosa di nuovo, migliora quello che già esiste e che stai già facendo: 9 volte su 10 costa di meno, è più facile da applicare e produce risultati con più velocità.
  • A parità di livello di priorità, è più prioritario il progetto più facile, meno costoso e più redditizio.
  • Le priorità finalizzate a risolvere problemi gravi e ricorsivi vengono prima delle priorità finalizzate a cogliere opportunità (per la serie: prima di far correre più veloce la nave, tappiamo i buchi dove entra l’acqua).[mb1]

Stringi stringi, ci sono solo due modi per definire le priorità in un’azienda:

  1. O con un metodo.
  2. O senza metodo.

Se non hai un metodo, le priorità si definiscono in modo casuale e incerto.

Un metodo è qualcosa che funziona sempre perché si basa su principi scientifici verificati, come le Leggi della natura, le Leggi psicologiche, le Leggi sociologiche o le Leggi fisiche. La forza di gravità è un esempio di queste Leggi, ma ci sono anche tante altre Leggi un po’ meno conosciute. Ti riporto quelle che mi hanno influenzato di più:

  • Legge del prezzo: più è alto il prezzo di un prodotto/servizio e più aumenta la nostra percezione del suo valore
  • Legge della scarsità: più una risorsa ci appare scarsa e più gli attribuiamo valore.
  • Legge della fiducia: le persone tendono a fidarsi di più di chi non ha interessi connessi alla loro decisione rispetto a chi ne ha.
  • Legge del focus: più ti concentri su una cosa e più essa cresce, su più cose ti concentri e più diluisci la tua influenza su di esse.
  • Legge della proceduralità: una procedura ben progettata porta ad un risultato standard, indipendentemente da chi la esegue.
  • Legge dell’entropia: se smetti di far evolvere un sistema e lo lasci a se stesso, la situazione generale tenderà a peggiorare.

Potrei elencartene a centinaia, come puoi vedere alcune sono logiche e intuitive, altre del tutto contro-intuitive.

Il grande vantaggio di agire seguendo un metodo, è che ti porta SEMPRE al risultato voluto: la variabile è solo il tempo, sappiamo che arriveremo, ma non sappiamo quando.

La tecnologia ad esempio si evolve con un metodo. Infatti, anche se non sappiamo QUANDO, abbiamo già la certezza che le automobili potranno guidare senza pilota o che molte malattie incurabili saranno in futuro curabili …

“Quando segui un metodo, non puoi sapere QUANDO otterrai il risultato, ma sai per certo CHE lo otterrai”.

Io sono un fan dei metodi. Ad oggi posso dire di essere l’unico consulente italiano a dare una garanzia VERA ai propri clienti sul risultato della mia consulenza e preciso: non tanto sulla soddisfazione del cliente, ma sugli effettivi risultati ottenuti.

Partiamo dal presupposto che questo articolo è stato scritto SOLO per quegli imprenditori che pur essendo ambiziosi, non amano perdere più tempo del necessario con corsi di formazione e libri.

L’ho scritto per gli imprenditori che vogliono arrivare alla pratica prima di stancarsi della teoria e vogliono avere qualcuno che li affianchi per dirgli in modo diretto e personalizzato qual è la strada migliore che devono percorrere per sviluppare (o far crescere) la loro azienda.

Per lo stesso motivo ho creato il primo programma strutturato per portare un libero professionista o un neo-imprenditore a creare un’azienda altamente profittevole (e avere 2 giorni liberi a settimana).

Creare questo programma è stata l’impresa più difficile della mia vita professionale. Ho impiegato più di 6 anni a progettare e migliorare questo programma.

Le sfide in questi anni sono state principalmente 3:

  1. Cercare di tenere il programma ad un costo sostenibile.
  2. Ottimizzare le attività dell’imprenditore (la maggior parte dei miei clienti lavora ancora tanto a livello operativo nella sua azienda quando mi contatta).
  3. Creare un metodo che porti SEMPRE ad un risultato positivo sul breve-medio periodo.

Per spronarmi a fare questo ho preso una decisione forte:

“Avrei rimborsato tutti gli imprenditori con i quali non sarei riuscito a produrre un risultato soddisfacente”.

E questo riesco a farlo SOLO grazie al metodo, perché so che se il mio programma viene seguito e la mia filosofia 1.0 rispettata, può essere in 6 mesi o 1 anno … ma i risultati arrivano sempre. Le leggi e i principi non hanno torto e non dipendono dal tuo settore. Se te lo stai chiedendo, sappi che sì, mi è capitato di fallire e di restituire i soldi ad alcuni clienti.

Quattro volte fino ad oggi per la precisione. Tutte e quattro le volte ho rimborsato i clienti, e loro mi hanno rilasciato una testimonianza scritta che mostro sempre con orgoglio (la coerenza è una merce rara, è facile parlare di garanzia, è un po’ più raro saper bonificare quando arriva il momento di farlo). Tutte e 4 le volte non siamo arrivati nemmeno a metà del programma.

Detto tra me e te, ho fatto questa scelta non tanto per ‘etica morale’ e nemmeno perché non sono attaccato ai soldi, che ancora, ti assicuro, non mi fanno schifo.

L’ho fatto perché era l’unico modo per spronare me e i miei collaboratori a migliorare e perfezionare il nostro lavoro con più efficacia ed efficienza.

La leva del dolore funziona sempre alla grande e restituire soldi già sul tuo conto corrente causa più dolore perfino di un insoluto, perché senti quei soldi già come tuoi.

Se l’hai fatto ancora sai bene di cosa sto parlando, altrimenti fidati: la tentazione di tenerseli e rinunciare alla tua parola è grande, ma io penso che se ti lasci andare a questa tentazione disintegri il pilastro portante della tua credibilità come essere umano, ergo: la tua parola. Niente ha più significato se falsifichi o rinunci alla tua parola.

Anche grazie a questo ‘escamotage’, oggi il mio è un programma quasi di precisione matematica, che fa compiere in pochi mesi ad un imprenditore un viaggio esperienziale senza precedenti e porta la sua azienda ad avere le fondamenta necessarie per diventare un’Azienda con la ‘A’ maiuscola.

“Tutto questo era per sottolinearti il potere di seguire un metodo”.

Il bello di usare un metodo, è che non puoi tralasciare nulla, neanche volendo. Perché quando segui un metodo c’è un percorso tracciato, fatto di step e principi, che non puoi fraintendere. Non è un problema se non ottieni subito il risultato: il metodo prevede la correzione e i principi ti danno la garanzia di essere sulla strada giusta.

Riesco a spiegarmi? Pensa per un attimo alla natura e a quanto ci dovrebbe essere sempre di grande ispirazione visto che (a parte quando l’uomo gli mette i bastoni fra le ruote), è un sistema piuttosto collaudato.

So che una leonessa usa un metodo per cacciare la gazzella perché se al primo tentativo non ci riesce, riparte da capo. Segue i principi, corregge il tiro e alla fine immancabilmente il cerchio si chiude, assieme alla sua mandibola sul collo della preda.

È l’imprenditore che non usa un metodo quando progetta la crescita e lo sviluppo della sua azienda, neanche per i progetti più banali … vuoi una prova?

Prendiamo una delle piaghe comuni alla maggior parte delle aziende ai giorni nostri: il perenne problema di avere il rotolo vuoto della carta igienica nei bagni dell’ufficio.

Di solito il problema emerge quando il titolare dell’azienda entra in bagno e scopre che manca la carta igienica. Quello screanzato che è entrato prima ha pensato bene di scaricare il problema sul prossimo utente del WC.

Carico di risentimento, il titolare medio cosa fa?

Appena esce dal bagno dice al primo che incontra che non c’è rispetto e che l’ha già detto mille volte che chi finisce la carta igienica deve cambiarla! (Te la immagini la leonessa che va dal leone a lamentarsi che le gazzelle sono diventate più veloci di questi ultimi tempi e che non ci sono più le prede di una volta?). Alla seconda volta che gli capita, il titolare si segna di dirlo alla prossima riunione con lo staff.

Al venticinquesimo episodio di rotolo penzolante, il nostro eroe si rassegna al fatto che i dipendenti non hanno rispetto degli spazi comuni e che a casa loro non si comporterebbero mai così! Riesci ad individuare quali sono i principi che hanno coordinato questa attività? Se vuoi un aiuto, eccoli:

  • Se urlo le persone fanno le cose più volentieri
  • Se spavento le persone, loro commetteranno meno errori
  • Dopo aver detto una cosa ai dipendenti, è automatico che loro la facciano
  • I dipendenti si comportano in azienda come a casa loro

Tutti questi principi non sono neanche lontanamente Leggi scientifiche verificate. Anzi, potrei dirti che sono anti-principi talmente sono sconnessi dalla verità. Non c’è da stupirsi che il problema non si risolva … ma che tu ci creda o no, questo problema può essere risolto a patto che tu segua un metodo.

Pronto alla rivelazione?

Il metodo per non trovarti mai più seduto nel cesso della tua azienda a guardare il triste foglietto di carta igienica penzolante lasciato lì da un tuo dipendente è:

  1. Crea una procedura (o delega la creazione di una procedura)
  2. Verifica se funziona (o delega la verifica)
  3. Se non funziona, scopri cosa non l’ha fatta funzionare e correggi la procedura
  4. Verifica la procedura
  5. Se non funziona procedi come sopra

E via così finché il problema non è risolto.

Con questo metodo è MATEMATICO che il problema si risolve in modo permanente e definitivo.  Magari ci vorranno 2 o 3 passaggi, ma è come con la leonessa e la gazzella: il cerchio si chiude sempre.

Ora cerca di proiettare questo esempio a tutti i problemi che coinvolgono la tua azienda (molti dei quali immagino siano anche più complessi e costosi di quello che abbiamo ironicamente usato qui sopra), e prova a usare lo stesso metodo risolutivo.

Ci sono centinaia di alternative possibili.

Ho contato più di 400 potenziali attività collegate allo sviluppo ed alla crescita di un’azienda.
La tua azienda (come qualsiasi altra) è un sistema complesso, con risorse diverse, uno storico diverso e delle dinamiche da rispettare e di cui tenere conto.

Le variabili che definiscono una priorità sono tantissime (costi, fattibilità, velocità, facilità, profitto, propedeuticità, etc.) e tutte queste variabili possono avere un peso diverso da azienda ad azienda a seconda del loro percorso e delle loro necessità del momento.

Alcune aziende hanno più necessità di soldi, altre di clienti, altre ancora di sistemi.

La morale finale è che per riuscire a trovare le priorità diminuendo al MINIMO il margine di errore, devi tener conto di tantissimi parametri che hanno una valenza diversa da caso a caso.

Se vuoi saperne di più ho scritto un articolo dove approfondisco uno ad uno quali sono i passaggi per trovare le priorità all’intereno della tua azienda:

Come trovare le priorità della tua azienda | Metodo Prioteck™️.

Le priorità relative.

Le priorità si dividono in ‘priorità assolute’ e ‘priorità relative’. La differenza è semplice: le prime non tengono conto delle tue risorse attuali (soldi, tempo, personale, etc.) e del contesto (il fatto che ci siano anche altre priorità), le seconde invece si.

Dopo aver definito tutte le Bleeding, le SmartHope e le Involver, e aver inquadrato nel modo corretto le relative A.M.I., ti chiederò di fare una specie di ‘inventario’ delle tue risorse disponibili.

Sto parlando di 3 risorse in particolare: il tuo tempo, il denaro che hai a disposizione e il tempo di altre persone che puoi mettere a disposizione per i progetti di crescita e sviluppo.

Abbiamo detto che il livello di ‘Priorità Assoluta’ è l’indicatore che non tiene conto di queste risorse.  Per definire il punteggio di priorità assoluta di un’attività, devi chiederti:

‘Se NON ci fossero altre priorità, e questa fosse l’unica area su cui intervenire, quanto sarebbe prioritaria da 1 a 10 per me?’.

Forse ti stai chiedendo a cosa serve definire le priorità assolute, e perché non tenere conto fin dall’inizio delle tue risorse. Ho scoperto che è utile ragionare in questo modo nella prima fase per diversi motivi:

  • Il primo si rifà alla Regola #1 di Prioteck™: non è possibile definire le tue reali priorità se non hai sott’occhio TUTTE le alternative. Prima trovi TUTTE le priorità in termini assoluti, poi scegli tra queste priorità quelle più prioritarie.

  • Non porti limiti di risorse (cioè immaginare di avere infinito tempo e denaro) aiuta la tua creatività imprenditoriale e riesce a tirar fuori più idee dalla tua testa.

  • Non riuscirai mai a crescere davvero se ti basi solo su quello che CREDI di poter fare in funzione di quello che hai adesso.

Chi dice che non potresti contrarre un debito per lavorare su una priorità che ritieni davvero importante?

  • Ti fornisce un Piano d’Azione più a lungo termine.

Anche se valuterai di non mettere a terra tutti i progetti che ti sono venuti in mente, potrai sempre farlo in futuro.

D’altronde, cos’è uno stratega se non colui che prevede le azioni future in anticipo rispetto agli altri?


Ci possono essere tante azioni ‘importanti’ e anche ‘urgenti’ … ma cosa fai se non hai i soldi, o il tempo, per poterle attuare tutte nel prossimo ciclo?

Devi fare una scelta.

Bingo, amico mio! Siamo arrivati al punto cruciale: definire le priorità significa fare scelte, e spesso fare scelte difficili.

Fare scelte difficili dev’essere pane per i tuoi denti se vuoi crescere come imprenditore”.

Le priorità relative sono le priorità REALI, perché sono quelle che hai scelto tra tutte le tue priorità. Parlo di priorità ‘relative’ perché ad un certo punto devi contestualizzare il tuo Piano d’Azione, e cioè:

1) Considerare tutte le possibili azioni
2) Considerare quello che hai effettivamente a disposizione (Tempo e denaro)

Se scopri di poter far tutto, non c’è problema, ma se sei anche tu del clan degli imprenditori con tempo e soldi limitati … beh, allora devi passare al concetto di Priorità Relative.

 “Le uniche priorità che contano quando si parla di PIANO D’AZIONE, sono quelle RELATIVE”.

La regola in definitiva è questa: prima stabilisci le priorità assolute (quindi metti in ordine di importanza le tue priorità), poi fai un inventario delle tue risorse attuali (tempo e denaro) per avere un’indicazione delle priorità relative: le priorità che riesci a gestire con le tue risorse.

LE 3 DIMENSIONI Delle PRIORITA’.

Ritorni a casa dopo un’intensa giornata di lavoro e davanti ai tuoi occhi appaiono due cose:

1) La tua compagna (o il tuo compagno), si fa trovare senza veli sul divano.
2) La casa è parzialmente allagata e l’acqua arriva ormai alle caviglie in tutte le stanze.

Cosa attira prima la tua attenzione?

Salvo gravi casi di astinenza prolungata, credo la seconda.

La logica generale che devi tenere a mente è questa:

Prima si definiscono le priorità in termini di risoluzione di problemi, poi si definiscono le priorità in termini di opportunita’.

 È importante che tu all’inizio definisca le priorità prima in termini di ‘problema’ per due ragioni principali:

1) Perché tappare i buchi nella nave (problema) è più importante di raddrizzare le vele per farla andare più veloce (opportunità),
2) Perché così potremo trovare più alternative come soluzione.

Se tu mi dicessi: ‘la mia priorità è aumentare i venditori’, oppure: ‘acquisire clienti’ o ancora: ‘avere un magazzino più grande’, avresti usato un’euristica mentale senza accorgertene.

In psicologia le ‘euristiche’ sono scorciatoie mentali inconsce che ci facilitano le decisioni: sono un ottimo strumento sulla quantità ma pessimo sulla qualità.

Negli esempi, le decisioni inconsce che avresti preso sono aver legato dei problemi (che non hai esplicitato) a delle tue personali soluzioni (aumentare i venditori, acquisire clienti e avere un magazzino più grande).

Le 3 domande da un milione di dollari sono:

1 ] I problemi a monte, quali sono?
2 ] Sicuro che siano problemi prioritari da risolvere?
3 ] Sicuro che la soluzione trovata sia la migliore tra tutte le possibili alternative?

Spesso e volentieri si ottiene un bel tris di no a queste domande, il che fa abbastanza intuire perché la definizione delle priorità in termini di problema è una regola cardine di Prioteck™.

Primo perché se il problema non è prioritario, è inutile dedicare tempo a cercare una soluzione adesso (lavoriamo sempre in scarsità di risorse, ricordi? Focus su ciò che è prioritario, il resto lo rimandiamo). Secondo: perché sfrutti molto di più la competenza dei consulenti.

È abbastanza comune negli imprenditori avere una creatività piuttosto limitata quando devono trovare la soluzione ad un problema.

E’ normale: essendo da anni immersi nel loro settore, hanno imparato a ragionare entro i limiti di quel settore. Le soluzioni sono sempre molte di più di quelle a cui che si pensa, ma serve una visione esperta dall’esterno, non contaminata dai limiti del settore, per scovarle.

Vediamo di capirci con uno dei miei soliti esempi: se vai da un personal trainer e dici di voler fare CrossFit, gli stai chiedendo direttamente la soluzione … in pratica stai rinunciando alla sua consulenza!

Se ti fermi a pensare al perché vuoi fare CrossFit e scopri che è per rafforzare i quadricipiti, al personal trainer chiederai una soluzione per questo problema, in questo modo sfrutterai molto di più la sua consulenza e ti si potranno aprire scenari a cui forse non avresti pensato.

E se vuoi sfruttare ancora di più le competenze del personal trainer, chiedigli di darti un suo parere sul fatto che rafforzare i quadricipiti sia una priorità per migliorare il tuo stato psico-fisico, perché può sempre succedere che ti scappi qualcosa, fidati. Ho chiamato i problemi prioritari ‘Bleeding’, tradotto: emorragie (da bene l’idea, no?).

Le emorragie non sono tutti i problemi che vedi nella tua azienda, ma solo quelli più importanti e urgenti da risolvere. Per capire se hai trovato una Bleeding, chiediti:

  • E’ un’attività che devo fare per forza?
  • Si tratta di un problema che se non risolvo, andrò incontro a grandi rischi e/o conseguenze gravi?
  • Se avessi un budget molto più limitato e molto meno tempo a disposizione, riterrei comunque urgente risolvere questo problema?

Se rispondi ‘Si’ a tutti i punti (nel caso della casa allagata, lo faresti), complimenti, hai trovato una Bleeding. Naturalmente potresti individuare problemi nella tua azienda ma NON avere emorragie, il che significa che i problemi vanno risolti senza un carattere di urgenza. In questo caso, i problemi che hai trovato hanno lo stesso livello di priorità di quelle che chiamo ‘Opportunità Smart’.

Una volta definite le Bleeding, è il turno delle opportunità. Le opportunità sono soluzioni SENZA il problema. Mi spiego: far andare la barca più veloce è una soluzione per accorciare i tempi di navigazione, ma metterci di più non è necessariamente un problema.

Acquisire più clienti tramite una partnership, sfruttare un bando europeo per recuperare il 50 % dei costi di sviluppo di un software, diminuire del 5 % i costi fissi dell’azienda … sono tutte opportunità. I lati negativi delle opportunità sono solo due: i costi e i tempi necessari per coglierle.

Ed è per questo che non ci è possibile correr dietro ad ogni opportunità che ci viene in mente, ma dobbiamo dare priorità alle opportunità più ‘smart’ (che ho abbreviato in ‘SmartHope’). Le SmartHope sono quel particolare tipo di opportunità, caratterizzate da:

1) Alta velocità di messa a punto,
2) Bassi costi di realizzazione,
3) Risultati allettanti.

In poche parole: le attività facili ed economiche che rendono tanto.

Una volta trovate le Bleeding e le SmartHope, il terzo livello di priorità è formato dalle ‘ottimizzazioni’ (da qui il nome ‘Involver’), cioè tutte quelle attività di miglioramento del sistema aziendale (creare un’Area che non esiste o migliorarne una che non funziona quanto dovrebbe).

Hai il permesso di dedicarti a quest’ultimo livello di priorità, solo se hai esaurito le Bleeding e le SmartHope e ti restano ancora risorse disponibili.

Il ragionamento è semplice: dopo aver gestito le emorragie e sfruttato le ‘opportunità smart’, il tuo compito come imprenditore è completare e migliorare il tuo Sistema Aziendale. Di solito è questo un altro errore comunissimo a molti imprenditori (io per primo): dare più priorità alle Involver perché danno la sensazione di ‘fare qualcosa di nuovo’.

Qui i guru del web e della formazione vanno a nozze: è molto più attraente e facile trovare un amante che cercare di migliorare il rapporto rovinato con il proprio partner ma … questo atteggiamento di solito non porta mai a nulla di buono.

Fare attività nuove è spesso associato all’idea di dare un bel colpo di spugna, aggiungere l’elemento che cambierà i tuoi risultati in modo definitivo … il problema è che non funziona così.

Le Involver (cioè creare cose nuove e dar vita a progetti nuovi) sono attività che prendo in considerazione solo se:

1) Non ci sono problemi (gravi o meno gravi da risolvere).
2) Non ci sono attività semplici ed economiche da fare per migliorare quello che ho già.

Ripetiamo una logica fondamentale della teoria delle priorità: prima di creare qualcosa di nuovo, miglioriamo quello che già funziona.

Questo applicato al nostro caso si traduce così: se dopo che hai ben definito le A.M.I. delle Bleeding e le hai valutate (cioè hai stimato quanto tempo e denaro richiedono), vedi quanti soldi e tempo ti resta. Puoi trovarti in 3 situazioni diverse:

Situazione 1:
Hai finito le risorse e hai ancora A.M.I. associate a Bleeding => Consiglio: fossi in te cercherei un modo per aumentare le tue risorse.


Situazione 2:
Hai finito le risorse e anche le Bleeding => Consiglio: valuta comunque le SmartHope per vedere se c’è qualcosa che può far valere la pena liberare o trovare altre risorse.


Situazione 3:
Hai ancora risorse => Consiglio: prosegui con la valutazione delle A.M.I. delle SmartHope e delle Involver finché ne hai.


Lo schema qui sotto lo spiega meglio di tante parole:


Piramide tipo ospedale: Rosso Bleending, Arancione SmartHope, Verde Involver.


Nota all’immagine: I livelli di priorità del metodo Prioteck™.

Non siamo ‘naturalmente’ abili nel definire le priorità.

‘Buona la Prima!’ Hai presente questa famosa massima usata a teatro?

Ecco, nel nostro caso non funziona quasi mai.

Quando nei Prioteck™ Work chiedo agli imprenditori che partecipano di dirmi a bruciapelo quali sono le loro priorità, ricevo un sacco di risposte diverse. Il problema è che queste risposte non sono solo diverse nel ‘contenuto’, ma anche nella ‘forma’.

Per farti un esempio, un imprenditore che ha problemi organizzativi nella sua azienda, potrebbe dirmi:

  • Non ho abbastanza tempo da dedicare alle mie attività imprenditoriali => Sintomo del problema
  • Mi mancano le procedure per delegare => Causa reale del problema
  • I dipendenti non mi ascoltano => Causa percettiva del problema o Implicazione del problema
  • Devo diminuire lo stress => Possibile Soluzione non specifica
  • Dobbiamo migliorare i dipendenti => Possibile Soluzione non specifica
  • Creiamo un modello procedurale => Possibile Soluzione specifica
  • Voglio che i miei dipendenti rendano di più => Obiettivo/Desiderio

Si vede a colpo d’occhio che queste frasi girano attorno allo stesso problema, ma lo definiscono da punti di vista completamente diversi. Solo 3 di queste forme sono utili a noi imprenditori, ed esattamente in questa sequenza:

  1. Sintomo del problema e Implicazione del problema (per definire i Bisogni Prioritari).
  2. Causa principale del problema (per inquadrare le vere priorità).
  3. La soluzione specifica (per definire le Azioni di Massimo Impatto, che poi sono quelle che ci servono).

Io uso un piccolo ‘test’ per capire se quella che ho messo sul piatto è una priorità definita nella giusta forma e, nel caso non lo sia, per renderla una priorità ‘ben definita’. L’ho chiamato ‘BOSS TEST’ (BOSS sta per Bisogno – Origine – Soluzione Specifica). Ti spiego subito come funziona.

Il concetto di fondo è questo: per definire una priorità nel modo corretto devi sapere distinguere il Bisogno, l’Origine di quel bisogno (che potremmo chiamare anche ‘causa’) e la Soluzione Specifica di quel bisogno. Per farlo, ogni volta che metti sul piatto una priorità, indipendentemente da come l’hai definita, basta che ti fai queste 3 domande in sequenza:

  1. Qual è il BISOGNO che soddisfa questa priorità?
  2. Qual è l’ORIGINE di questo bisogno?
  3. Qual è la SOLUZIONE SPECIFICA all’origine di questo bisogno?

Se impari questo semplice test, avrai la chiave per definire sempre le tue priorità nel modo corretto.

Se non lo fai, puoi anche avere la fortuna di indovinare l’area delle tue priorità, ma potresti non c’entrare la vera causa principale o la soluzione specifica che soddisfa pienamente il tuo bisogno. L’ennesima operazione riuscita con il paziente morto.

Voglio darti una piccola dimostrazione pratica del BOSS TEST. Ti riporto un colloquio immaginario tra me ed un imprenditore (che chiamerò Paolo), che rispecchia uno dei tanti dialoghi che capitano nei miei Prioteck™ Work.

Io: Paolo, qual è la tua priorità?

Paolo: Trovare più clienti.

Io: Qual è il BISOGNO che soddisfa questa priorità? Ovvero, PERCHE’ per te è importante avere più clienti?
Paolo: Per aumentare gli utili dell’azienda.

Io: Qual è l’ORIGINE di questo bisogno? Ovvero, PERCHE’ la mancanza di utili è diventata un problema?

Paolo: Per due motivi, primo perché abbiamo costi fissi molto alti, secondo perché su alcuni lavori guadagniamo troppo poco o addirittura perdiamo soldi.

Io: Qual è la SOLUZIONE all’origine di questo bisogno? Ovvero, qual è la prima azione da fare per abbassare i costi fissi e per evitare di perdere soldi sulle commesse?

Paolo: Beh, non saprei risponderti.

Io: Io inizierei facendo un’analisi dei costi fissi e migliorando la procedura che usate per fare i preventivi, potrebbero essere due soluzioni prioritarie per te.

Visto come funziona?

In questo modo troviamo non solo le priorità nella forma in cui ci vengono in mente, ma il trio: sintomo-causa-soluzione, cioè una definizione CORRETTA delle priorità.

Il BOSS TEST non è cosa da poco: nell’esempio siamo partiti da una priorità nell’acquisizione clienti e siamo arrivati a due priorità, una nell’area ‘capitali’ e l’altra nell’area ‘processo di vendita’.

Hai presente quanto valore ha questa informazione per Paolo?

Senza questo ragionamento, avrebbe investito tempo e denaro in attività che non solo non lo avrebbero portato da nessuna parte, non solo gli avrebbero fatto perdere risorse, ma è molto probabile che gli avrebbero creato molti più problemi di prima.

Prova ad esercitarti con il BOSS TEST su una qualsiasi tua priorità, e vedrai quanto può cambiare le prospettive questa semplice sequenza di domande.

Collegandoci alla regola #1 e completandola: non puoi definire le priorità se non hai davanti agli occhi tutte le alternative … DEFINITE nel modo corretto!

‘Ma è ancora presto per masturbarsi a vicenda’ disse il Signor Wolf in Pulp Ficton … c’è ancora una cosa da saper fare: definire nel modo corretto le Azioni di Massimo Impatto (che da qui in poi chiamerò per comodità A.M.I.). Ho stabilito 4 caratteristiche per aiutarti a capire quali sono le migliori A.M.I. associate alle tue soluzioni. Torniamo all’esempio di prima con l’imprenditore Paolo, siamo arrivati ad aver identificato 2 ipotetiche soluzioni, ricordi?

  • Fare un’analisi dei costi fissi.
  • Migliorare la procedura dei preventivi.

Queste soluzioni NON sono A.M.I. ben definite, perché:

1) Non sono AZIONI specifiche e ‘semplici’
, ma progetti composti da una serie di azioni non meglio specificate.
2) Non sono definite in termini APPLICATIVI (cioè non è esplicitato cosa fare, ma solo cosa ottenere).
3) Non è detto che siano la prima azione da fare per ottenere la soluzione.
4) Non è stata specificata la Versione 1.0 di questa azione (e questo potrebbe dar vita a fraintendimenti e ad un inutile dispersione di risorse).

I 4 parametri per ben definire una A.M.I. quindi sono:

  1. Azione semplice e che si può concludere in meno 4 ore,
  2. Definita in termini applicativi (dev’essere chiaro cosa fare, oltre a che cosa ottenere),
  3. Deve essere la prima azione della relativa ‘Scala di Priorità’,
  4. Deve essere la ‘Versione 1.0’ di quell’azione.

Ho introdotto alcune cose nuove, quindi faccio un passo indietro … inizio spiegandoti cosa intendo per ‘Scala di Priorità’. Ricordi la metafora della cassaforte?

Anche se non si vede, c’è sempre una combinazione ideale per arrivare alla fine di un progetto.

C’è una sequenza di azioni precisa da compiere prima di arrivare a qualsiasi traguardo o risultato … l’errore più comune tra gli imprenditori è proprio di non vedere questa sequenza e fare dopo quello che dovrebbe essere fatto prima o viceversa.

Invece una sequenza esiste per tutto.

Ho inventato il termine ‘Scale di Priorità’ per definire la sequenza di azioni IDEALE da seguire per ottenere un certo risultato.

Per esempio: prima di metterti ad acquisire clienti, cosa dovresti fare? La Scala di Priorità dell’acquisizione clienti ti da questa informazione, rende chiara una cosa che molto raramente lo è ad un imprenditore: l’ORDINE delle attività.

Voglio ricordarti ancora una volta che il compito di un bravo imprenditore è come quello di un bravo capitano: minimizzare gli sprechi e usare ogni singola risorsa nel migliore dei modi, così da ottenere il massimo risultato possibile dal sistema. Questo ti dicono le Scale di Priorità, e per questo sono così preziose.

Ne ho creata qualche decina in questi mesi, ogni volta che mi capita un progetto nuovo (creare e lanciare una rivista, scrivere un libro, far crescere un gruppo Facebook, trovare nuovi venditori, fare un evento di referral aziendale, etc.), mi fermo e creo la relativa Scala di Priorità, dal primo gradino all’ultimo. In altre parole, mi chiedo a ritroso: ‘Cosa devo fare prima di ottenere/raggiungere questo?’ E continuo a chiedermelo finché non ho creato tutti i gradini della Scala.

Non è più difficile di così, puoi provarci anche da solo.

Quando definisci una A.M.I. devi sempre assicurarti che sia sul primo gradino ‘scoperto’ della scala e, nel caso tu sia scoperto in tutti, allora che sia sul più basso in assoluto. D’altronde la combinazione per aprire la cassaforte inizia sempre dal primo numero, giusto?

Riguardo la Versione 1.0 te ne ho già parlato: devi sapere che della stessa azione ci possono essere tante versioni, ma a noi interessa soltanto la ‘1.0’, quella più ‘ESSENZIALMENTE EFFICACE’ o come diceva Einstein: la più semplice possibile, ma non troppo.

Per avere una A.M.I. ben definita, devi chiarire quali sono i ‘Fattori Critici di Efficacia’ della Versione 1.0. Quando hai davanti l’elenco delle tue A.M.I. non devi aver nessun dubbio sul fatto che siano il modo migliore di spendere il tuo tempo e i tuoi soldi nel prossimo ciclo di sviluppo.

E’ troppo generico usare come A.M.I.: ‘Pubblicare 5 articoli sul blog’. In questo modo lasci al caso troppe variabili, e a sto punto tanto vale non seguire neanche un metodo.

Il metodo funziona, come tutti i metodi, se non usa solo la tua creatività e viene seguito alla lettera … proprio come una ricetta: uscirebbe lo stesso dolce se seguissi le istruzioni fino alla fine ma poi, invece del forno a legna per 3 ore, usassi il microonde per 10 minuti? Ecco, la stessa cosa con Prioteck™: la sua forza è che non lascia niente al caso.

Nell’esempio suddetto, mancano i Fattori Critici di Efficacia degli articoli (quanto devono essere lunghi, il livello di qualità nella scrittura, l’originalità delle idee centrali, etc.), e senza non puoi inquadrare come si deve le priorità. Perché per ogni azione che decidi di attuare, proprio come per una bottiglia di vino, puoi spendere 10 € come 500, dipende dalla versione che scegli (la metafora del buco nella nave, ricordi?).

Per concludere, facciamo giusto un paio di esempi di A.M.I. ben definite.

Prendiamo il caso di Paolo e la soluzione: ‘Migliorare le procedure del preventivo’: Prima proviamo a creare la Scala di Priorità (NB: Quando crei la Scala di Priorità partendo da una soluzione non è detto che devi andare solo a ritroso con i gradini, puoi anche andare avanti e aggiungere gradini dopo).

Ti sarà più chiaro se leggi l’esempio:

Scala di Priorità:

  • Primo gradino: Fotografia vendita Prodotti attuale
  • Secondo gradino: Creare la Scheda Prodotto
  • Terzo gradino: Formazione ai venditori
  • Quarto gradino: Definire il processo di vendita
  • Quinto gradino: Creare le procedure del preventivo.
  • Sesto gradino: Formazione sulle procedure del preventivo.
  • Settimo gradino: Fissare il check di verifica della procedura.

P.S. Come ti dicevo, il sesto e il settimo gradini vengono dopo la soluzione identificata.

Ora, la domanda chiave è: ‘Prima di mettermi a creare la procedura del preventivo, sono a posto con gli altri gradini?’

Una risposta potrebbe essere: ‘So quello che devo vendere, ma non ho mai scritto una scheda prodotto’, e allora la A.M.I.
sarebbe creare la Scheda Prodotto Base (Si fa in circa 1 ora, è applicativa perché c’è una tabella apposita da compilare, rispetta la Scala delle Priorità ed è chiara la versione 1.0 dell’azione).

Oppure potresti rispondere: ‘I venditori sono bravi e abbiamo chiaro cosa vendere … non possiamo dire però di aver mai definito un vero e proprio processo di vendita’, e in questo caso non ha senso creare una procedura del preventivo se non è stato scritto il processo di vendita, quindi la A.M.I. diventerebbe: definire il processo di vendita completo (Si fa in circa 2 ora, è applicativo perché c’è una tabella apposita da compilare, rispetta la Scala delle Priorità ed è chiara la Versione 1.0 dell’azione).

Capito come funzionano le Scale di Priorità?

E’ come se ti dicessero: non ha senso fare quella cosa, se prima non hai fatto questa! Un nuovo strumento per te, che anche per il sottoscritto si è rivelato sempre molto, molto potente.

P.S. Qui sotto ti riporto la Scala di Priorità ‘Madre’, che ti fa vedere i passaggi obbligati per raggiungere qualsiasi risultati aziendale:

  • Primo gradino: Formazione Q.B. (Quanto Basta).
  • Secondo gradino: Consulenza Attuativa (Indicazioni su cosa devi fare).
  • Terzo gradino: Azione (Fare/Delegare).
  • Quarto gradino: Check (Indicazioni di miglioramento e correzione).

Te la argomento velocemente: Se vuoi ottenere un risultato devi partire dal formarti (ma ALT! Non intendo fare lunghi corsi di formazione o leggere decine di libri sull’argomento … intendo parlare con qualcuno di pratico che ti dica quello che ti serve sapere per PADRONEGGIARE la materia, oppure farti da solo una visione d’insieme dell’argomento).

La regola è questa: se non padroneggi la materia, non puoi delegare e non puoi fare.

Addio al risultato. Subito dopo hai bisogno di una Consulenza Attuativa, ovvero definire il piano di azione preciso. Poi c’è l’azione (che puoi fare in prima persona o delegare a qualcun altro) e infine i check per migliorare l’operato.

Ricordi l’esempio dell’orto?  Guardo un tutorial sulla botanica (Formazione Q.B.), vado dal nonno a farmi dire quello che c’è da sapere su come fare l’orto (Consulenza Attuativa), passo all’azione e infine chiamo il nonno per farmi un check e dirmi dove migliorare.

Usa sempre la Scala di Priorità Madre per verificare se hai tutte le carte in regola per mettere a iniziare un progetto.

Principi di organizzazione dell’imprenditore.

Le vere mansioni di un imprenditore.

Ti giuro che non ho mai trovato in nessun libro di marketing, vendita o business l’elenco preciso di quali sono le mansioni di un imprenditore in termini pratici. Tanti ne parlano a livello ‘concettuale’, ma quando si arriva al dunque nessuno è preciso nel rispondere alla domanda: ‘Quali sono le mansioni di un imprenditore vero?’.

Ho fatto questa domanda a molti imprenditori, alcuni molto più ‘grandi’ di me, poi ho cercato dei minimi comuni denominatori tra le loro risposte e la mia esperienza, e ho sintetizzato il mansionario dell’imprenditore vero:

MANSIONE #1:
Misurare il Sistema Aziendale. Prendere il controllo dei numeri chiave della tua azienda per definire o delegare progetti di miglioramento del sistema aziendale (creare nuove parti del sistema e ristrutturare parti già esistenti).

MANSIONE #2: Creare asset. Un asset è qualcosa che continua a lavorare per la tua azienda, indipendentemente dalla tua presenza. Ci sono asset di vendita e marketing (articoli, video, libri, etc), asset procedurali (procedure, strumenti, regole e automazioni che risolvono in modo definitivo problemi e inefficienze dell’azienda) e asset finanziari.

MANSIONE #3: Sviluppare competenze attraverso formazione e/o consulenze mirate.

Se vuoi sapere quanto VALI come imprenditore, analizza quanto tempo dedichi ogni settimana alle 3 attività qui sopra.


Prima di farti cadere in depressione, ti rassicuro sul fatto che è assolutamente normale essere un ‘imprenditore non praticante’, o comunque dedicare pochissimo tempo a queste mansioni.

Non è un segreto che la maggior parte degli imprenditori sono in realtà ‘imprenditori operativi’, cioè svolgono per più del 95 % del loro tempo attività puramente operative, come:

  • Vendere
  • Occuparsi dell’amministrazione
  • Occuparsi dei problemi in produzione
  • Controllare i dipendenti
  • Formare i dipendenti
  • Fare i preventivi
  • Controllare i preventivi
  • Incontrare i fornitori e i partner
  • Fare riunioni
  • Etc.

Vedilo come un obiettivo per il futuro:

Queste mansioni hanno lo scopo di far crescere la tua azienda e aumentare il suo valore nel tempo, che tradotto significa:
DIMINUIRE I TUOI SFORZI E AUMENTARE I RISULTATI. Se col passare degli anni non hai più tempo libero da dedicare a queste attività, c’è qualcosa che non va: o non stai facendo NESSUNA attività imprenditoriale o la stai facendo male.

Per quanto riguarda la terza mansione (aumentare il valore del Sistema Aziendale) ci tengo a spendere ancora due righe. Io non miglioro il sistema aziendale ogni giorno, ma a ‘balzi quantici’ temporali (che io chiamo ‘CICLI DI CRESCITA’).

Si raccolgono idee, spunti e aree di miglioramento ogni giorno ovviamente, ma le attività di miglioramento vanno pianificate in momenti precisi. Il ciclo di crescita può essere fatto ogni mese, ogni trimestre o anche due volte l’anno: dipende dal budget di cui disponi. Più ne hai e più cicli di miglioramento puoi fare in un anno.

Come dico sempre:

“Il budget non determina la direzione giusta, ma solo la velocità con cui si viaggia”.

In ogni ciclo devi fare queste tre cose:

  1. Analizzi le metriche e i KPI (Indicatori di Performance) del tuo Sistema Aziendale.
  2. Fai il check degli attuali strumenti del tuo Sistema Aziendale.
  3. Definisci i progetti più prioritari e li deleghi all’equipe operativa.

Questo è un metodo SISTEMATICO, sia per far crescere che per sviluppare un’azienda. Se non applichi questo metodo vai incontro a questi rischi/problemi:

La tua azienda è sprovvista di un VERO imprenditore, quindi di una guida strategica.

Questo comporta l’assenza di un piano di sviluppo della tua azienda: tra 5 o 10 anni se tutto va bene sarà ancora allo stesso punto, ma molto più probabilmente non ci sarà più. Te la immagini una nave senza capitano che fine può fare? Ricordi Schettino …?

Ti porterai dietro, per tutti gli anni a venire, sempre gli stessi errori e le stesse inefficienze.


Se non ti dedichi ogni tanto a risolvere problemi ricorsivi in modo DEFINITIVO, questi continueranno a tornare finché anche tu, la tua azienda e i tuoi collaboratori vi abituerete a loro.

Proprio come ci si abitua all’odore di letame in campagna … dopo un po’ che si sente, non ci si fa più caso anche se, di fatto, è ancora li.

Il tempo non ti basterà mai.

Come il gas in un recipiente: non conta quanto sia grande il recipiente, lui per natura lo occupa tutto.

Gli imprenditori sono come il gas: occupano sempre tutto il tempo che hanno a disposizione
.

Scommetto che anche tu hai spesso avuto la sensazione che ti serva più tempo per fare tutto. Arriviamo alla fine della giornata e ci servirebbe sempre un’oretta in più perché abbiamo sempre qualcosa indietro da fare.

Sappi che non è mai un problema di quantità, ma di focus nell’utilizzare il tempo.

Se non fai l’imprenditore, sei sempre tu al centro delle attività operative e della risoluzione dei problemi, e questo ti porta in un circolo vizioso di annientamento del tuo tempo libero.

Disperdi capitali e opportunità, che regali ai concorrenti.

Il mercato è come un campionato di calcio: se una squadra non ha l’allenatore, le altre ne approfittano per scalare la classifica. Ogni giornata in cui non fai l’imprenditore, è una giornata in cui perdi terreno e al tempo stesso REGALI terreno ai concorrenti più preparati. Medita su questo.

Migliorare la tua organizzazione.

Prioteck™ non è un metodo usa e getta.

Vedilo un po’ coma una dieta: deve diventare uno stile di vita se vuoi che produca veramente risultati. Ragionare per priorità deve diventare un’abitudine per te.

In questo capitolo ti do 3 accorgimenti organizzativi. Come al solito non ti insegno nulla, condivido con te solo quello che faccio io stesso per ottimizzare il tempo e cercare di essere più efficace mentre lavoro.

Accorgimento #1: Mettiti delle regole organizzative.

Le regole sono principi e linee guida che se rispettassi alla lettera, sai già che diventeresti molto più efficace ed efficiente.

Sto parlando di regole anche semplici, ad esempio: ‘Ogni settimana, pianifica la successiva’. Il problema è che tendiamo a dimenticarci di queste regole … soprattutto se non siamo mentalmente predisposti all’efficienza.

La mole di lavoro, i clienti, gli annunci pubblicitari e le varie problematiche dell’azienda … tutti cercano di attirare la tua attenzione e di convincerti che sono la cosa più importante da ascoltare e a cui dedicare le tue energie.

Metaforicamente vedo l’attività lavorativa come una bufera, dove vieni bombardato da tanti imprevisti e attività urgenti (sia personali che lavorative), la mia regola è: non posso organizzarmi dentro la bufera, devo farlo PRIMA se voglio sopravvivere.

Dentro la bufera della quotidianità è molto difficile definire regole e priorità.


Devi averle chiare PRIMA, se non vuoi perderti.

Giusto per darti un’idea, voglio condividere con te alcune delle mie regole organizzative:

  • L’efficacia richiede spietatezza.
  • Devo controllare gli strumenti digital, non farmi controllare da loro.
  • Ogni volta che rinuncio a fare qualcosa che mi sono ripromesso, distruggo un pezzo della mia autostima imprenditoriale.
  • Se un’attività è ricorsiva, fissare in una volta sola tutti gli appuntamenti.
  • Preservare il tempo per le attività personali PRIMA di quelle professionali => salvaguardare l’energia, lo spirito e la mente.
  • Massimo Risultato, Massimo sforzo, nel minor tempo possibile.
  • Pianificare almeno 3 Sprint Session per attività imprenditoriali a settimana.
  • Il segreto è il focus: massimo isolamento e concentrazione durante le Sprint Session.
  • Pretendere il massimo isolamento dalle persone coinvolte nelle riunioni.
  • Fissare al massimo una attività importante al giorno con clienti.
  • Non mettere 2 attività importanti con clienti nello stesso giorno.
  • Prediligere, quando possibile, la mattina per le attività importanti.
  • Staccare 4 giorni al mese e andare in un nuovo ambiente.
  • Prima di prendere un appuntamento, consultare sempre l’agenda.
  • Mai concludere un appuntamento senza prendere il successivo, non ricordarsi nulla.
  • Precedere ad un’attività importante sempre un’attività di preparazione.
  • Lasciare mezza giornata a settimana a disposizione dello staff.
  • Ogni problema che si verifica, risolverlo sempre con approccio procedurale.
  • Non accettare due volte la stessa inefficienza, né da me né dagli altri.
  • Partire dal presupposto che mi sto organizzando male, nel dubbio chiedere consigli a chi è più organizzato di me.
  • Usare un foglio di ‘Note’ per liberare la mente dagli impegni e azioni da fare prima di ogni Sprint Session.

Dove mettere queste regole?

Io le ho scritte in cima alla mia tabella delle priorità, così ogni settimana durante la pianificazione sono costretto a leggerle e a fare considerazioni a riguardo.

Ci sono imprenditori che preferiscono attaccare dei post-it nel loro ambiente di lavoro o scriverle su un foglio che mettono vicino alla macchinetta del caffè. Insomma, l’importante è che sia sempre visibili così da aiutarti a metabolizzarle.

Accorgimento #2: Almeno 3 volte l’anno esegui Prioteck™ sulla tua azienda.

Poi, almeno una volta a settimana, controlla il tuo elenco di priorità, metabolizza le regole organizzative e pianifica la tua settimana.



La formula per una corretta pianificazione è: una volta l’anno guarda la tua azienda dall’elicottero, una volta al trimestre dal tetto e una volta a settimana da sopra il tavolo.
Tradotto vuol dire:

  • Una volta l’anno fai una pianificazione controllando il tuo Business Model e cercando di definire a grandi linee quali sono le mete da prefiggerti (Obiettivi a Lungo termine).
  • Una volta ogni trimestre usa Prioteck™ per assicurarti di dedicarti alle attività di massimo impatto ogni ciclo di sviluppo.
  • Una volta a settimana pianifica la tua agenda tenendo sotto controllo le tue priorità, così da ottimizzare al massimo i tempi e non lasciarti sfuggire eventuali Bleeding dell’ultimo minuto.

Io dedico circa un’ora ogni Sabato mattina per pianificare la settimana successiva, e verificare che le priorità siano effettivamente sotto il mio controllo.

Ecco la mia prassi durante queste sessioni di pianificazione:

  1. Controllo il Piano d’Azione e le priorità assegnate.
  2. Verifico quelle già eliminate e quelle che ancora sono presenti
  3. Verifico se l’ordine delle priorità è sempre uguale oppure è cambiato o sono emerse Bleeding impreviste
  4. Leggo e commento le regole organizzative (mi chiedo quanto le ho rispettate la settimana appena conclusa e se c’è qualche regola da eliminare oppure da aggiungere).
  5. Controllo il calendario (agenda) per vedere gli eventi in programma.
  6. Segno le aree di tempo per le attività personali (ragiono su chi incontrare, e cosa mi piacerebbe fare con loro o per me stesso).
  7. Segno le Sprint Session e pianifico le attività imprenditoriali.
  8. Metto a calendario le attività semplici (telefonate, riunioni, preparare al meglio le attività già in programma).

Il tutto dura circa un’oretta e posso garantirti che è una delle attività più redditizie della settimana.

Accorgimento #3: Elimina le distrazioni o loro azzereranno la tua efficacia.

Le distrazioni sono le interferenze che entrano a gamba tesa nella tua testa mentre sei impegnato a fare qualcosa. Sono sempre dannose, soprattutto durante le Sprint Session, a causa dei ‘resetup mentali’.

Da alcune statistiche è emerso che un cervello medio, una volta che viene ‘disconnesso’ dal flusso di informazioni nel quale era impegnato, impiega 23 minuti a riconnettersi e a tornare sul pezzo. Basta poco per creare un ‘resetup mentale’: un collega che ti chiede se vuoi prendere un caffè, il tuo telefono che si illumina, il corriere che ti chiede di fare una firma, e il gioco è fatto.

Le interferenze non sono dannose solo sul lavoro: quant’è svilente essere in compagnia della tua famiglia o dei tuoi amici e … non essere davvero li perché alcuni pensieri ti opprimono?

Le distrazioni creano una diminuzione della qualità, in tutte le aree della tua vita.

Partiamo col conoscere meglio queste distrazioni, poi ti condivido alcune tecniche che ho trovato efficaci per eliminarle dalla mia vita. Ci sono 3 categorie di distrazione che devi padroneggiare e controllare:

  1. Quelle digitali (sono tutte le distrazioni che ti arrivano dal PC e dallo Smart Phone: notifiche, chiamate, messaggi, etc.).
  2. Quelle mentali (tutti i pensieri che ci impediscono di essere liberi e concentrarti nell’attività che stiamo facendo).
  3. Quelle ambientali (le persone e gli stimoli ambientali che possono interrompere quello che stiamo facendo).

Alcuni accorgimenti per eliminarle:

  • Metti sempre in modalità ‘Non disturbare’ il cellulare (puoi selezionare dei numeri ‘preferiti’ esenti, tutti gli altri troveranno libero ma il telefono non ti disturberà).
  • Metti in modalità ‘Aereo’ il cellulare durante le Sprint Session importanti (in questo caso nessuno ti disturberà, il cellulare apparirà spento).
  • Elimina tutte le notifiche superflue dal telefono e dal PC (le notifiche Mail, What’s App e in generale dei Social sono un forte elemento di distrazione, vai sulle impostazioni del telefono e toglile).
  • Scrivi sempre su un pezzo di carta o su un file tutti gli impegni che hai in testa.
  • Prima di una Sprint Session, liberati dai pensieri scrivendoli su un pezzo di carta.
  • Fai le Sprint Session fuori dal tuo solito ambiente lavorativo, soprattutto se è caotico.
  • Scegli un ambiente privo di distrazioni.
  • Metti delle precise regole alle persone per disturbarti o interferire con una tua Sprint Session (anche se dici ‘no grazie’ ad un collega che ti ha invitato a bere un caffè, ormai il danno è fatto e la tua concentrazione se ne é andata. Dai regole precise ai tuoi collaboratori e ai tuoi clienti su come e quando poterti disturbare).

NB: Cerca di ricordarti tutti i principi della Filosofia 1.0 e applicali nel tuo quotidiano. La Filosofia 1.0 è l’essenza della produttività e dell’efficienza, ricordalo.

Organizzazione aziendale.

Le risorse Umane.

Le risorse umane includono tutte le persone che influenzano lavorano e interagiscono con il tuo Sistema Aziendale.
Ti avverto che la prima cosa che ti dico riguardo le risorse umane può essere piuttosto scioccante:

“Le persone non dovrebbero mai essere un tassello strategico per un’azienda che vuole svilupparsi”.

Non fraintendermi, dire che le persone non devono avere un ruolo strategico non significa che non siano importanti, anzi. Come ho già spiegato: fino a 15/20 dipendenti, ogni singola persona ha un’importanza vitale per l’azienda. Questo però non elimina il fatto che:

Qualche giorno fa ho incontrato un imprenditore piuttosto strutturato ed in forte crescita, oggi titolare di 24 piadinerie.

Nonostante i risultati, mi confida di riscontrare ancora tanti problemi connessi al personale, problemi che potrebbero compromettere lo sviluppo dell’azienda.

Naturalmente hanno già un modello procedurale, ma parlando con lui emerge che una delle principali difficoltà che riscontra è far rispettare le procedure ai suoi dipendenti.

Ci sono diversi approcci da tentare per risolvere questa situazione, ma nessuno può essere risolutivo se non si diminuisce l’importanza delle singole risorse umane nell’azienda.

Anche qui: non fraintendermi, non parlo di ‘dare meno importanza alle persone’, ma di diminuire l’impatto che può avere un ‘NO’ da parte di una singola persona all’interno della tua organizzazione. Siccome le persone non sono ‘controllabili’, o digitalizzi ed elimini i dipendenti oppure fai in modo di rendere ogni persona non indispensabile.


Se hai dei dipendenti, probabilmente ti rivedrai in uno di questi 3 casi:

CASO 1
: Non hai un modello procedurale, quindi le tue risorse umane lavorano usando la memoria e l’esperienza pregressa.

Male: questo significa che il loro rendimento varia molto in funzione del loro stato emotivo, del loro livello di motivazione e della responsabilità congenita che hanno. In questo caso la tua azienda vale QUANTO valgono le risorse umane che ci lavorano e FINCHÈ ci lavoreranno.

CASO 2:
Hai un modello procedurale, quindi le risorse umane sono quelle che mettono in atto i sistemi, i processi e le procedure del modello e contribuiscono a migliorarlo.

Il rendimento è molto più ‘standardizzato’ ed in linea di massima non dipende così tanto dal livello di motivazione, esperienza o stato d’animo.

CASO 3:
Hai un modello procedurale, ma i tuoi collaboratori non lo rispettano.

Magari tu hai anche provato a spiegarglielo, ma niente: loro dicono che si trovano meglio a fare come hanno sempre fatto. C’è da dire che per un’azienda piccola (diciamo sotto i 30/50 dipendenti) è molto più difficile far seguire alla lettera delle procedure, rispetto ad un’azienda più strutturata.

Un dipendente alla cassa di Autogrill S.p.a., per fare un esempio, sarà molto più incline a seguire gli script della procedura rispetto allo stesso dipendente di un bar di paese. Il primo motivo per cui succede questo è che i collaboratori di piccole realtà sentono di più l’individualità e sono consapevoli di quanto pesi la loro presenza in azienda.

Non tendono a considerarsi ‘numeri’ come i dipendenti delle grandi aziende, che invece sono molto più ‘sottomessi’ alle regole.

Il secondo motivo è la formazione: nelle grandi aziende i collaboratori vengono formati precisamente sulle procedure da seguire, oltre ad essere resi consapevoli fin dall’inizio del perché sono importanti e di qual è la loro utilità specifica. Di contro, conosco pochissime PMI che formano i loro collaboratori al loro modello procedurale.

Detto questo, a prescindere dal CASO in cui tu ti riconosca di più, la situazione ideale è sempre questa:

Devi disporre di un numero sufficiente di risorse umane che rispettano il modello procedurale e contribuiscono quotidianamente a migliorarlo.

Da sempre ho diviso le risorse umane secondo queste 3 personali categorie:

  1. I selvaggi: le persone che lavorano secondo un loro codice e non amano rispettare regole e procedure.
  2. Gli automi: quelli che timbrano il cartellino e si limitano a fare quello che gli viene chiesto e niente di più.
  3. Le risorse modello: le persone che rispettano il modello procedurale e contribuiscono a migliorarlo.

Se vuoi che la tua azienda aumenti il suo valore devi per prima cosa eliminare tutti i selvaggi (tu compreso, che se non sei diverso dal 99 % degli imprenditori, sei il primo selvaggio della tua azienda). Successivamente devi circondarti soltanto di risorse modello. I vantaggi di avere SOLO risorse modello sono:

Aumentare la velocità di crescita del valore dell’azienda, perché non sei più solo tu che crei procedure e asset ma tutti contribuiscono a crearli.

Hai un controllo molto più alto del rendimento e dell’efficacia (o dell’inefficacia) delle risorse umane e questo ti permette di risparmiare tempo e di liberarti con più facilità dalle mansioni operative senza intaccare il risultato finale.

Non temere la perdita di risorse o la ‘concorrenza in seno’, ovvero quella concorrenza che nasce da un dipendente che si stacca e apre un’azienda uguale alla tua.

Se tutte le risorse danno un contributo in asset, oltre che in attività operative, aumenti sempre di più il valore dell’azienda e sarà sempre più difficile farti concorrenza.

DA cosa sono influenzate le risorse umane.

L’area Risorse Umane è influenzata da:

  • Il numero di risorse che hai a disposizione;
  • la loro propensione a rispettare il modello procedurale;
  • le loro competenze e le loro conoscenze;
  • le competenze e le conoscenze dei promotori dell’impresa (ovvero i soci);
  • la strategia per attrarre talenti;
  • la strategia di ricerca e selezione delle risorse umane;
  • la strategia di formazione delle risorse umane;
  • l’MBO (Management By Objective), ovvero il sistema premiante dell’azienda.

COME LE RISORSE UMANE CONTRIBUISCONO ALLA SVILUPPO DELL’AZIENDA.

I tuoi dipendenti di primo livello devono ASSOLUTAMENTE essere coinvolti nel processo di sviluppo della tua azienda. I collaboratori ti possono aiutare in molti modi, innanzitutto individuando le inefficienze nascoste nelle loro attività lavorative.

Chi meglio di un operativo riesce ad individuare gli errori, le perdite di tempo e le inefficienze di una mansione, visto che svolge più frequentemente di tutti quell’attività?

L’ho riscontrato anche studiando il metodo ‘Lean Production’ Toyota: in una catena di montaggio è difficile che il responsabile produzione sia più efficace dell’operaio ad individuare inefficienze e problemi. A tutti i collaboratori delle mie società chiedo di fare questo: tutti hanno un report per compilare ogni mese le aree di miglioramento che hanno rilevato.

Non vengono premiati o pagati di più per farlo, perché fa parte integrante del loro lavoro, proprio come spegnere la luce quando si esce dall’ufficio o sostituire il mitico rotolo di carta igienica quando tocca a loro farlo. Questo non viene fatto solo per coinvolgere di più il team, ma perché senza la visione di ognuno sarebbe impossibile scovare tutte le inefficienze e le aree di miglioramento.

E come simpatico effetto collaterale, abituando i tuoi collaboratori a trovare da soli le aree di miglioramento, li abituerai anche ad alzare continuamente il loro livello di competenza. Entri davvero in un circolo virtuoso potente.

QUANDO LA FORMAZIONE DELLE RISORSE UMANE È UNA PRIORITÀ.

Se i tuoi collaboratori sono incapaci o hanno bisogno sempre del supporto di un superiore per svolgere qualsiasi mansione (nonostante le procedure siano chiare), non serve Marco Belzani per dirti che hanno bisogno di formazione.

Io divido la formazione in 3 macro-argomenti:

  • Formazione Azienda: contiene tutte le informazioni sull’azienda, come il Modello Procedurale, i Fattori Chiave di Vendita dei prodotti e servizi venduti, la Mission e la Vision dell’azienda, etc.
  • Formazione Tecnica: contiene tutte le competenze tecniche.
  • Formazione Soft-Skill: contiene tutte le meta-competenze generali come la capacità di comunicare, di vendere, di lavorare produttivamente assieme agli altri, di creare procedure, etc.

Le priorità formative solitamente seguono lo stesso ordine con cui le ho elencate: prima vengono le informazioni dell’azienda, poi le informazioni tecniche ed infine le meta-competenze.

Nel senso che è inutile fare un corso sulla comunicazione ad un dipendente che non conosce i valori, le regole e la vision aziendale, sei d’accordo? Ora presta bene attenzione a quello che sto per dirti, perché può causarti il secondo shock del capitolo:


‘Scusa Marco, mi hai appena detto che la formazione è importante e mò mi dici il contrario? Non stai scrivendo con la bottiglia di Montenegro a fianco, vero?’

No, non ti preoccupare, non sono ancora ubriaco e non mi sono contraddetto: ora ti chiarisco tutto. Ricordi l’ultimo incontro formativo che hai fatto con uno dei tuoi collaboratori? Bene, ho tre domande per te:

Quanto pensi che il tuo collaboratore ricordi di quell’incontro, adesso?
Quante volte avevi già fatto una conversazione simile con lui o altri collaboratori?
Quante volte credi che dovrai ripetere una conversazione simile in futuro, con lo stesso collaboratore o con altri?

Scommetto che le risposte sono: molto poco, ne ho fatte tante, ne prevedo tante. Non dimenticare che è anche tuo l’obiettivo di creare asset per l’azienda e ti garantisco che fare riunioni di formazione SENZA produrre documenti o asset formativi è una dannata perdita di tempo!

È da mesi che non ricordo di fare un incontro con uno dei miei collaboratori senza che venga VIDEO-REGISTRATO e archiviato. Registro e archivio sempre tutto, e questo per diversi motivi:

Il collaboratore potrebbe aver bisogno di riascoltare/rivedere la formazione (e se non ha una registrazione, indovina chi andrà a disturbare? => Aspettativa alta di azienda! Dopo un allineamento devi pretendere di non essere più disturbato).

Qualcun altro potrebbe aver bisogno delle stesse informazioni (e io non ho certo voglia di ripetermi => Aspettativa alta di azienda!).

Potrebbe essere venuto fuori qualcosa di utile da trasformare in contenuti per il mio blog o per i miei social (e ho già pronto il materiale da sbobinare).

Come vedi anche questo ha a che fare con le aspettative, non solo riguardo l’azienda, ma soprattutto riguardo a te: alza il tuo livello di autostima imprenditoriale.


Che razza di autostima imprenditoriale puoi avere se accetti in silenzio di fare decine di volte la STESSA mansione, quando potresti evitarlo con un semplice strumento?

Imita l’atteggiamento di Ringo Star, che pretendeva di non suonare mai la batteria due volte nello stesso modo: tu pretendi di non fare mai due volte la stessa attività operativa allo stesso modo!

Registrare e creare asset di TUTTI gli incontri che fai è un buon inizio. Ma cosa fare quando le risorse sono ostili a rispettare le regole?

Ai vecchi tempi si poteva ricorrere alla mazza chiodata, ma oggi non è più così facile … serve una soluzione più diplomatica. Innanzitutto, questa può essere a tutti gli effetti una priorità. Per avvicinarti alla soluzione del problema, comincia a vedere il dipendente come se fosse un cliente, con la differenza che è assunto nella tua azienda.

E se ai clienti cerchi di vendere prodotti e/o servizi, ai tuoi collaboratori devi vendere la tua mission, una serie di convinzioni e l’importanza di seguire le procedure.

Ergo: devi VENDERGLI le procedure, non imporle, almeno fino a quando non sarai ai livelli di McDonald’s, Google o Amazon (che comunque sono le prime a fare marketing verso i dipendenti).

Crea degli strumenti di formazione efficaci, dove non ti limiti a comunicare in modo sterile le regole e i modelli procedurali da rispettare, ma vai a definire i pro e i contro legati a questi modelli e a quali possono essere gli svantaggi PER LORO se non vengono messi in pratica.

Ripeto: vendi bene queste regole.

Il secondo potente strumento che puoi usare si chiama ‘costanza’: cerca continuamente di battere sul chiodo e non aspettarti che dirlo una volta sia sufficiente, perché non lo è mai.

Tutto ha un limite: tu fai in modo che la tua tenacia sia più resistente delle loro abitudini. Abbina alla costanza anche la diversificazione degli strumenti di comunicazione: crea video, articoli, manuali in modo tale da generare un’esperienza formativa tridimensionale per i tuoi dipendenti e fargli arrivare da diverse parti lo stesso messaggio.

Ti consiglio di inserire queste informazioni già dall’inizio del percorso lavorativo di una nuova risorsa, perché … come si dice? Meglio arrossire prima che sbiancare dopo.

Trattare i dipendenti come ‘clienti’ aumenterà anche l’efficacia dei tuoi sistemi di ricerca e selezione del personale. Come qualsiasi mercato anche quello del lavoro è fatto di domanda e offerta, e la domanda (cioè i lavoratori) non sono tutti uguali: ci sono i migliori, i mediocri e i peggiori.

Considera che i dipendenti migliori sono quelli più dinamici, proattivi ed efficaci e 9 volte su 10 sanno di essere i migliori, e che possono permettersi di decidere dove andare a lavorare.

Se punti alle migliori risorse sul mercato, togliti dalla testa il vecchio modello dell’azienda che ‘concede di grazia’ il lavoro ed inizia a ragionare nel modo opposto. Inizia a ragionare su cosa interessa ai migliori dipendenti … più soldi certo, ma non sottovalutare anche:

Stile di vita migliore sul lavoro;

  • più libertà;
  • più relazioni;
  • più benefit;
  • più prospettive di crescita personale;
  • più prospettive di carriera.

Lavorare sulle risorse umane ti permette di attrarre i dipendenti migliori, e naturalmente l’azienda che ha i dipendenti migliori è anche quella con più potenziale di crescita e sviluppo.

Ti dico un’ultima cosa prima di passare all’Area 4: tieni conto che non esistono aziende ricche con pochi dipendenti, quando un’azienda si sviluppa deve per forza di cose aumentare anche il numero e la qualità dei suoi dipendenti.

Tienine conto.

Ok, ridendo e scherzando siamo arrivati alla fine anche di questo capitolo.

Adesso fermati un attimo a ragionare sulle priorità di quest’Area: senti di avere problemi con le risorse umane?

Se sì, cerca di capire dove (numero di collaboratori, formazione, rispetto delle procedure, capacità di attrarre talenti, etc.) e ragiona sulle implicazioni positive e negative per stabilire il punteggio di priorità assoluta che gli attribuisci.

Il Modello Procedurale.

Il modello procedurale è facile da capire: è l’insieme di tutte le PROCEDURE dell’azienda. Un po’ meno facile è capire cos’è una procedura.

Tutti sanno dire cos’è una procedura (in effetti credo che lo insegnino persino alle scuole elementari), così come sanno spiegare come camminare o parlare.

Solo che saper parlare, camminare e distinguere una procedura da una mela, non vuol dire per forza saperlo fare bene.
I più considerano una procedura come un elenco di passi e regole che indicano come svolgere una mansione.
Mettiamola così: una specie di ricetta.

E il più delle volte, questo ‘elenco di passi e regole’ è in stile ‘ISO9001’ (per chi non la conosce è la ‘Certificazione di Qualità’), cioè scritto in modo complesso e articolato, che 9 volte su 10 rende più lento lo svolgimento del lavoro senza apportare un reale valore.

Dì la verità, a primo impatto non associ una bella emozione quando senti la parola: ‘procedura’, vero?

Se vuoi fare una prova, di ai tuoi collaboratori che da domani gli regalerai 5 procedure in più, e vedrai dolorose contrazioni muscolari sulla maggior parte dei loro visi.

Siamo stati abituati a vedere le procedure come una complicazione burocratica senza valore aggiunto, una regola che ha l’unico obiettivo di CONTROLLARE.

Come si fa a provare simpatia per una cosa del genere? A te era simpatico il controllo dell’autobus?

In realtà le procedure di una mansione rappresentano molto, ma molto di più, sia per chi le esegue che per l’azienda stessa. Le VERE procedure sono anche molto più difficili da progettare, rispetto a quelle pressoché inutili (se non ai fini dell’immagine) di una Certificazione Qualità.

La bella notizia però, è che una volta capite e create, le procedure costituiranno un vero e proprio TESORO per la tua azienda (e non solo in senso letterale, visto che un’azienda CON un Modello Procedurale vale MOLTO di più della stessa azienda SENZA un Modello Procedurale).

Andiamo per gradi, accordiamoci prima sul che cosa è una procedura. Le procedure di una mansione rappresentano le indicazioni e gli strumenti sufficienti ad:

  • apprendere in totale autonomia lo svolgimento di quella mansione e le relative competenze.
  • ottenere il massimo risultato PER L’AZIENDA in termini di EFFICIENZA.
  • ottenere il massimo risultato PER IL CLIENTE in termini di ESPERIENZA.

Com’è fatta una procedura.

Per farti comprendere in pieno il valore di una procedura ben fatta, facciamo un esempio concreto di una semplice procedura: l’accoglienza in un negozio. La procedura di accoglienza di un negozio non deve solo spiegare al commesso come accogliere il cliente, ma anche:

  • come filtrare il cliente;
  • come raccogliere i suoi bisogni principali;
  • come evitare che giri da solo per il negozio;
  • come creare un effetto wow appena solca l’entrata;
  • come ‘vendergli’ il negozio ancor prima dei prodotti.

Insomma, in poche parole: creare un’esperienza unica e predisporlo alla vendita.

Quando hai creato una procedura ben fatta devi aver la sensazione di aver creato un GIOIELLO per la tua azienda, un qualcosa che desideri tenere nascosto ai tuoi concorrenti perché sai che farà la differenza in termini di:

  • Efficienza (produrre un risultato spendendo meno).
  • Esperienza Cliente (creare un effetto ‘wow’ che aumenti il passaparola e la soddisfazione generale dei clienti).
  • Le procedure sono a tutti gli effetti dei ‘sistemi’, e hanno 5 ingredienti principali:
  • Processo (l’elenco delle fasi da seguire)
  • Automazione (un’attività automatica di supporto alla procedura, come ad esempio una sequenza di mail o una notifica)
  • Regole e Principi della procedura
  • Strumenti (gli strumenti a supporto della procedura, come Check List, Questionari, Template, Script, etc.)
  • Formazione della procedura (i manuali o i video che servono all’addetto alla procedura per apprenderla e diventare autonomo nell’eseguirla).

Nello schema qui sotto è ben rappresentata la funzione del modello procedurale in un’azienda (la riga ‘Processi/Automazioni/Regole/Strumenti’ rappresenta le procedure).

I sistemi aziendali.

I sistemi (come le procedure) sono il mezzo con cui si trasformano le risorse aziendali (PERSONE e DENARO) in RISULTATI STANDARDIZZATI (cioè sempre uguali).

Creare un’azienda non significa altro che questo: creare un insieme di sistemi efficaci, fatti di procedure efficaci. Ci sono moltissimi imprenditori diventati milionari applicando questo schema (e SENZA mai aprire un’azienda loro).

Il processo che hanno seguito è questo:

  • hanno acquisito aziende in difficoltà;
  • hanno aumentato il loro valore creando un Modello Procedurale;
  • le hanno vendute;
  • hanno comprato aziende più grandi;
  • hanno applicato lo stesso schema.

Non scherzavo prima quando ti ho detto: il modello procedurale aumenta il valore della tua azienda. Non ci dimentichiamo che questo dovrebbe essere lo scopo principale di un imprenditore: creare sistemi che aumentino in modo standardizzato ed esponenziale il valore delle risorse che ha (denaro e persone).

Se un’azienda non segue un Modello Procedurale, come lavora?

Pensa alla tua azienda divisa in ‘aree’ (produzione, amministrazione, customer service, commerciale, logistica, etc.), in ognuna di queste aree ci sono una o più persone che svolgono delle mansioni, giusto? Se nell’azienda ideale ogni mansione dovrebbe seguire una PROCEDURA, la realtà è ben diversa.

Il 99 % delle PMI italiane non solo non ha un modello procedurale, ma non sta nemmeno facendo nulla per crearne uno. Il contrario del Modello Procedurale è il ‘Modello Mnemonico’, quello in cui ogni processo aziendale viene svolto per memoria ed abitudini apprese per esperienza.

Non credo sia difficile intuire quale dei due modelli sia preferibile, ma a discapito di equivoci ti riporto nella tabella qui sotto i benefici connessi ad avere un Modello Procedurale e i problemi connessi a seguire il Modello Mnemonico:

Fin qui abbiamo parlato dei benefici che il modello procedurale (abbinato anche alla digitalizzazione che vedremo nel prossimo capitolo) porta a livello economico e competitivo per l’azienda.

Non ti ho ancora detto però, che questo non è il beneficio più grande di avere un Modello Procedurale. Personalmente, la cosa di cui sono più grato alle procedure è che mi hanno ridato una vita.

Le procedure liberano l’imprenditore dai ruoli operativi, gli permettono di condurre l’azienda con un livello di controllo impensabile per un’azienda con un Modello Mnemonico. Il detto: ‘chi fa da Sé, fa per tre’, rapportato alle logiche quotidiane di un’azienda diventa:

“L’imprenditore che fa da sé, fa per tre … ma crea anche problemi per tre”.

9 volte su 10 l’imprenditore è un pessimo esempio di dipendente: difficilmente rispetta le procedure, svolge i compiti a modo suo senza pianificare e spesso è costretto ad improvvisare sui due piedi.

Di solito l’imprenditore è il migliore a quando si tratta di risolvere un problema solo che non sa risolverli in modo ‘procedurale’, e quindi tutte le persone devono adattarsi a lui.

È il terrificante modello di azienda con marcatura ‘a uomo’: tutti seguono l’imprenditore, sia nelle cose giuste che in quelle sbagliate. E’ impossibile creare procedure in un ambiente del genere. Anzi, diciamo la verità per quella che è: un ambiente del genere è destinato a morire con l’imprenditore.

Se è questo il tuo caso, c’è un solo modo per risolvere la situazione: sganciarti da OGNI ruolo operativo. Sono le procedure che devono risolvere i problemi, non tu. È proprio una questione di approccio, te lo dimostro nella tabella qui sotto, dove descrivo i due diversi approcci in relazione a tre esempi di problemi.

L’approccio procedurale garantisce che il problema non si presenti più, o almeno non sotto la stessa forma.

L’approccio mnemonico invece, magari risolve subito il problema, ma lascia alte probabilità che si presenterà ancora in futuro sotto la stessa forma.

La maggior parte delle aziende impara a convivere con i problemi che ha da una vita, quando invece ci sarebbe un modo per risolverli definitivamente: le procedure.

I BENEFICI EXTRA DI AVERE UN MODELLO PROCEDURALE.

Eh si: i benefici di avere un modello procedurale non sono ancora finiti. Quando crei una procedura è come se mettessi ‘al sicuro’ un pezzo del tuo sapere e della tua preziosa esperienza. Il tuo scopo è quello di riuscire a ‘sigillare’ tutta la conoscenza insita in te e nella tua azienda, all’interno di un modello procedurale.

E’ un modo per tutelare la tua attività e proteggerti dai tuoi concorrenti. Con il Modello Mnemonico invece, la conoscenza è sigillata nelle persone: in te e nei tuoi collaboratori.

Capisci perché non può valere un granché? Perché dipende dalla presenza di quelle persone e senza di loro è semplicemente un involucro senza conoscenza né competenza. In pratica senza valore.

E’ logico: più il tuo modello procedurale è articolato e difficile da copiare, più sarà complesso per i tuoi concorrenti accedere al tuo mercato.

Un altro vantaggio che si ottiene grazie alle procedure, riguarda la facilitazione dei processi di ricerca e di inserimento delle risorse umane.

Quando devi selezionare nuovo personale, i problemi classici sono sempre gli stessi:

  • Non sai esattamente chi stai cercando, quindi ti affidi all’istinto e di solito vai sul ‘meno peggio’ che trovi.
  • I tempi di formazione e inserimento sono lunghi, poiché manca un piano di formazione ben definito.

Anche se speri di portare una boccata d’aria fresca nella tua organizzazione, le nuove risorse acquisiscono in tempo zero le cattive abitudini della tua organizzazione e le fanno loro.

Il modello procedurale offre un grande contributo per risolvere questi problemi, visto che aiuta concretamente a:

  • Diminuire i tempi di ricerca personale (grazie al fatto che sono molto chiare le mansioni, le competenze e le attitudini della persona che stai cercando).
  • Individuare quasi a colpo d’occhio le risorse più adatte al ruolo che ricerchi.
  • Ridurre il rischio di trovare persone che non rispecchiano le tue esigenze.
  • Ridurre i costi di inserimento della risorsa, grazie all’automazione dei processi di formazione ed inserimento della risorsa.
  • Controllare gli sviluppi della nuova risorsa inserita.

Circa un anno fa ho avuto la fortuna di visitare il quartier generale principale di Linkedin, e tra le informazioni più interessanti che ho raccolto, ricordo il loro metodo per selezionare e formare le nuove reclute.

Credimi se ti dico che niente lì dentro è lasciato al caso. Se ce la fanno loro che hanno qualche migliaio di dipendenti, credo che sia fattibile anche nella tua azienda, dico bene?

Mi capita molte volte di avere a che fare con imprenditori che mi riportano la stessa situazione: da mesi sono alla ricerca di un dipendente per una mansione particolare e non riescono a trovarlo, oppure lo trovano ma nel giro di poco tempo si rendono conto che non era quello giusto.

Anche questa problematica è legata alle procedure, la regola che devi seguire è questa:

Non si deve MAI iniziare la ricerca di una nuova risorsa interna, senza prima aver creato il suo modello procedurale.

Ricordi l’errore del bar di cui ti ho parlato nella prima parte del libro? Prima procedura, poi selezione. Mai il contrario.

Il terzo vantaggio di avere un modello procedurale è il booster di crescita e sviluppo che ne consegue. L’accelerazione non è data tanto dal modello procedurale in sé, ma dal processo necessario a crearlo.

A maggior ragione se l’azienda è piccola (sotto i 10/15 dipendenti), non esistono dipendenti ‘superflui’, e ti assicuro che se credi il contrario la tua azienda è destinata a restare piccola.

Questo perché una persona da sola, per tanto geniale, capace e volenterosa che sia, non riuscirà mai a spiccare il volo senza il supporto di un team. È di fatto impossibile, contro le leggi gravitazionali di un business.

Nelle aziende piccole, i dipendenti ‘di primo livello’ (cioè quelli che sono più a stretto contatto con te), sono un tassello fondamentale per accedere allo sviluppo della tua azienda e questo parte tutto dal modello procedurale.

Creare il modello procedurale insieme al team, stimola nei tuoi dipendenti di primo livello ad avere una ‘mentalità procedurale’ e la predisposizione a fare un salto di qualità come collaboratori.

Ogni dipendente di primo livello deve avere ben chiaro che il suo scopo ‘superiore’ all’interno dell’azienda è questo:

Creare asset che facilitino l’inserimento e rendano più efficace la risorsa che occuperà il suo posto dopo di lui.

E se il dipendente non vuole crescere di ruolo, ci tocca scomodare Hemingway, che ci ricorda che la vera nobiltà non è nell’essere superiori a qualcun altro, ma nell’essere superiori a chi eravamo ieri.

La risorsa che occuperà il suo posto in futuro potrebbe essere anche lui o lei stessa, ma sarà indubbiamente migliore di oggi se creerà e userà le procedure.

Se questa regola non viene accettata da un dipendente di primo livello, ti dico senza troppi giri di parole che può essere un forte ostacolo alla tua crescita.  Questa filosofia deve contaminare tutti i tuoi collaboratori:

Ogni persona che entra in azienda deve lasciare l’azienda meglio di come l’ha trovata.

In pratica, se fino a ieri la prima cosa che spiegavi ad un’impiegata amministrativa era come si facevano le fatture, da domani sarà: come si fanno le procedure per fare le fatture.


Conosci quella storia di due imprenditori che parlano tra loro e uno dice all’altro: ‘Io non investo in formazione, sai che rischio se dopo che hai formato un dipendente, questo va via?’

E l’altro risponde: ‘E sai che rischio se non lo formi e ti rimane a vita?’

L’avrai letta sicuramente in qualche libro di crescita personale o sulla bacheca di uno dei tanti formatori e coach che brulicano sui social.

Ascoltandola siamo portati a credere che il primo imprenditore sia un ottuso che non crede alla formazione e il secondo invece una specie di illuminato contemporaneo.  Io sono più dalla parte dell’imprenditore ottuso. Credo alla formazione per carità (e ci investo anche decine di migliaia di €uro ogni anno), ma il problema che lui pone non viene risolto dalla formazione.

Se io formo una risorsa e questa va via ho PERSO capitale se mi è andata bene … e se mi è andata male e questa persona passa alla concorrenza, ho pure PAGATO la formazione ai dipendenti dei miei concorrenti!

Magari sei pieno di soldi da far schifo, ma regalare soldi ai concorrenti anche no, siamo d’accordo?

Nelle mie aziende faccio formazione senza ritegno, dico sul serio, ma tutte le mie risorse hanno ben chiara la regola: ‘Ogni persona che entra in azienda, deve lasciarla meglio di come l’ha trovata’.

Sanno che se investo in un corso di formazione nei loro confronti, loro devono creare un ASSET di valore da quel corso ad utilizzo di eventuali ‘posteri’. Cosa intendo per ‘asset’?

Un riassunto dettagliato, una mappa, un video riepilogativo, una procedura … insomma, qualunque cosa generi valore aggiunto a prescindere dalla loro presenza.

Se un giorno la risorsa se ne andrà, grazie agli asset che avrà creato la nuova risorsa entrante avrà un know-how di partenza più alto e il suo inserimento sarà più facile e rapido.

Questo continua a farmi crescere senza ritegno (e a dirla tutta, senza neanche grande sforzo).

Perché, diciamolo, quando se ne va un dipendente da un’azienda, di solito è una specie di crisi visto il grande buco che lascia! Invece dev’essere esattamente il contrario e puoi iniziare da domani a far sì che succeda.

CREARE IL MODELLO PROCEDURALE È L’OPERA PIÙ IMPORTANTE DI UN IMPRENDITORE.

Risolvere problemi ricorsivi attraverso la creazione di procedure è una delle mansioni più importanti di un imprenditore.

Ci sono tantissimi imprenditori che di anno in anno ripetono le stesse attività e continuano a correr dietro agli stessi problemi, senza mai risolverli alla radice. L’unico modo per evolvere è quello di spostare i problemi ad un livello sempre più alto di complessità e risolverli creando o migliorando le procedure.

Ci ho messo un po’ a capire questa cosa, ma una volta capita credimi, ti cambia la vita. Pensa che all’inizio della mia esperienza imprenditoriale (quando a 23 anni ho aperto la mia prima azienda), non sapevo cosa volesse dire fare l’imprenditore e meno ancora cos’era una procedura.

Guadagnavo lo stesso? Sì certo, ma pagavo ogni giorno queste mancanze a peso d’oro, non solo lavorando come un pazzo (che ci sta anche per un imprenditore all’inizio della sua carriera) … il problema era che l’80 % del mio tempo era dedicato a mansioni ripetitive ed estenuanti che potevo svolgere SOLO io.

Il prezzo che dovevo pagare era la prigionia.

Un po’ alla volta poi sono evoluto e sono arrivato a capire che esistono 3 livelli di azienda:

  • LIVELLO 1 => Le aziende che scambiano tempo per soldi
  • LIVELLO 2 => Le aziende che scambiano risultati ed esperienze per soldi
  • LIVELLO 3 => Le aziende che scambiano risultati ed esperienze per soldi lavorando attraverso un modello procedurale.

Io ho vissuto per 5 anni nel primo livello.  Oggi ho 4 società, e tutte sono nel terzo livello.

Senza un modello procedurale non esiste una vera azienda, resta solo un imprenditore che, da solo o insieme ad altre persone, vende il proprio tempo in cambio di denaro.

I DUE PROBLEMI CHE RISOLVE IL MODELLO PROCEDURALE.

Come avrai capito, tra i principali motivi per cui è importante avere le procedure in azienda, c’è la risoluzione di problemi interni. Sono due in particolare i problemi che vanno a risolvere le procedure:

 Le inefficienze: che riguardano i problemi interni e possono essere di due tipi:

  • errori ricorsivi, cioè errori che continuano a presentarsi nel tempo,
  • inefficienze esecutive, cioè ci si mette molto più del tempo del dovuto a svolgere un compito/mansione/attività.

 Le lamentele.

Le lamentele sono facili da rilevare, a patto che ascolti i clienti.

Ci sono le inefficienze e le lamentele evidenti ed esplicite, ma naturalmente noi non possiamo limitarci a queste.

Quello che fa realmente la differenza è risolvere inefficienze e lamentele che NESSUNO ha sollevato, se non con un occhio attento e un ALTO livello di aspettativa. Più sviluppi questo ‘occhio’ (e lo sviluppi nei tuoi collaboratori) e più incongruenze trovi … e più incongruenze trovi, più alto sarà il valore del tuo modello procedurale. Vediamo come riuscirci.

Il modello procedurale, così come la digitalizzazione, parte da un’esigenza interna: migliorare l’azienda. Questa esigenza può essere creata da due input:

  • Risolvere un problema
  • Ambire a fare le cose meglio di come sono state fatte fino ad oggi.

La prima leva è molto più forte della seconda, quindi va sfruttata molto di più. Abbiamo detto che ci sono problemi evidenti e problemi non evidenti, quasi sempre in questa proporzione:

Il 90% delle incongruenze sono nascoste e invisibili ai più, solo il 10% è visibile a tutti.

Tutti sanno vedere un problema esplicito, ma per vedere un’incongruenza NON evidente è richiesta una competenza specifica.

Per stimolare e accendere questa competenza bisogna prima di tutto alzare il livello di aspettativa che tu e i tuoi collaboratori avete riguardo la tua azienda.

Cos’è un problema in fondo? È soltanto un’incongruenza tra la nostra ASPETTATIVA e la REALTÀ.

Se abbiamo un’aspettativa bassa della nostra automobile (della serie: ‘basta che respiri’), vedremo solo le incongruenze grossolane, come un vetro rotto o uno specchietto piegato, ma se ci teniamo tanto (= alte aspettative) non ci sfuggirà neanche un capello sul sedile.

Ho imparato questo concetto circa 8 anni fa, quando ero socio di una S.p.a. nel settore metallurgico. Spesso e volentieri mi capitava di passare per il magazzino con il responsabile produzione o con il mio socio più esperto nel settore.

La cosa curiosa era che, quando ero con il mio socio, immancabilmente ci dovevamo fermare perché ogni santa volta c’era qualcosa da sistemare e correggere nel magazzino. Quando invece ci passavo con il responsabile produzione, 9 volte su 10 tiravamo dritti e continuavamo a parlare.

Ci fermavamo solo se c’era un problema veramente grosso, il più delle volte si trattava di qualcosa che potevo rilevare io stesso, come un operaio sotto un carico pendente senza casco o una grossa macchia di olio per terra.

Nota bene: stiamo parlando dello STESSO magazzino e di due persone con un’età ed un livello di esperienza SIMILE … come mai allora uno VEDEVA un sacco di incongruenze e l’altro NO?

Per un po’ ho pensato che il primo fosse semplicemente pignolo ed il secondo semplicemente ‘dipendente’, poi mi è arrivato un flash.

Sono arrivato alla conclusione che il problema era nell’aspettativa che i due si erano fatti del magazzino. Quando l’aspettativa di un magazzino si limita al fatto che non dev’essere visivamente sporco e non ci devono essere gravi mancanze di sicurezza, chi lo osserva vede SOLO quello che si discosta da questa aspettativa.

Una cartina in terra non costituisce un problema. Un neon che sbarbella non costituisce un problema. Un operaio che sta impugnando male il volante del muletto non è un problema.

Per il mio socio invece sì, perché aveva un’aspettativa più alta di quel magazzino: in altre parole se lo immaginava molto più in ordine, pulito ed efficiente nella sua mente rispetto a com’era nella realtà. Il dipendente non vedeva il 90 % dei problemi perché aveva un’aspettativa più BASSA di come doveva essere il magazzino.

Come si risolve questo disallineamento di aspettative? Il migliore consiglio che posso darti è quello di SCRIVERE per filo e per segno qual è l’aspettativa del tuo magazzino, del tuo negozio, del tuo ufficio del tuo servizio clienti, etc.

Scrivi la tua aspettativa più alta, come se stessi progettando l’azienda ideale, non pensare alla fattibilità, tu scrivi (può esserti utile visitare e prendere a modello azienda molto più avanzate di te).

Fai fare questo esercizio anche ai tuoi collaboratori di primo livello, crea un’aspettativa alta in tutti e vedrai che sia il modello procedurale che la digitalizzazione diventeranno sempre più un ‘bisogno’ da soddisfare, oltre che un’opportunità.

COME CREARE IL MODELLO PROCEDURALE.

Il Modello Procedurale può essere creato con 2 diversi approcci:

PER PRIORITÀ: Si trovano i problemi più prioritari da risolvere e si parte creando le procedure che vanno a risolvere in modo DEFINITIVO queste problematiche.

PER ELENCO: Si definisce l’elenco di tutte le mansioni dell’azienda e si creano le procedure ‘a tappeto’, una per ogni mansione finché non si ha finito.

Abbiamo già visto i 4 ingredienti di una procedura, ma ora analizziamo un po’ più da vicino cosa contiene la scheda di una procedura standard:

  • RUOLO (chi deve eseguire quella procedura).
  • OBIETTIVO (cosa ci si aspetta alla fine dalla procedura).
  • SCOPO (qual è lo scopo dietro la procedura).
  • PRINCIPI E REGOLE (quali regole e principi devono essere rispettati da chi eseguirà la procedura per ottenere il risultato).
  • PROCESSO (le macro-fasi della procedura: dall’avviamento alla fine del processo).
  • TO DO LIST (tutte le singole azioni da fare per ogni macro-fase del processo).
  • STRUMENTI (gli strumenti messi a disposizione per chi esegue la procedura).
  • COMPETENZE (le competenze necessarie per eseguire la procedura, con il relativo materiale formativo).
  • FORMAZIONE (i materiali di formazione per apprendere la procedura).

Se vuoi essere certo che la procedura che hai creato sia corretta, fatti sempre questa domanda:

Una persona di media intelligenza (con le competenze necessarie a svolgere questa procedura) riesce ad ottenere il risultato desiderato in modo autonomo almeno 9 volte su 10?

Ti riporto qui sotto alcuni esempi sintetizzati di procedure, così da farti un’idea di come funzionano:

Azienda: Sistemi per Vendere srl.
Procedura: Telefonata di Pre-Valutazione.
Ruolo: Commerciale Interno
Obiettivo: Filtrare e classificare il potenziale cliente, se in target vendere la consulenza e pre-qualificare il potenziale cliente per la consulenza.
———————————
Azienda: Moby Arredamenti srl.
Procedura: Programmazione Consegna
Ruolo: Responsabile Logistica
Obiettivo: Definire una data di consegna in linea con le esigenze del cliente e delle squadre di montaggio interne.
———————————
Azienda: Abitat Sit srl.
Procedura: Utilizzo Social dei venditori.
Ruolo: Tutti gli addetti alla vendita.
Obiettivo: Definire una linea guida nell’utilizzo dei social che trasmetta coerenza e professionalità e aumenti le conversioni.
———————————
Non ti sarà difficile capire come sei messo nell’area ‘modello procedurale’, soprattutto se è la prima volta che senti parlare di procedure e mai avresti pensato che la tua azienda ne potesse avere bisogno come l’acqua nel deserto.

Per capire se lavorare sulle procedure è una tua priorità, aiuta anche farsi queste domande:

‘Quanto è importante che i risultati all’interno dell’azienda siano standardizzati?’

‘A cosa sto rinunciando per il fatto che non ho un modello procedurale nella mia azienda?’

Se ti rispondi: ‘Tanto’, allora fai una seconda valutazione e chiediti se parti da zero oppure no ed in caso quanto sono valide le tue attuali procedure.

Questo dovrebbe darti un’idea piuttosto chiara del punteggio di priorità assoluta da attribuire a quest’area.

La Digitalizzaizone.

A livello di crescita e sviluppo, dopo la proceduralizzazione viene la digitalizzazione, proprio come dopo essersi pettinati si mette la lacca. Partiamo dalla definizione:

Il che, tradotto, significa trasformare tutte le procedure in cui è fattibile farlo, in un’automazione computerizzata. L’esperto di digitalizzazione che mi segue da un po’ di tempo è Philip Dall’Igna, posso dire serenamente che la maggior parte delle informazioni che so sul mondo digital, le so grazie a lui.

Ad oggi Philip segue tutti i processi di digitalizzazione delle mie aziende, oltre che di quelle di molti miei clienti e lo fa nello stesso modo in cui si crea un modello procedurale:

  • Si identificano problemi ricorsivi che possono essere risolti con il digital.
  • Si identificano delle soluzioni digitali.
  • Si applicano queste soluzioni  e si verifica se hanno risolto il problema.

Se volessimo riassumere in una frase tutto quello che devi sapere sul digital, direi:

“L’efficienza massima è data da un software”.

La voglio condividere con te perché questa consapevolezza mi ha permesso di apportare un enorme salto di qualità in termine di efficienza all’interno di tutte le mie aziende.

La questione cardine non è molto ‘umanistica’, ma è la verità: è che fino a quando sarà una persona ad eseguire una procedura, ci sarà sempre un margine di errore: per questo motivo una procedura raggiunge il massimo dell’efficienza quando non è più affidata ad una persona, ma ad un software.

Digitalizzare significa quindi affidare le procedure ad un robot.

In alcuni ambiti è più difficile applicare il digital, soprattutto dove è richiesta intuizione umana e capacità artistica, ma il futuro ci porterà sempre più a spostare i nostri talenti umani in alto delegando il delegabile alle macchine. Questo mi porta a credere che:

“Il digital sarà un obbligo per il futuro, ed è un vantaggio competitivo per il presente”.

Detto questo, torniamo nella tua realtà aziendale e cerchiamo di capire come possiamo applicare tutto questo e scoprire se quest’Area è una priorità o meno per te. Abbiamo detto che lo scopo della digitalizzazione è quello di ottenere il massimo livello di efficienza dalle procedure aziendali.

Possiamo dirla anche così: digitalizzare un’azienda significa passare dal lavorare ‘alla vecchia’ le agende, i post-it e i fogli di carta volanti, all’utilizzo di software dedicati.

Non pensare solo ai software di automazione industriale, ma anche a semplici strumenti come Google Drive, Evernote e Calendly. Dalla mia esperienza ho imparato che ogni attività che svolgo, può essere ottimizzata o addirittura annullata grazie ad uno strumento digitale.

Il problema è che, visto che non sappiamo COME si può fare, diamo per scontato che NON si possa fare.
Dipende sempre dall’aspettativa che ti crei.

Ricordi cosa ti ho detto nel capitolo precedente? Più è alta l’aspettativa che hai dell’azienda e più sarai in grado di individuare incongruenze. Funziona anche con il mondo digitale, solo che in questo caso è più arduo settare l’aspettativa perché può essere difficile immaginare dove potresti arrivare con il digital.

Le prime volte, consideravo Philip una specie di genio della lampada. All’inizio rimanevo sorpreso dal fatto che mi diceva: ‘Sai che quello che stai facendo può essere eliminato?’, oppure: ‘Sai che quello che stai facendo potrebbe essere fatto nella metà del tempo grazie a questo strumento?’’

Poi, secondo stadio, ho iniziato a buttargli lì, quasi per sfida, richieste del tipo: ‘Philip, chissà se esiste un modo per eliminare questa mansione o ottimizzare i tempi di questo processo …’.

Solo che il più delle volte Philip si metteva un attimo a riflettere e mi rispondeva: ‘Credo si possa fare, dammi un paio di giorni e ti trovo una soluzione’.

Oggi, terzo stadio, ho imparato che non c’è cosa che il digital non possa fare (a patto di avere abbastanza budget), quindi le mie domande sono diventate: ‘Philip, quanto costa dimezzare i tempi per fare questa attività?’, oppure: ‘Philip, quanto costa digitalizzare quel processo?’ e aspetto la risposta.

La mia aspettativa di azienda è ancora più alta quando ho conosciuto il mondo del digital, perché ho capito che il digital è pura magia, e i suoi confini sono solo quelli che creo io nella mia testa. Per ogni mia mansione, una domanda che mi ha aiutato a capire quale doveva essere ottimizzata e digitalizzata, è stata: ‘Questo modo di fare è scalabile all’infinito?’

Se la risposta è no, so che devo ottimizzare o digitalizzare la mansione. Ti faccio un esempio: fino a qualche mese fa quando incontravo un cliente, non potevo fare a meno dei fogli di carta per prendere appunti. Ponendomi la domanda qui sopra ho capito che, non solo quel modo di prendere appunti non era sostenibile, ma ho riflettuto anche su quanto:

Fosse difficile recuperare tra mille fogli volanti le informazioni che mi servivano, quando mi servivano.

Tempo impiegavo a trascrivere, sistemare e schematizzare i vari appunti.

Accorgermi di questi problemi mi ha permesso di trovare un modo per digitalizzare le riunioni, eliminando definitivamente la carta e annotando tutto in un software. Il risultato in termini economici è incalcolabile (come fai a quantificare il valore di mezza giornata a settimana del tuo tempo?).

L’imprenditore di solito non ci pensa, ma se si trova un modo per diminuire di 30’ il tempo di un preventivo e in azienda si fanno 100 preventivi al mese, sono 50 ore risparmiate, che moltiplicate per i 20 €/h di costo medio di un dipendente, fanno 1.000 € al mese. Sono 12.000 € l’anno … ecco come si trova il budget per fare marketing.

COME CAPIRE SE LA DIGITALIZZAZIONE È UNA PRIORITÀ.

Seguendo Prioteck™, per comprendere il livello di priorità che la digitalizzazione ha per la tua azienda, devi considerare sempre le stesse 3 cose:

  1. I problemi a cui potresti andare incontro se NON digitalizzi l’azienda.
  2. I vantaggi che potresti trarre dalla digitalizzazione.
  3. Le azioni propedeutiche alla digitalizzazione.

Partendo dall’ultimo punto: PRIMA di digitalizzare devi avere creato i sistemi aziendali, altrimenti ‘costruisci sul fango’, giusto per usare una metafora.

Quando la digitalizzazione si applica alle procedure, tieni a mente di farlo SOLO sulle procedure che sono già state create, testate e collaudate, altrimenti rischi di digitalizzare qualcosa che non sai se funzionerà. E se c’è qualcosa di peggiore di non proceduralizzare, è proceduralizzare attività sbagliate!

Riguardo ai problemi a cui porta non digitalizzare, ecco i principali:

  • Poco controllo sui processi;
  • maggior dipendenza da persone;
  • costi fissi più alti;
  • errori umani evitabili, con conseguente diminuzione della redditività;
  • micro-perdite di tempo che sul medio-lungo periodo però, possono fare una grande differenza.

I vantaggi di inserire il digital nella tua azienda sono 4:

VANTAGGIO #1: Maggior controllo degli strumenti, dei processi e delle persone.

Non si tratta di ‘smania di controllo’, ma se come imprenditore non hai il pieno controllo dei processi e delle persone, non riuscirai mai a migliorarli e a scalarli.

Il controllo deriva innanzitutto dall’avere dati corretti e precisi, difficili da ottenere se la raccolta di questi dati dipende da venditori e dipendenti che ti riportano a parole le informazioni.

Le persone sono imprecise e commettono errori, questo implica informazioni imprecise, ergo: rallentamenti nello sviluppo dell’azienda.

Oltre a questo, un buon utilizzo del digital porta a controllare gli strumenti (anche solo banalmente il cellulare o il pc) e non ad essere controllati.

VANTAGGIO #2: Facilita la duplicazione.

Una procedura digitalizzata è molto facile da duplicare rispetto ad una non digitalizzata.

Le attività che dipendono dalle persone non è che non siano duplicabili, però richiedono sicuramente molto più tempo per farlo.

Non dimentichiamoci che:

VANTAGGIO #3: Meno errori = Più efficienza = Meno costi fissi e più profitti.

Non tutti gli errori umani sono uguali e hanno lo stesso peso.

Ci sono errori che possono portare a conseguenze innocue ed errori che comportano conseguenze importanti.
Il bello della digitalizzazione è che li elimina tutti.

VANTAGGIO #4: Risparmio di tempo.

Questo è uno dei vantaggi principali che si ottiene dalla digitalizzazione.

La facilità e la tempistica con cui viene eseguito il lavoro incide tantissimo sui costi aziendali.

Philip ha fatto un’analisi per calcolare il tempo che una persona spende in media ogni anno SOLO per guardare le notifiche del cellulare.

Mediamente ci imbattiamo in centinaia di notifiche alla settimana, per ogni notifica dedichiamo qualche secondo di stacco mentale. Non ce ne accorgiamo neanche lì per lì, ma quanto incidono questi micro-investimenti di tempo (del tutto inutili) sul lungo periodo?

Il calcolo ha dato una media di 30 ore in un anno.

Quasi una settimana lavorativa spesa all’anno SOLO per guardare le notifiche e produrre ZERO valore.

Capisci quanto tempo puoi risparmiare e investire in modo più utile se metti in atto delle semplici azioni per digitalizzare i processi e prendere il controllo dei tuoi strumenti?

Capisci anche perché ai miei collaboratori rompo le scatole se hanno il cellulare acceso durante le Sprint Session?

Il fatto è che gli strumenti tecnologici che utilizziamo tutti i giorni NON sono stati progettati per essere controllati, ma per controllarti, e se non fai qualcosa a riguardo, verrai letteralmente lobotomizzato.

COSA SI PUÒ DIGITALIZZARE?

Non si può digitalizzare tutto, e comunque non si può digitalizzare tutto in una volta. Esiste una ‘scala della digitalizzazione’, in cui il primo gradino include semplicemente la digitalizzazione degli strumenti e delle attività meno costose e più semplici. Poi, salendo questa scala, si arriva all’ultimo gradino che significa avere un’attività completamente digitalizzata.

Te la immagini? Non è facile. Per aiutarti a farlo, ecco di seguito i più comuni strumenti digitali divisi per aree aziendali, con i problemi che risolvono ed i principali vantaggi che comportano:

Come ogni Area, anche questa è molto utile ed affascinante, ma non dimenticare il nostro scopo principale: farti un’idea di ogni Area per padroneggiarla, identificare la sua priorità assoluta e infine, trovare le tue priorità relative.

Lascia un like qui sotto se questo articolo ti è stato utile, e scrivi qui sotto i tuoi commenti e le tue domande, li leggerò con piacere.

Marco Belzani

Ricercatore della Produttività

1 commento su “Tutto quello che un Imprenditore dovrebbe sapere sulla pianificazione e sull’organizzazione aziendale”

  1. L obiettivo di piattaforme promozionali come Facebook Advertising e Google Ads infatti soprattutto quello di rendere credibili i messaggi promozionali presso i propri utenti. Un media pubblicitario cui si rivolgono gli investitori infatti prima di tutto una piattaforma degna di fiducia, che funziona quindi come veicolo pubblicitario. Da qui l esigenza di migliorare la qualit dei messaggi pubblicitari veicolati dalle piattaforme, premiando proprio quegli investitori che veicolano comunicazioni pi gradite agli utenti. Il fine ultimo del digital performance marketing insomma quello di ottenere una condizione win-win : il media pubblicitario vince perch attraverso il messaggio promozionale di qualit ottiene la fiducia degli utenti e l inserzionista vince perch vede premiati anche dalla piattaforma i suoi sforzi di puntare sulla qualit della comunicazione.

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